Messa solennità Maria Madre di Dio nella Giornata mondiale della pace

“Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. È l’invocazione che ci unisce oggi, da ricevere e da chiedere con l’intercessione di Maria, Madre di Dio. È nostra madre, alla quale siamo affidati e che ci è affidata, da amare e rispettare sempre, la cui venerazione ammonisce di non ferirla e il cui sguardo suggerisce di trovare sintonia con i fratelli e le sorelle. Perché questa madre ci unisce, ci fa rassomigliare tutti, ci ricorda che attraverso di Lei siamo adottati da Dio non da singoli, ma come famiglia, un cuore solo e un’anima sola. La maternità di Dio è il mistero della nostra fede. Cielo e terra, Dio e la nostra umanità. Dio nasce nel nostro mondo segnato dal limite e che dimentica Dio stesso, che non si accorge di Lui e così smarrisce la sua stessa umanità, tanto da uccidere suo fratello. Quando non ascoltiamo più Dio e non capiamo che le sue parole ci proteggono, finiamo come Caino per essere dominati dall’istinto e uccidiamo la fraternità. Dio nasce per mostrare qual è la sua volontà: l’amore. Il problema è essere cristiani come Gesù ci insegna: amandoci, non offrendo intelligenti interpretazioni o spiegandoci come si deve fare. Gesù ci chiede di spezzare la terribile catena dell’occhio per occhio amando lui i nemici. Ama noi sconosciuti, ci insegna a farlo con tutti i suoi fratelli più piccoli perché ci rende suoi e ci fa scoprire i nostri “vicini”.

Gesù ci chiede di non aspettare che sia l’altro a venire, pensando “se vuole viene, altrimenti peggio per lui”, ma manda noi a lavorare nella sua messe. Gesù è sempre accompagnato dalla folla. Sempre. La folla non è una minaccia dalla quale difendersi, chiudendosi in un piccolo gruppo aggressivo per difendersi e non perdersi in essa. La folla, la grande folla, è l’orizzonte del discepolo di Gesù, con la quale condividere il poco che abbiamo, per la quale siamo chiamati e alla quale siamo mandati, da non rimandare via anche quando non abbiamo nulla da dare. È nostra la folla, e noi siamo per la folla. Non possiamo dire: non ci interessa! Gesù ne ha compassione. Vede che è stanca e sfinita perché senza pastore. Non giudica, non discute sul perché è senza pastore: si commuove e ci manda a consolare, affidandoci il pane della sua parola e della sua presenza che saziano l’anima, ma anche il pane della solidarietà perché non abbia fame. Il cristiano non può proprio fare a meno della folla perché non vive per se stesso, non può accontentarsi secondo la mentalità, così diffusa, di una felicità individuale o di un piccolo gruppo. Sazi lo saremo insieme saziando la folla.

Oggi vediamo una folla enorme stanca e sfinita perché segnata da un dolore enorme da togliere il respiro, da un oceano di lacrime, di angoscia, di sofferenza che pesa su interi Paesi. Vediamo la folla della Terra Santa, quella dell’Ucraina, quella di tutti i Paesi attraversati dal demone della guerra, demone cieco perché colpisce tutti e rende ciechi. Il demone della guerra chiede la speranza dei cristiani che non si arrendono a quei cavalieri dell’Apocalisse che seminano morte, fame, malattia, odio. E la speranza deve diventare l’astuzia dell’amore, quella che, con i pochi mezzi, permette di fare quello che serve per sconfiggere la logica della guerra, le ragioni che l’hanno permessa, causata, sostenuta.

