Messa per il mondo dell’Università in preparazione alla Pasqua

“Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?”. In realtà anche tutti noi sperimentiamo tanta sete di futuro, speranza, bellezza, insomma amore. Siamo in una Quaresima vera. Spesso pensavamo che la Quaresima ci chiedesse un esercizio individuale di perfezionamento, in fondo inutile o comunque facoltativo.

La Quaresima ci aiuta a vivere, a rientrare in noi stessi, a capire e affrontare la realtà, perché eravamo talmente fuori da pensare di vivere “in una bolla di sapone” o di riempire bulimicamente l’io di sensazioni senza imparare a capirle e, soprattutto, ad amare. La Quaresima ci aiuta a digiunare invece di pensare di stare bene riempiendo più che si può, a donare invece di possedere, a cercare una strada invece di lasciarci andare e aspettare fatalisticamente.

La Quaresima non è fuori dal mondo, è il mondo vero, quello dove tanti sono costretti a vivere pagando le conseguenze del male, con le complicità di tanti, di noi. Molti dei morti a Cutro venivano dall’Afghanistan, dove da decenni abbiamo dilapidato soldi e persone. Ci eravamo commossi vedendo la disperazione che faceva aggrappare all’aereo e non ci commuoviamo quando si aggrappano alla vita qui sulle nostre spiagge? Noi possiamo sempre pensare: ma che c’entro io?

Poi, se capiamo che siamo sulla stessa barca, capiamo anche come i nostri personali atteggiamenti hanno sempre una conseguenza su tutta la barca, non rimangono mai un problema individuale! Siamo talmente individualisti da non rendercene conto. Però è vero anche il contrario: l’amore che uno riversa in questa nostra casa comune raggiunge sempre qualcuno e porterà, da qualche parte del mondo, sempre qualcosa di buono.

Se è vero che il seme del male è in maniera inquietante e sorprendente un virus terribile che non è mai innocuo, è anche vero che il seme dell’amore è fortissimo, resta e germina, produce frutti, genera vita anche nella terra più arida e in maniera inaspettata. Noi non dobbiamo misurarlo e cercare la ricompensa, ma credere che se il seme cade a terra e muore, cioè è donato, sicuramente darà frutto. Il deserto di vita appare evidente. Il mondo è imprevedibile e verifichiamo come quello che è sicuro può essere messo in discussione. E questo ci riempie di pessimismo, di incertezza.

La Quaresima è ricerca della vita, della Pasqua, di amore vero, di guarigione, di speranza, insomma di primavera. La Quaresima significa nell’inverno vedere i germogli, nel buio credere alla luce, nel deserto creare un giardino. E questo non inizia dagli altri, come spesso possiamo pensare, ma da noi. Dipende da noi! Gesù ha sete perché cerca la nostra vita. Dio vive la stessa fatica, incertezza, quella che vedremo pienamente nell’orto degli ulivi, quello della tentazione ultima e sempre presente: salva te stesso, pensa per te, vivi per te e tieni stretto il seme della tua vita. Non possiamo rassegnarci. Nel racconto di Naaman capiamo il suo desiderio di vita, di guarigione.

Quale lebbra? Questa sera penso con voi al disagio e alla sofferenza generati anche da un sistema di studi che spinge alla competizione piuttosto che alla maturità. Facilmente produce quella lebbra sottile che entra nel cuore, invisibile e che, come avrebbe cantato qualcuno, diventa tristezza che cade nel cuore come la neve, che non fa rumore ma porta all’abbattimento, allo scoraggiamento, ad arrendersi, ad accontentarsi di un amore mediocre, di qualsiasi cosa, di quello che è più facile e rapido. La cultura, invece, è essere padroni di sé e non competizione o convenienza. Migliorarsi e dare il massimo non è un ideale astratto, ma per la santità non significa affatto essere perfetti! Siamo tanto condizionati da modelli di vita banali ed effimeri, che spingono a perseguire il successo a basso costo, screditando il sacrificio, inculcando l’idea che lo studio non serve se non dà subito qualcosa di concreto. No, lo studio serve a porsi domande, a non farsi anestetizzare dalla banalità, a cercare senso nella vita.

