Omelia a Sant’Antonio di Padova

Sant’Antonio, come il Vangelo e come l’amore che questo genera, cresce con chi lo ascolta e lo mette in pratica. Uomo di Dio ci aiuta oggi a rispondere alle domande del nostro cuore e ci spinge a convertirci, cioè a cercare la luce e camminare verso di essa nel buio in cui siamo immersi. Sant’Antonio continua a mostrarci con tenerezza il Signore Gesù, il bambino nel quale contempliamo la grandezza della scelta di Dio, perché possiamo anche noi prenderlo in braccio, stringerlo a noi e sentire la sua presenza, accoglierlo nel nostro cuore. Sant’Antonio è raffigurato con in mano il Vangelo o con la presenza che il Verbo, la Parola, genera nella nostra vita.

Viviamo nella Babele del mondo. Sì. Come a Babele finiamo per parlare da soli, per parlare sopra gli altri, per non ascoltare nessuno, per sapere così poco parlare assieme. Sembra così difficile, impossibile capirsi! È la conseguenza della presunzione dell’uomo che quando si crede Dio rovina sé stesso e non trova più il suo prossimo, non lo sa riconoscere.

Il contrario di Babele non è essere tutti uguali, ma diversi come siamo capire e capirsi. Il contrario di Babele è la Pentecoste, cioè lo Spirito di Dio che scende nei cuori e nelle menti degli uomini e le accende con l’amore. Non è l’uomo che si fa Dio ma Dio che annulla la distanza perché l’uomo trovi veramente sé stesso e raggiunga il cielo scoprendolo dentro di sé e nel prossimo. Dio dal cielo riempie di amore l’uomo, e così comprende il desiderio che ha dentro di sé.

La terra all’inizio aveva un’unica lingua e uniche parole. A Gerusalemme i popoli della terra si comprendono tutti. Quando gli uomini non si comprendono tra loro facilmente crescono la violenza e la guerra, perché il male è un istinto che approfitta dell’assenza dell’amore, arma i pensieri e le mani, fa vedere il prossimo come un concorrente pericoloso o un nemico, nasconde i sentimenti più umani, tanto che l’altro diventa un oggetto senza significato, in cui non riconosco nessuna uguaglianza con me.

Nella tragedia della guerra in Ucraina riviviamo oggi tutti i frutti del male, di tanti semi che abbiamo fatto crescere, come in ogni guerra del passato e degli attuali tanti pezzi dell’unica guerra mondiale. Sì, è proprio vero: la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. È una sofferenza terribile, che noi capiamo solo in parte perché pensiamo riguardi sempre altri, guardiamo il prossimo come se non fosse uguale a noi ma umanità diversa, distante, estranea. In realtà tutta la creazione e ogni creatura geme interiormente e l’amore, la compassione, ci fa sentire come nostra quella sofferenza.

A noi, che abbiamo sete di speranza, di vita, di futuro, viene offerta liberamente l’acqua buona dell’amore di Dio. È sempre come la fontana del villaggio, offerta a tutti, specialmente a chi ha sete, perché sono loro che la cercano spinti dal desiderio. Ecco il segreto di Sant’Antonio, che in realtà è quello dei cristiani: prendere sul serio la Parola che dona la vita, prendere in mano il libro (venerarlo come facevano San Francesco e Sant’Antonio) perché così si genera la presenza di Cristo nei nostri cuori. Non si capisce la Parola senza viverla perché non è una lezione, e l’amore vissuto ci aiuta a comprendere il Vangelo. Chi beve la sua parola diventa una sorgente, perché dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva.

Antonio è una fonte di acqua viva. Il cristiano non consuma l’acqua per sé, come l’idolatria dell’individualismo fa credere. Anzi. Chi beve darà da bere, chi trova amore lo regala, chi lo regala lo riceve. Il benessere non è prendere, ma regalare. La forza dello Spirito, cioè l’amore multiforme di Dio, serve per chi la riceve ma sempre unita al prossimo. L’idolatria della nostra generazione è il benessere individuale, con i suoi sacerdoti, riti, linguaggi, sacrifici, piega tutto all’io, fa girare tutto intorno a sé, nell’inganno, così, di trovare se stesso e con questo la felicità. Lo Spirito apre, non chiude; unisce senza confusione, non divide, distingue, non confonde. È amore che rende una cosa sola, come chi ama. L’amore di Dio è un fuoco, riscalda e illumina, brucia la paura e l’orgoglio, scalda ciò che è freddo e piega ciò che è rigido. Che grande inganno ridurre l’uomo ad un’isola, facendo credere che è padrone della sua vita da solo! È l’amore che ci rende padroni di noi stessi ed è l’amore che ci fa tirare fuori la parte migliore mettendola a servizio del Signore e della sua Chiesa.

Ogni dono è importante e ogni dono completa quello dell’altro. Ma, appunto, insieme. A Gerusalemme tutti iniziano a parlare lingue diverse “nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”. Tutti! Non c’è nessuno che non sia un dono e non abbia un dono! Essi parlano galileo, restano segnati dalla loro storia, quella che pericolosamente li faceva identificare con Gesù la notte del suo arresto. Non un’unica lingua che omologa tutto, ma le tante lingue raggiunte dall’unico amore di Dio, quella del cuore. Sono tutti in relazione gli uni con gli altri e lo Spirito permette di pensarsi insieme. Lo Spirito, paraclito, ci libera dalla paura di amare, di uscire da sé, di perdere il controllo perché pieni di gioia. Non dobbiamo spiegare e capire tutto noi, anche di noi stessi, ma lo possiamo capire solo amando e lasciandoci amare dal Signore. “Cessino ve ne prego le parole parlino le opere. Purtroppo siamo ricchi di parole e vuoti di opere”. È proprio vero. Le opere senza le quali la fede è morta! Il narcisismo così preponderante ci fa tradire il problema mentre i poveri ci aiutano a capire. Solo così troviamo la pace nel cuore e tra le persone.

Diceva S. Antonio: “La prima pace devi averla con il prossimo, la seconda con te stesso e così avrai anche la terza pace, quella con Dio”. E aggiungeva: “Si dice degli elefanti che quando devono affrontare un combattimento hanno una cura particolare dei feriti: infatti li chiudono al centro del loro gruppo insieme con i più deboli. Così anche tu accogli nel centro della carità il prossimo debole e ferito”.

Diventiamo uomini e donne spirituali, cioè pieni della fiducia, attenti e protettivi con i deboli, capaci di essere in comunione con tutti, di ricostruire già oggi il paradiso da cui veniamo e verso cui andiamo. “Il parlare è vivo quando parlano le opere”. Siamo pieni di parole – e l’epoca digitale le enfatizza come a Babele – ma vuoti di opere. La legge nostra, ricorda sempre S. Antonio, è mettere in pratica quello che chiediamo. Parliamo dunque come lo Spirito ci dà di parlare, dice S. Antonio, e ”il suo Spirito ci faccia ardere di amore di Dio e con la parola illuminiamo il prossimo”, nel buio della solitudine e di una vita che desidera l’amore vero.

Padova, Basilica del Santo
04/06/2022
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