Oggi, con Maria, Madre di Dio e Madre di tutti, Madre di una fraternità che non ammette limiti e distinzioni, chiediamo il dono della pace. Non ci arrendiamo. Non possiamo. Ci manca il respiro di fronte a tanto dolore e morte. È la preghiera che affidiamo all’intercessione della Madre del Dio che è la pace. Ma non possiamo chiedere quello che noi non diamo. Finiremmo come quel debitore cui viene condonato il debito ma poi perde la misericordia ottenuta per come è impietoso verso il suo creditore. Chiediamo pace e siamo persone di pace, disarmando l’arsenale di pregiudizi, di cattiverie, di reazione epidermica contro il prossimo. Smettiamo di dare importanza solo a quello che ci riguarda o ci conviene e aggiustiamo quello che è rotto nella comunicazione tra di noi!

Se vediamo un problema non facciamo finta di nulla ma cerchiamo di capire e di aiutare. Scandalizziamoci per le occasioni sprecate, per le logiche di parte che diventano ideologie incapaci di comunicare, tanto da polarizzarci complicando così le soluzioni. Mettiamo da parte quello che divide altrimenti non troviamo più quello che ci unisce. Il cristiano è un uomo di pace, che risana quello che il male divide, lacera. Cerca la giustizia e per questo trova anche la pace. Il cristiano si pensa con gli altri. È un uomo di relazioni, ma nel senso vero, non esteriore, mondano, insulso: si lega, ha attenzione al prossimo, lo guarda con simpatia, lo accoglie, cura l’amicizia, costruisce ponti. Contrastiamo le diseguaglianze: diamo fiducia, facciamo sentire amati, iniziando sempre dai più poveri, dai fratelli più piccoli di Gesù con cui fare pace dando pane, acqua, vestito, tempo, protezione, visita, misericordia intelligente.

Il messaggio per la pace quest’anno parla dell’intelligenza artificiale. È una realtà. Non parliamo del futuro, ma di quello che già condiziona la nostra vita. Il progresso deve contribuire “a un migliore ordine della società umana, ad accrescere la libertà e la comunione fraterna” e “al miglioramento dell’uomo e alla trasformazione del mondo”. Ma attenzione, può “rappresentare un rischio per la sopravvivenza e un pericolo per la casa comune”.

È artificiale ma potentissima. Sono algoritmi che producono scelte, decisioni “che consentono di controllare le abitudini mentali e relazionali delle persone a fini commerciali o politici, spesso a loro insaputa, limitandone il consapevole esercizio della libertà di scelta”. L’arrivo dell’intelligenza artificiale (Ai) è paragonabile all’avvento del motore a scoppio, dell’elettricità. Le decisioni, anche le più importanti come quelle in ambito medico, economico o sociale, sono oggi frutto di volere umano e di una serie di contributi algoritmici. Si pone la necessità di una regolamentazione.

Non si crede più che tecnologia sia di per sé sinonimo di progresso. Bisogna che Governi e Istituzioni sovranazionali lavorino a soluzioni di questo tipo, come fu per mettere sotto controllo il proliferare delle armi atomiche. “Non si può istruire l’intelligenza artificiale a discernere il vero dal falso, perché queste macchine impareranno presto a mentirci”, dice qualcuno. Serve una “Convenzione di Ginevra” sull’intelligenza artificiale, come per le armi chimiche. Si può  acquisire una conoscenza migliaia di volte superiore ad un essere umano. Chi la governa e a che fini? Pensiamo solo alle fake news, cioè testi, immagini e anche video falsi, indistinguibili da prodotti veri. La pace è minacciata. Le tecnologie militari avanzate, come i droni, sono facilmente accessibili e gli effetti devastanti. L’utilizzo bellico dell’intelligenza artificiale è un grave motivo di preoccupazione etica e impone linee guida per difendere i diritti umani fondamentali, il perseguimento della giustizia e della pace. A maggior ragione serve un grande impegno dei cristiani per essere artigiani di pace.

