Messa per la festa di santa Lucia

Quante volte capita di vantarsi, mostrare a tutti i costi, a volte anche imponendosi sugli altri, quelle che noi crediamo siano le nostre capacità. E’ un misto di debolezza e di forza, di dipendenza dalla considerazione del nostro valore di cui abbiamo bisogno. L’apostolo ci chiede di non vantarci, non per svalutazione di sé ma perché abbiamo già la considerazione di Dio e quello che abbiamo di più bello è il suo amore, suo e nostro! A volte il vantarci ci rende una caricatura, rovina i rapporti, umiliamo gli altri, parliamo spesso con l’ “io” a volte sgomitando perché non sappiamo proprio più trovare il noi. Basta farlo con la sufficienza oppure facendo pesare agli altri il nostro sacrificio o chiedendo una gratificazione. Ci vantiamo dimenticando che quello che abbiamo è nostro solo se lo doniamo agli altri, che lo abbiamo ricevuto per regalare gioia non per mostrare chi siamo o per essere ringraziati. E poi tutti noi doniamo molto meno di quello che possiamo. Non vantarsi è molto liberante. L’individualismo accarezza e gonfia l’io ci fa credere noi stessi quando possiamo fare a meno degli altri, quando “decidiamo da soli”, quando esibiamo le apparenze, non dobbiamo chieder aiuto e poi, curiosamente, siamo attentissimi alla considerazione, prigionieri dei tanti meccanici dell’io che dobbiamo curare, nutrire, perché da solo non ce la fa. Perché ci vantiamo e non siamo contenti, perché l ‘unico ringraziamento vero è donare sapendo che siamo una cosa solo con l’amato, il Signore. È essere suoi: ho fatto quanto mi avevi chiesto e sono sempre un servo inutile che tu hai preso solo perché mi amavi. E’ tutto un problema di amore, infatti! Quello che ci fa veramente trovare noi stessi e capire il motivo per cui siamo a questo mondo e perché siamo noi proprio così non è il vanto o l’approvazione (spesso cangiante, superficiale, da complimenti da salotto) ma sapere di amare Colui che ci ama. La santità è proprio questo: trovare il nostro io donando quell’amore che il Signore ci ha messo dentro e del quale ne diventiamo consapevoli non narcisisticamente guardandoci allo specchio o studiandoci all’infinito, ma solo volendo bene, cioè regalando amore. Ecco i santi non sono un modello impossibile, ma uomini che hanno riflesso l’amore che avevano nel loro cuore, sono uomini e donne che sono state fino alla fine se stessi e non l’idolatria, le minacce, le furbizie cui erano tentati.
I santi non hanno avuto paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima” quanto di chi ha il potere di fare perire l’anima. Ecco chi è davvero temibile. Noi abbiamo tante paure. Alcune sono frutto di situazioni nuove e che appaiono non governate. Alcune sono causate dalla nostra debolezza, perché andando avanti con gli anni, di fronte ad un orizzonte che non capiamo e che ci sembra minaccioso, abbiamo tanta paura. E’ normale! E poi ci sono tante domande non risolte che ci riempiono di paura. Attenzione: la paura non è sempre cattiva consigliera. Anzi. Se viene ascoltata ci suggerisce delle scelte intelligenti, consapevoli, che devono però liberarci dalla paura e soprattutto dalla causa di questa, permettendo di trovare le risposte desiderate. Gesù capisce la paura. Più volte ci dice: Non abbiate paura. E lo dice non da una situazione di sicurezza o di benessere, ma stando sulla stessa barca con noi. Noi dobbiamo avere paura di colui che uccide l’anima, mentre spesso abbiamo molto meno timore di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. L’amore non perde nulla. L’amore ricorda tutto, le parole, le emozioni, le scelte, le date. Dio vince la paura perché ama. E ci chiede di amare. Non rubiamo o mercanteggiamo un po’ di amore con il vanto, rubando agli altri, pensando che l’ammirazione sia amore, accontentandoci della nostra considerazione, mentre quello che conta è stare con Gesù, combattere il male, essere liberi dalla prigionia del nostro io!
