Messa per la dedicazione della nuova chiesa dedicata a Sant’Alfonso Maria De’ Liguori

Abbiamo tanto bisogno di luoghi concreti che ci aiutino a contemplare il mistero dell’amore di Dio che si rivela nella nostra vita e a farlo con tutti i nostri sensi. Qui vediamo la comunità trasformare i suoi tratti materiali in quelli spirituali perché si ritrova intorno all’altare con il suo Signore. È la stessa che si fa pellegrina per le strade della città degli uomini. Abbiamo bisogno di luoghi dove curare l’anima. Si può vivere senza? Cosa succede alla nostra vita? Una casa per la comunità e per la nostra anima, che ha attenzione per il corpo, perché l’amore non è un’idea, un sentimento astratto ma si misura con la nostra concretezza.

È la casa dell’Eucarestia dove siamo nutriti dalla sua Parola e dal suo Corpo. Una casa che è un luogo santo. La consacriamo con il crisma, perché tutto trasudi della sua presenza e perché ci ricordi che siamo il suo popolo santo, le sue pietre vive, consacrate dallo stesso crisma. Oggi termina la costruzione dell’edificio e inizia quella della comunità. E in questa casa siamo tutti operai. Non è un museo, non è un club dove entrano i nostri e altri vengono esclusi, non è un teatro dove si assiste ad uno spettacolo, un albergo per persone con buone intenzioni. È la casa del Signore per la sua famiglia, di sua Madre alla quale siamo stati affidati e che possiamo prendere con noi nella nostra casa. Quanto c’è bisogno di una casa dove nessuno è straniero, di solo amore, dove si è amati solo per quello che siamo, sempre.

È una casa accogliente per tutti, particolarmente per i più poveri, i fratelli di Gesù che per certi versi sono quelli che per diritto ne fanno parte. È una casa da amare, in cui sentirsi a casa ma non padroni, in cui imparare ad avere attenzione al prossimo e, proprio per questo, a noi. Gli episodi recenti di violenza, così inquietanti, frequenti, ordinari, iniziano sempre quando si è persa l’anima e si è coltivata un’idea di forza, di affermazione di sé, di potere che diventa prevaricazione, furbizia e che, alla fine, porta a non controllarsi.

Qui ritroviamo noi stessi perché ascoltiamo il Signore e scopriamo il prossimo. È una casa di amore e non di convenienza, dove capiamo che siamo generati non dal sangue, ma dal suo amore e siamo tutti figli adottivi. Dio desidera l’uomo e l’uomo trova quello che davvero gli serve. Soprattutto è casa! Non viviamo come fossimo ospiti! È casa, ma di un amore vero, dove tutti serviamo e siamo serviti, dono del quale non possiamo impadronirci o farne un ruolo, considerazione, convenienza, perché l’amore è gratuito, si riceve e si dona.

Abbiamo ascoltato il popolo di Israele che torna dalla grande dispersione dell’esilio. Torna e trova solo deserto. Da dove ripartire per rendere quel deserto città abitata da uomini? Dall’ascolto della Parola. È la Parola che genera Israele. La gioia è sentire il suo amore, riscoprirlo perché spesso finiamo per vivere senza, ed è la nostra forza più grande della tristezza e del male. Dobbiamo essere pietre vive perché rese vive dallo Spirito che chiama a responsabilità.

Le pietre sono tutte importanti e necessarie, ma solo se si pensano insieme. Che senso ha una pietra da sola? La nostra forza è essere famiglia. Dio mette su casa! Questo può aiutare le nostre famiglie che se si chiudono non trovano l’amore. Quanto isolamento! Quanta solitudine! Spesso non posso contare nemmeno sulle persone care: corrono appresso al benessere e non hanno tempo da perdere.

Qui siamo aiutati tutti a confessare la nostra fede.  Chi dite che io sia? Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. La Parola di Dio ci aiuta a trovare le parole della nostra fede. In essa Gesù è presente in mezzo a noi come Persona. Questo è lo scopo più profondo dell’esistenza di questo edificio sacro: la Chiesa esiste perché in essa incontriamo Cristo, il Figlio del Dio vivente, e perché richiamati da Lui siamo mandati perché quest’amore raggiunga tanti.

