Messa nella Solennità di san Matteo Apostolo ed Evangelista

Ho tanti motivi per ringraziare il vescovo Andrea di questo invito, che onoro, purtroppo, con un anno esatto di ritardo. È un’opportunità per salutare con affetto anche il vescovo Luigi che è stato il mio primo vescovo quando venni nominato parroco di Santa Maria in Trastevere. Matteo. Il nome lo riceviamo con il dono della vita. La vita ha sempre un nome, legata al corpo e all’anima, definita, irripetibile, unica. Se gli uomini lo dimenticano, lo cancellano o non lo sanno dare, Dio, al contrario, lo conosce, lo ricorda, lo difende. Conosce per nome, dice il salmo, tutte le stelle! Ci ama. L’amore dona il nome alla persona e la fa conoscere. Quando non c’è amore si resta anonimi, senza significato e valore. C’è, ovviamente, ma noi lo ignoriamo! Impariamo anche noi il nome del nostro prossimo!

Il nome Matteo per me era quasi un atto dovuto perché sono il quarto maschio di casa, perché almeno c’era Cecilia per consolare papà (poi è arrivato Paolo, il quinto maschio, il sesto figlio, che con una certa enfasi diceva di essere Paolo VI!), e dopo Giovanni, Luca e Marco mancavo io per completare gli evangelisti. È il mio patrono. È il vostro patrono, il nome che ci ricorda che siamo insieme, il noi che è questa bellissima città di Salerno. Il nome è sempre la persona, come dicevano saggiamente i latini. Vorrei ricordare il suo significato: Dono di Dio. Sì, in realtà siamo tutti un dono di Dio. A volte lo nascondiamo vivendo per noi stessi, tanto da pensare che non lo siamo e da far credere che non abbiamo niente da dare. Spesso non troviamo chi ci aiuta a scoprirlo: siamo un dono se qualcuno ci fa accorgere del nostro vero valore, lo fa suo, lo rende tale! Il Signore è il più grande talent scout! Lasciamoci amare da Lui e amiamolo. A San Matteo Gesù fa scrivere un Vangelo. In realtà lo scrivono insieme, come le storie di amore, dove le persone diventano una cosa sola, si pensano insieme. E ricordiamoci che tutti dobbiamo scrivere il Quinto Vangelo: il nostro, quello che scriviamo con la nostra vita. Riempiamolo di tanti incontri, di gioia, di manifestazioni di come Gesù cammina con noi e compie con la nostra miseria il miracolo di una vita bella e piena. Capiamo che siamo un dono, e lo capiamo solo regalandolo e trovando chi gli dona valore riconoscendolo, dandogli importanza. E di questo abbiamo bisogno sempre, anzi ancora di più, perché facilmente si pensa di valere poco perché pensiamo che il valore sia fare le cose o possederle. È vero che si diventa facilmente uno scarto, cioè quando si è visti solo come un peso, una categoria, un peccatore, come avveniva per Matteo. Per il Signore, invece, siamo sempre un dono. Gesù non ci spiega le cose e poi ci lascia lì a decidere, ma ci coinvolge, strappandoci dal peccato e dalla paura che ci fa chiudere e possedere. Facilmente non capiamo che l’altro è un dono e che può diventare “il prossimo” di cui abbiamo un enorme bisogno. Il valore di ogni persona non lo verifichiamo con il potere, la forza, l’esteriorità, la convenienza. Non scambiamo vita con vitalismo, ricchezza con soldi, cioè con la pornografia della vita che porta a considerarla inutile quando non è all’altezza. La vita è sempre all’altezza se ami e se è amata. C’è più vita nella debolezza che nella forza, nei dettagli che nella sua esibizione penosa, insolente, finta, indotta da certi influencer interessati che inducono a cercare una vita che non esiste e che finisce per non farci apprezzare quella che esiste per davvero! Il Vangelo di Matteo ci dice che saremo giudicati sull’amore e che solo amando troviamo e troveremo beatitudine: avevo fame e mi hai dato da mangiare. Perché? Perché mi hai amato, mi hai donato qualcosa di tuo. E basta, solo per amore. Facilmente, purtroppo, l’altro rimane il giudizio che lo accompagna, l’apparenza che lo definisce e quindi resta un nemico, giudicato male e da cui difendersi, come avveniva con i pubblicani. Non erano un dono, ma solo il loro peccato. Gesù viene per i malati e i peccatori. Matteo il pubblicano rivela il dono di Dio che non ha prezzo ed è sempre prezioso, ci rende preziosi perché capaci di un amore gratuito, per tutti, specialmente per quelli che nessuno ama, i malati, i poveri, i peccatori. Quando facciamo un regalo cancelliamo il prezzo. Si deve capire che è gratuito. Regaliamo sempre qualcosa di noi, cioè l’amore che abbiamo, e  così scopriremo il nostro prossimo diventandolo noi per loro!