Questo è il diritto alla speranza che Papa Francesco proclamò, insieme a quello alla pace e alla cultura, proprio qui a Bologna.  “Tanti oggi sperimentano solitudine e irrequietezza, avvertono l’aria pesante dell’abbandono”. La Quaresima accende la speranza e ci fa chiedere e trovare il diritto a crescere liberi dalla paura del futuro, a sapere che nella vita esistono realtà belle e durature, per cui vale la pena di mettersi in gioco. “È il diritto a credere che l’amore vero non è quello “usa e getta” e che il lavoro non è un miraggio da raggiungere ma una promessa per ciascuno, che va mantenuta.

Quanto sarebbe bello che le aule delle università fossero cantieri di speranza, officine dove si lavora a un futuro migliore, dove si impara a essere responsabili di sé e del mondo! Sentire la responsabilità per l’avvenire della nostra casa, che è casa comune. La crisi è sempre una grande opportunità, una sfida all’intelligenza e alla libertà di ciascuno, una sfida da accogliere per essere artigiani di speranza. E ognuno di voi lo può diventare, per gli altri”. Il nostro sogno è che la persona e il suo lavoro trovino una relazione, che possiamo far crescere quell’umanesimo che rispetta la vita di ciascuno, che mette sempre al centro la persona e non quando conviene, che garantisce sempre i diritti a tutti e non li mette in discussione se costano troppo. “Dove respirare l’aria pulita dell’onestà, amare la bellezza di una vita non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande, non un problema dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente stabile”.

Anche Naamàn sogna questa guarigione. Forse la lebbra era la conseguenza di una delle tante guerre, che aveva dovuto combattere. Il male dura nel tempo e lascia tracce profonde nel cuore e nel corpo. Penso alle conseguenze del Covid, che tanto disorientamento e confusione ha generato. Penso al virus della guerra, che rovina il corpo e il cuore. Sogna la guarigione. Gesù la sogna per tutti noi, anche quando noi non la crediamo più possibile e pensiamo solo a salvare noi stessi.

Finiamo per avere paura della vita, di trasmetterla, non crediamo che sia bella e abbia una forza che ci farà trovare le risposte. Gesù accende la speranza, fa sognare e ci insegna anche a vedere la concretezza. I re di questo mondo confidano in se stessi, ragionano con la logica del potere e finiscono per disperarsi, per non capire le domande dell’altro, le opportunità che pure si presentano. Pensa subito al peggio contro di lui. È diffidente: “Cerca pretesti contro di me”. La malizia, la diffidenza, il realismo ci rendono cinici e non sappiamo più capire l’altro. Interpretiamo tutto come un pericolo, fa sentire ogni cosa come un pericolo, una minaccia. Eliseo è uomo di Dio, non ha paura.

Gli chiede una cosa sola. Bagnarsi. Troppo poco. Dipendeva da lui e non dal profeta! I suoi servi gli dissero che se fossero state cose difficili le avrebbe fatte. L’amore è molto più semplice di quello che pensiamo e ascoltare la Parola di Dio ci aiuta ad essere liberi dal male. Dobbiamo aprire il cuore a Gesù, non credere di conoscerlo senza amarlo, come i suoi familiari che non ascoltano, non credono alla forza dell’amore che cambia la vita. Sono irritati perché è diverso da come lo pensano loro e, invece di cambiare, uccidono Gesù, la diversità. Ma questo è una grande speranza. Non siamo mai così lontani da non conoscere.

La Quaresima ci aiuti a credere che l’amore di Gesù cambia la vita, che il Signore vuole una vita bella e risponde a quel diritto alla speranza di cui il mondo ha bisogno. Ecco la Pasqua che vogliamo: il deserto che diventa un giardino e il cuore degli uomini capace di amare, finalmente padrone di sé, libero dalla tristezza e dalla rassegnazione.

Bologna, chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano
13/03/2023
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