Omelia del Giorno di Natale

“La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”. La lotta, però, è sempre aperta, è vinta, da vincere, e noi ne siamo coinvolti, non siamo spettatori in attesa del risultato! “È venuta nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo”. Ecco la bellezza del Natale, di questa nuova creazione che possiamo contemplare oggi, nella nostra vita. Qualche volta pensiamo che il Signore non ci mostri i segni della sua presenza. Dobbiamo contemplarli, non si impongono con le categorie della gloria degli uomini e se li cerchiamo lì non li troveremo mai. San Francesco li trovò e ce li cantò perché si spogliò del suo io esteriore e ricco, e umile e semplice “vide” e aiutò a “vedere” la presenza di Dio.

La luce del Natale dolorosamente risponde alle attese della creazione che soffre e geme. Natale è luce nella notte profondissima e drammatica del mondo, è vita non movimento, consumo, esibizione, vitalismo. Le ombre della morte, nemica della vita, entrano nell’animo delle persone, le confondono, riempiono di paure e di rabbia, rendono il prossimo estraneo o nemico. Il nostro è un mondo di guerra, che fabbrica armi e non le distrugge, che distrugge la vita e la casa comune che la accoglie, che rinuncia a esercitare la via del dialogo e della giustizia perché la giudica sconfitta. E così invece del disarmo si riarma, coltiva la forza che finisce per distruggere chi la usa e chi la subisce. Ma quanti cuori sono anche troppo armati, capaci di vedere solo il negativo, interessati a ciò che divide e spesso increduli verso quello che può unire! Le parole dette contro il prossimo, telematiche o urlate, non sono mai senza conseguenze, avvelenano, colpiscono e producono sempre altro odio. L’odio vuole apparire un seme inerte, innocuo, coltivato con colpevole ignoranza e a volte solo per fare audience, quasi fosse reazione legittimata dalla storia e dalle paure. L’odio produce odio e tradisce anche la memoria perché non ci fa ricordare altro che l’ingiustizia, fa sentire vittime.

Ecco, in un mondo così viene la luce. Il Verbo diventa carne, storia, presenza. Non resta in remoto, virtuale, perché l’amore – anche il nostro per favore! – richiede i sensi, si deve umiliare in vita vera e ha sempre umili inizi. Il Natale di Dio ci chiede di fare pace, iniziando dal combattere l’odio che la consuma. Facciamo pace per questo bambino. Come quando nasce un figlio, e se al centro c’è lui non possiamo (o non dovremmo) più litigare, almeno davanti a lui proprio perché c’è lui. Gesù non è un bambino qualsiasi, non è un simbolo: è Dio, Dio che nasce, il cielo che viene sulla terra, l’infinito che diventa finito, il tempo che entra nel nostro tempo. Nasce, e chi lo accoglie nasce con Lui. Noi abbiamo paura di dare vita, cioè di far nascere, tanto che follemente ce la teniamo stretta e così finiamo per perderla, perché chi conserva la vita la perde. Dio nasce perché nasciamo e facciamo nascere donando vita. Chi ama regala tutto e se regali la vita non sarà più possesso, ma amore che unisce e sarà nostra proprio per questo. Anche i figli non sono nostri e guai a possederli. Donare è il vero senso della vita, quello che ce la fa capire.

Questo bambino che nasce mette pace tra cielo e terra, pace perché supera il limite della vita stessa.  Lui unisce quella che vediamo e quella che non vediamo. Facciamo pace a Natale, giorno di pace sulla terra. Inizia da noi, disarmando cuore, mente e mani, smettendo di usare le parole come pietre per colpire l’altro, combattendo la violenza con amore intelligente e forte. Smettiamo la pericolosa polarizzazione pensando di avere capito tutto e finendo per non conoscere nulla. Facciamolo perché Gesù nasce. In quel bambino vediamo Dio e vediamo anche tutti i bambini, che sono i suoi fratelli più piccoli.

Guai a scandalizzarne uno! Facciamolo per Dio, per loro, per le persone che già sono e che hanno diritto di essere. Tutti abbiamo chiesto che sia un Natale di pace. Lo chiediamo a Dio che è Dio della pace e per il quale non uccidere è comandamento e lo è per tutti, sempre. Lo chiediamo a Dio nella preghiera, insistente, condividendo la sofferenza terribile di chi è travolto dalla pandemia della violenza e della guerra. Lo dobbiamo chiedere anche a ciascuno di noi. Dio è venuto nel mondo, speranza in un mondo senza speranza, un mondo che non sa aspettare e pensa di avere sempre tempo, che si riempie di presente e pensa di viverlo consumandolo perché incredulo del futuro che inizia oggi. Accendiamo di luce la nostra vita regalando tempo, parole, sentimenti, consapevolezza, e il mondo intorno sarà diverso.

Siamo suoi non per il sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo. È la nuova fraternità che ci riconcilia con tutti e anche con noi stessi. Non è una catarsi impossibile per cui, senza, tutto appare un compromesso alla ricerca di una perfezione che non esiste. È la nostra vita di sempre ma riconciliata, perdonata, piena. È nascere da vecchi, perché l’amore e il perdono ci rendono nuovi. Oggi vediamo la sua gloria: la nostra debolezza amata, rivelazione di vita anche quando minacciata. Questa gloria ci libera da quella così penosa e ingannevole degli uomini, esibita, sfacciata, quella dell’affermazione di sé, della prestazione, del potere che usa il prossimo e sciupa tante possibilità.

Passiamo dall’io a Dio in questo giorno. Lui passa a noi, si pensa in relazione con te ma sempre aprendoti all’amore per il prossimo. È difficile credere, affidarci a Lui? Da dove cominciare di nuovo ad esserlo? Si tratta di piegarsi sul bambino e, come San Francesco a Greccio, sull’umanità sofferente e contemplare l’amore senza limiti di Dio, amore che fa sentire amati i poveri e ci aiuta a capire in questa vita quella che verrà e che aspettiamo.

Signore che nasci, siamo generati figli e fratelli, liberi dal sangue o dalle convenienze e interessi. Siamo tuoi, fratelli tutti, nonostante la miseria della nostra vita e proprio nel peccato della nostra umanità. Tu sei con noi, ci ami, ma non ci possiedi e ci fai liberi. Non ci vuoi servi, ma amici. Signore, non ti accogliamo quando ascoltiamo il tentatore di sempre, l’egoismo, che ci fa credere che siamo noi stessi se senza Dio e senza il prossimo.

Oggi nasciamo con Te che nasci in noi e tra di noi, e ci rendi la tua famiglia. Nella notte profonda e terribile del mondo, della guerra e della violenza, nella notte dell’istinto di morte, nella notte del mio peccato e dell’odio che è sempre omicida del nostro fratello, non ti stanchi di accendere in noi la luce del tuo amore. Donaci di essere noi la tua luce, di non disprezzarla mai anche se sembra piccola, insignificante o perché intorno tutto è buio, perché in essa c’è sempre tutta la tua presenza e la nostra piccola luce vince le tenebre. Insegnaci ad amare mostrando la semplice bellezza della bontà, luce che si comunica di suo e rende vivo il tuo amore, medicina dei cuori che li restituisce a se stessi. Grazie, Signore di vita e di luce, che vieni per rendere eterna la fragile avventura della nostra vita.

Bologna, Cattedrale
25/12/2023
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