Ecco Santa Lucia! Non è stata vittimistica, ma forte, non come i coraggiosi, ma come chi ama e non teme davvero nulla. Lucia ci insegna che la vita va donata perché l’uomo non si realizza pienamente nell’avere e neppure nel fare; si realizza nell’amare, cioè nel donarsi. Quando l’annuncio evangelico perde questa freschezza di una notizia lieta e sorprendente, e soprattutto umana, personale, diventa stanco e spento, e sa di scontato e di imparaticcio, paternalista invece che paterno, di maniera invece che fraterno. L’amore quando diventa dottrina morale si crede a posto, pensa di vedere solo i problemi, non aiuta a risolverli, si chiude.
La santità aiuta la santità. Un santo aiuta un altro! Lucia propose alla madre, di nome Eutichia, di recarsi insieme a lei in pellegrinaggio nella vicina città di Catania, presso il sepolcro dell’illustre vergine martire Sant’Agata, per domandare a Dio la grazia della guarigione della stessa Eutichia, da molto tempo gravemente ammalata. Sant’Agata apparve in visione a Lucia dicendole: “Sorella mia Lucia, vergine consacrata a Dio, perché chiedi a me ciò che tu stessa puoi ottenere per tua madre? Ecco che, per la tua fede, ella è già guarita! E come per me è beneficata la città di Catania, così per te sarà onorata la città di Siracusa”. La comunione tra i santi non è copiare quello che sono gli altri, ma essere noi stessi, ci aiutano a essere consapevoli della forza di amore che abbiamo dentro di noi e che ci fa resistere, questo si, al buio e alle oscurità del mondo. Non ci dicono: quanto sono brava! Impara! Non si vantano! Anzi! In genere meno siamo santi e iù ci vantiamo! Un santo ci regala il suo amore e ci insegna a trovare lo stesso amore di Dio nella nostra vita!
Abbiamo tanto bisogno della luce. C’è troppa solitudine, oscurità che spegne la vita, fa precipitare nell’abisso della disperazione, cancella il gusto della vita e ne nasconde la bellezza.  Perché senza luce non si può vivere, Veniamo alla luce e andiamo verso la luce. Gli occhi sono quelli del cuore: essi hanno bisogno di luce. Cerchiamo tutti la luce che  ci libera dall’l’ombra della morte che accompagna la nostra vita. La luce della fede illumina tutta la vita. “Perché una luce sia così potente, non può procedere da noi stessi, deve venire da una fonte più originaria, deve venire, in definitiva, da Dio. La fede nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita. Trasformati da questo amore riceviamo occhi nuovi, sperimentiamo che in esso c’è una grande promessa di pienezza e si apre a noi lo sguardo del futuro. La fede, che riceviamo da Dio come dono soprannaturale, appare come luce per la strada, luce che orienta il nostro cammino nel tempo”. Il mondo ha bisogno di luce e di gente luminosa. Non spegniamo il nostro cuore, nella miseria dell’odio, del vanto, dell’orgoglio! Che ci facciamo? Siamo luminosi! Dare luce significa dare amore. Come Lucia. La fede, è la più grande e bella eredità che si può lasciare. Ma non è una lezione! E’ dare fiducia quando non sei nessuno! E’ stare vicino quando qualcuno è solo! E’ accompagnare con la nostra amicizia le scelte della vita. E’ illuminare con la fede quello che altrimenti rimane un enigma. Si è luminosi tanto che anche a distanza di tempo pensare a quella persona credente o a quelle parole che ci ha pronunciato ci da speranza.
Gesù è la luce. Noi siamo solo i suoi specchi. Che i nostir cuori riflettano il suo amore, gratuito, per tutti, senza ricompensa.
Papa Giovanni pregava così Santa Lucia:
O gloriosa Santa Lucia, che alla professione della fede, associasti la gloria del martirio, ottienici di professare apertamente le verità del Vangelo e di camminare secondo gli insegnamenti del Salvatore. O Vergine Siracusana, sii luce alla nostra vita e modello di ogni nostra azione, cosicché, dopo averTi imitato qui in terra, possiamo, assieme a Te godere della visione del Signore. Amen.

13/12/2018
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