Faccio mie le parole di San Paolo VI: “La pace non si gode; si crea, ci rende tutti responsabili del bene comune, ci obbliga ad offrire ogni nostro sforzo per la sua causa, comincia nell’interno dei cuori. La pace è dovere, non ha niente a che fare con debolezza o peggio viltà. La pace si afferma nelle coscienze. Bisogna scuotere i cardini di inveterati pregiudizi: che la forza e la vendetta siano il criterio regolatore dei rapporti umani, che ad un’offesa ricevuta debba corrispondere altra, e spesso più grave offesa, che l’interesse proprio debba prevalere su quello altrui senza tener conto dei bisogni degli altri e del diritto comune. Non è utopia, è progresso, oggi più che mai reclamato dall’evoluzione della civiltà e dalla spada di Damocle d’un terrore sempre più grave e sempre più possibile, che le pende sul capo. Come la civiltà è riuscita a bandire, almeno in linea di principio, la schiavitù, l’analfabetismo, le epidemie, le caste sociali, malanni cioè inveterati e tollerati come fossero inevitabili e insiti nella triste e tragica convivenza umana, così bisogna riuscire a bandire la guerra. È la buona creanza dell’umanità che lo esige. È il tremendo e crescente pericolo d’una conflagrazione mondiale che lo impone. Non abbiamo, noi singoli e deboli mortali, alcun mezzo per scongiurare ipotesi di catastrofi devastatrici di dimensioni universali? Abbiamo il nostro singolare e personale dovere: essere buoni, che non vuol dire essere deboli, vuol dire essere promotori del bene, essere generosi, vuol dire essere capaci di rompere, con la pazienza e col perdono, la triste e logica catena del male; vuol dire amare, cioè essere cristiani. Abbiamo la preghiera e la fede che non resterà delusa e, fors’anche sarà esaudita in misura sovrabbondante, anche se ora resta a noi nascosto il quando ed il come”.

San Paolo VI concludeva poi così: “Signore, noi abbiamo ancora le mani insanguinate dalle ultime guerre mondiali, così che non ancora tutti i Popoli hanno potuto stringerle fraternamente fra loro; Signore, noi siamo oggi tanto armati come non lo siamo mai stati nei secoli prima d’ora, e siamo così carichi di strumenti micidiali da potere, in un istante, incendiare la terra e distruggere fors’anche l’umanità; Signore, noi abbiamo fondato lo sviluppo e la prosperità di molte nostre industrie colossali sulla demoniaca capacità di produrre armi di tutti i calibri, e tutte rivolte a uccidere e a sterminare gli uomini nostri fratelli; così abbiamo stabilito l’equilibrio crudele della economia di tante Nazioni potenti sul mercato delle armi sulle Nazioni povere, prive di aratri, di scuole e di ospedali; Signore, noi abbiamo lasciato che rinascessero in noi le ideologie, che rendono nemici gli uomini fra loro: il fanatismo rivoluzionario, l’odio di classe, l’orgoglio nazionalista, l’esclusivismo razziale, le emulazioni tribali, gli egoismi commerciali, gli individualismi gaudenti e indifferenti verso i bisogni altrui; Signore, noi ogni giorno ascoltiamo angosciati e impotenti le notizie di guerre ancora accese nel mondo; Signore, vi sono soprattutto tante tombe che stringono il cuore, famiglie spezzate dalle guerre, dai conflitti, dalle repressioni capitali; donne che piangono, bambini che muoiono; profughi e prigionieri accasciati sotto il peso della solitudine e della sofferenza; e vi sono tanti giovani che insorgono perché la giustizia sia promossa e la concordia sia la legge delle nuove generazioni; Signore, Tu lo sai, vi sono anime buone che operano il bene in silenzio, coraggiosamente, disinteressatamente e che pregano con cuore pentito e con cuore innocente; vi sono cristiani, e quanti, o Signore, che nel mondo vogliono seguire il Tuo Vangelo e professano il sacrificio e l’amore; Signore, Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo, dona a noi la pace” (1.I.1970).

Il Signore ci doni di essere oggi artigiani di pace e di essere quei cristiani che professano il sacrificio e l’amore per la folla che cerca pace. Giorni di pace a partire dal nostro cuore. Speranza e pace. Amen

Bologna, Cattedrale
01/01/2024
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