Gesù vede Matteo e non un pubblicano. Matteo era uno da evitare, anche da condannare si pensava, perché così si aiutava a capire quello che aveva fatto mettendolo di fronte al suo peccato. Gesù lo rende dono di Dio amandolo e chiamandolo a donare se stesso. Non lo giudica, lo ama. Non vede il negativo, come quelli che cercano i sacrifici – per gli altri – e pensano che la misericordia sia approssimativa, ambigua, pericolosa, debole. In realtà la misericordia è esigente: chiede tutto il cuore, però non i sacrifici. L’unica ragione che Gesù difende è l’amore e l’amato. E non dimentichiamo che saremo giudicati proprio come giudichiamo! C’è bisogno di tanta misericordia in un mondo come il nostro, pieno di sacrifici ma povero di amore. La misericordia è guardare e parlare con il cuore, pensarsi insieme, fratelli tutti. Solo la misericordia può spezzare la catena del male, tanto da rendere un peccatore un dono. Gesù non cerca in Matteo la pagliuzza, il negativo, ma esattamente il contrario: anche solo un piccolissimo dono di amore, di bene. In un mondo come il nostro, così violento, pericolosamente segnato da tante guerre, lasciamoci conquistare dall’amore di Gesù che ci chiama come siamo, che ci cambia chiedendoci di seguirlo per aiutarlo a rendere il mondo come Dio lo vuole: un giardino di amore e non un campo di battaglia o di solitudine.

San Matteo è anche il nostro nome comune, il patrono della vostra città. Tutto, qui, parla delle bellezze di una natura di fronte alla quale il buon Dio è stato particolarmente generoso. La sua presenza a Salerno rende più vive le pagine del Vangelo e ci fa capire come il Signore lo incontriamo nella nostra storia, personale e comune. La Chiesa è sempre come il banchetto di Matteo: festa di peccatori perdonati, amati da Gesù che si siede a tavola con loro. Gesù non si mette a spiegargli tutto di lui e poi lo lascia solo: lo chiama. Siamo chiamati a seguirlo, perché non siamo mai il nostro peccato. Ci illumina con la sua grazia, cioè il suo amore. Nel quadro forse più famoso che raffigura la chiamata di Matteo, quello del Caravaggio, la luce della grazia, cioè dell’amore, parte da Gesù e raggiunge un uomo che, incredulo, rivela la propria sorpresa pensando che è l’altro il chiamato, quello che indica con la mano, perché sa che lui è un peccatore. Qualcuno crede che per il Caravaggio Matteo sia proprio quello chino sul tavolo a contare i soldi, tanto che nemmeno alza lo sguardo. Personalmente penso che Matteo sia quello raggiunto dalla luce che illumina il buio del suo peccato. Ma, in tutti e due i casi, l’artista descrive la grazia di Gesù che ci libera da una vita meschina e sorprendentemente la riempie di luce e di amore. Non si accorge Gesù del peccatore che ha davanti? È ingenuo? La misericordia non è uno sguardo incompleto, anzi è l’unico libero, che permette il futuro e non fa restare prigionieri del passato e del peccato. E, poi, San Matteo perde qualcosa lasciando il suo tavolo o trova finalmente se stesso? Matteo era un pubblicano. Diventa finalmente Matteo. Andare dietro a Gesù significa andare incontro al prossimo, passare dall’io al noi e dall’io a Dio, a un Dio finalmente personale, che entra nella tua casa, che non si vergogna di te, che ti fa sentire figlio, amato, e che proprio per questo ti dice: vieni con me. Smetti di imbrogliare, di guadagnare in maniera disonesta, smetti di pensare a te. Puoi smettere e per questo ti chiamo! Non gli dice: convertiti! Gli dice: seguimi! È così che cambiamo: camminando con Lui, amandolo, imparando dall’unico maestro, provando i suoi sentimenti, donando quello che abbiamo, capendo così chi siamo. Ci chiama e non smette di farlo. Sarà sempre anche l’ultima parola che ascolteremo: seguimi, stai con me. Solo per misericordia. E quanta ne manca! C’è tanta guerra, ci sono tanti sacrifici e poco amore. Ma Lui ci chiama e non smette di farlo! Che sia così anche per tutta Salerno, nel giorno che fa memoria del suo Patrono. Trovi coraggio e speranza per guardare avanti, affrontare le nuove sfide, sia una comunità di persone che si aiutano e permetta a tanti giovani il futuro senza l’amarezza di dover andare lontano, privando il territorio dell’energia, dell’intelligenza e dell’entusiasmo.

A San Matteo affidiamo oggi i nostri desideri e le nostre aspirazioni, prepariamo nella misericordia una città piena di attenzione e capace di scoprire e difendere il dono che sempre è l’altro, costruendo una comunità accogliente, amica dei poveri e dei deboli, in pace con tutti, che non smette di credere in un futuro diverso e iniziare a realizzarlo.

Cattedrale Primaziale di Santa Maria degli Angeli, San Matteo e San Gregorio VII - Salerno
20/09/2023
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