La Chiesa non vive per se stessa.  Qui l’incontro con il Figlio del Dio vivente è il luogo dell’incontro tra di noi. Per questo Gesù stesso è la porta, che ci fa conoscere il mistero di Dio. “Io Sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvo; entrerà e troverà pascolo” (cf. Gv 10,9)”, così recita la citazione del Vangelo di Giovanni scritta sul portone di ingresso, a ricordare a chiunque varchi questa soglia che lo fa attraverso Gesù, il pastore. Qui si entra per incontrare Dio e si esce per amare il prossimo. Qui si arriva con il peso della vita, per alcuni insostenibile, e si trova chi ti aiuta a portarlo e ti fa sentire la dolcezza del suo amore. Lui ci aspetta sempre e ci dona il giogo dolce e leggero di unirsi a lui. Lui si unisce a noi, si pensa per noi! Questa casa vedrà i momenti belli, quelli tristi, ci consolerà nelle lacrime e ci farà piangere quando siamo indifferenti.

Ci toccherà il cuore quando non lo aspettiamo e ci abbraccerà quando abbiamo bisogno di amore. Nei sacramenti sperimenteremo la forza della sua grazia. È una fontana di misericordia per tutti, particolarmente per i fratelli più piccoli di Gesù, nostri perché hanno fame, sete, sono malati, prigionieri, stranieri, nudi. Non è una casa fuori dal mondo, eppure impariamo l’amore del cielo, quello che ci rende uomini della terra, uomini veri, umani, e non spaventati, individualisti, incapaci di voler bene agli altri, violenti nelle parole e a volte anche nelle mani, che coltivano l’ipocrisia perché curano l’apparenza, a volte ciechi che non sanno più vedere il fratello e restano indifferenti davanti alla sofferenza. Ci abbiamo impiegato tanto per costruirla. Adesso dobbiamo costruire la comunità, anzi le comunità, con le pietre vive che siamo ognuno di noi. Nessuno di noi è inutile. Mai.

E vorrei tanto che fosse una casa di generosità e gratuità, beni tanto importanti e, forse, troppo poco usati in una generazione che pensa di comprare tutto. E se qualcuno non può venire, i fratelli porteranno il pane di Gesù a chi sta male. È una casa grande, ma non anonima! È grande perché vogliamo abbracciare tanti e perché aspetta tutti. Qui pregheremo assieme e anche troveremo, da soli, nel silenzio, nel raccoglimento, nella preghiera, lo spazio per il Signore. Qui comincia la festa a cui Dio vuol far partecipare l’umanità non solo alla fine di tutto ma già ora. Al centro c’è questo altare, sul quale ogni giorno offriremo il sacrificio di Cristo, dove il pane diventa il suo corpo per la salvezza nostra e del mondo intero, facendo di noi una cosa sola con Lui, punto d’incontro fra Cielo e terra, tra la Chiesa del cielo e quella pellegrina sulla terra.

Ci aiuta anche Sant’Alfonso a cui oggi dedichiamo questa Chiesa. Ha saputo cantare la misericordia di Dio che si fa compassione per le tante miserie e povertà umane. In maniera affettiva. Si può parlare di amore e volerci bene senza affetto? Superare l’individualismo e costruire quella pace di cui il mondo ha bisogno, oggi più che mai, vivendo quel “fratelli tutti” tanto caro a Papa Francesco. S. Alfonso ai parroci raccomandava di aiutare i poveri con gesti concreti. La sua mansuetudine e carità incantavano ognuno. Che questa sia sempre la casa della misericordia da ricevere e da donare. “Il paradiso di Dio, per così dire, è il cuore dell’uomo. Egli senza aspettare che voi andiate a lui, quando desiderate il suo amore vi previene e si presenta a voi, portando le grazie ed i rimedi che vi abbisognano. Non aspetta se non che voi gli parliate, per dimostrarvi che vi sta vicino ed è pronto ad udirvi e consolarvi”. “E che altro in somma vuole il nostro Dio, se non il nostro bene? Chi mai possiamo trovare, che ci ami più di Dio? Altra non è la sua volontà, non solo che niuno si perda, ma che tutti si salvino, e si facciano santi”

Chiesa di Sant'Alfonso Maria de' Liguori - Telese Terme (BN)
25/06/2023
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