Messa per la Congregazione della Sacra Famiglia

Una domenica, come peraltro lo sono tutte, di ringraziamento. Forse oggi capiamo più facilmente quanto abbiamo sempre bisogno di ritrovarci assieme al Signore, di deporre sull’altare la nostra vita per unirla a Lui e svelarne il senso, la direzione, la bellezza e anche l’eternità. Gli anni passano e questo ci spinge all’inconsapevolezza oppure all’amarezza irrimediabile per le occasioni perdute. Cerchiamo assieme la sapienza del cuore che è saperli contare e misurarne il delicatissimo soffio, e come è vero che finiscono presto. Ci chiediamo cosa resta del nostro camminare, a volte vagare, che appare così vano. La domenica ci aiuta a rispondere. Resta l’amore, quella parte che non sarà mai tolta, diversa dal misero possesso con cui crediamo di avere sicurezza. Proprio quello che perdiamo resta. E oggi portiamo con noi il tanto che abbiamo perduto in venticinque anni di presenza in Mozambico. Sentiamo la gioia del mantello che è stato posto sulle nostre spalle e che ha trasformato la nostra vita, senza merito, solo per grazia. Questo mantello della Sacra Famiglia è il vostro carisma, che vi ha portato a vedere con occhi diversi il mondo e ha stretto un legame davvero familiare tra di noi. Infatti noi siamo famiglia, la sua famiglia! Siamo generati da lui, umanamente coinvolti in un cammino esaltante, che unisce il piccolo (Martinengo) e il grande (il mondo intero) e che fa di noi, come Eliseo, da contadini intenti nelle occupazioni di sempre a contadini nel mondo con un cuore aperto, senza confini, capaci di vedere in chiunque il prossimo e di preparare il mondo di domani, come i profeti. Siamo stati liberati per la libertà e la nostra non è quella banale, e così limitata, del vivere per se stessi, quella che ci rende prigionieri del culto idolatrico dell’io con tutte le deformazioni che comporta, per cui cerchiamo sempre di essere super per essere noi stessi, perché il culto dell’io deve sempre vincere, affermarsi, possedere, senza riuscirci perché l’io è fatto per amare e solo così ama e trova se stesso! La nostra libertà non è una vita senza legami, che deve disperatamente contare sull’autosufficienza perché ha paura di dipendere dagli altri. La libertà non è una vita “dissoluta”, nel senso stretto del termine, senza legami, non moralistico. Gesù è amore, non moralismo! La libertà non è una vita fluida, tanto da credere che tutto è possibile, pensando che decidiamo tutto noi! Finiscono in realtà per decidere le dipendenze, gli umori, l’istinto, gli algoritmi che inducono a fare quello che vogliono loro facendoci credere che siamo noi! E poi, comunque, resta il vero problema: per chi vivo? Chi amo? Per chi supero il limite del mio cuore? La nostra libertà è vivere per qualcuno, è legarsi al prossimo nell’unico legame che ci scioglie dall’amore per noi stessi e che ci fa amare la nostra vita perché amiamo quella del prossimo! La libertà è essere al “servizio gli uni degli altri”; è quella di Gesù, libero di andare incontro a tutti, di non essere schiavo della considerazione o dei primi posti.

Giacomo e Giovanni non erano liberi, tanto che di fronte al rifiuto dei samaritani, sui quali pesavano i giudizi di condanna, rispondono istintivamente dicendo che gliela avrebbero fatta pagare. Era facile farlo parlando dei samaritani: sarebbe stato molto più complicato se si fosse trattato di qualcuno ritenuto importante o semplicemente simile a loro! Gesù si voltò e li rimproverò. Gesù non ci asseconda proprio perché ci ama. Amare non significa affatto darci ragione o spiegare tutto sempre! E lo fa ancora oggi quando ragioniamo secondo il mondo e non secondo Dio. Peraltro nella reazione di Giacomo e Giovanni capiamo come cominciamo le nostre guerre! La violenza inizia con il pregiudizio, l’ignoranza, rispondendo al male con il male, facendola pagare, sentendosi giustificati a chiedere la morte, credendo che uccidere sia fare la volontà di Dio! Gesù non si stanca di rimproverarci perché vuole che diventiamo per davvero liberi e impariamo a riconoscere l’altro sempre, a capirne le ragioni, a esserne fratelli anche quando ancora non lo siamo e anche quando è ancora un nemico.

Nel cammino Gesù si lascia avvicinare da tutti. E noi, invece, no? Noi spesso siamo respingenti, con le nostre verità che diventano pietre, con i giudizi che allontanano prima di accogliere. Gesù si lascia avvicinare dai peccatori, tanto da essere giudicato male dai ben pensanti e dai “giusti”. D’altra parte Gesù è molto chiaro. Tanti sono attratti da Gesù. Ma questo non basta. Sembrano piuttosto voler fare esperienza ma senza legarsi per davvero, cercando risposte facili, scambiando l’apparenza per sostanza. “Ti seguirò dovunque tu vada”. Gesù ci mette davanti a noi stessi, non inganna con una vita facile, senza problemi. Anzi. Il suo linguaggio appare duro per i “giusti”, severo, quasi impossibile! Ma noi sappiamo che il Vangelo è per i piccoli, per i peccatori, è un giogo dolce e leggero, una porta stretta ma larga per i bambini. Infatti quello di Gesù è amore, ma amore vero, non rapace, possessivo, superficiale. Non si ama Gesù senza coinvolgere la nostra vita! Non si ama avendo il cuore da un’altra parte, conservando riserve, limiti, giustificazioni! La decisione di Gesù è radicale, come un amore per cui si lascia tutto. Il cristiano segue e non ha dove posare il capo. Se cerco sicurezza secondo il mondo non la trovo. Se cerco un amore che mi fa essere a casa ovunque, seguo Gesù. Il Vangelo è amore e l’amore non chiede poco, ma tutto e non come un sacrificio ma per amore. Solo così capiamo il Vangelo, duro per chi cerca compromessi, per chi ha paura di abbandonarsi, ma pieno e gioioso per chi ha trovato finalmente la perla che cercava da tempo, la più bella, per la quale vende subito tutto quello che ha! Che ci faccio dell’altro quando ho tutto? Siamo una generazione molto indecisa perché amiamo poco e ci amiamo troppo, abbiamo, o pensiamo di avere, “tanto tempo e pure il lusso di sprecarlo”.

Ecco la festa e il ringraziamento di oggi. Venticinque anni in Mozambico, andare a posare il capo dove non c’è nulla, purtroppo ancora oggi, uno dei Paesi più poveri del mondo, segnato dalle conseguenze della guerra civile. In epoca non sospetta era proprio la periferia del mondo! Perché andare e complicarci la vita? Uno prudente avrebbe detto: aspetta, calcoliamo bene. Starebbe ancora lì a fare il programma per essere sicuro! Invece abbiamo trovato noi stessi seguendo Gesù, che si pone dove stanno i suoi fratelli più piccoli. Ecco la nostra vocazione. Essere famiglia nel mondo e rendere il mondo una famiglia. Ecco il segreto e la vocazione del cristiano. Non lo sapevamo ma già c’era ad aspettarci Daniel Magaia e tanti Daniel che ci aiutano a scoprire che in realtà siamo tutti adottati, che Dio ha fiducia in noi quando non siamo nessuno, e ci aiuta non per farci diventare “qualcuno” ma semplicemente perché diventiamo un’unica famiglia. E’ quello che ci chiede la pandemia. “Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più gli altri, ma solo un noi”. Il mondo come famiglia, “per non ridurre la mia vita alla relazione con un piccolo gruppo e nemmeno alla mia famiglia, perché è impossibile capire me stesso senza un tessuto più ampio di relazioni”. “Nelle famiglie, tutti contribuiscono al progetto comune, tutti lavorano per il bene comune, ma senza annullare l’individuo; al contrario, lo sostengono, lo promuovono. Litigano, ma c’è qualcosa che non si smuove: quel legame familiare.” (FT230) Santa Paola Elisabetta Cerioli è davvero madre e dona “una seconda creazione” ai bambini poveri per mancanza di famiglia ed educazione. Sono suoi. Noi abbiamo l’opportunità. Perché non darla? Questo è essere famiglia. È così vero ancora oggi per noi: “avrai altri figli”. Generare persone con l’amore, con l’educazione, trattandoli da figli. Oggi è l’anniversario della morte di don Lorenzo Milani, anche lui padre appassionato di bambini che faceva suoi per farne uomini. Il mondo come famiglia. Continuiamo a seguire Gesù, con la libertà di amare e di uscire da noi stessi, di essere a casa dappertutto e di rendere casa ogni luogo della terra. La storia di amore che rende piena la nostra storia.

Martinengo (Bergamo)
26/06/2022
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