Basilica dei Santi Bartolomeo e Gaetano, 5 dicembre 2022
Chi sono questi uomini che si mettono d’accordo tra loro per portare uno che era paralizzato davanti a Gesù? Non lo sappiamo. Oggi pensiamo che siano universitari che non dimenticano l’umanità, diventandone portatori: se ne fanno carico, rendono umano quello che altrimenti sarebbe atroce, come il non poter camminare. Diventano loro le gambe di quell’uomo. Portano umanità a Gesù, l’uomo più vero, che insegna agli uomini ad esserlo. Quanto c’è bisogno di portare umanità, materia che non ha un corso di laurea, ma è quella che dà senso al nostro studio, che lo rende davvero utile. Forse quel paralitico era un loro amico, uno che aveva avuto un incidente o che improvvisamente era stato travolto da quella tempesta sempre impietosa e incredibile della malattia, tanto più quando si è giovani e facilmente ci pensiamo onnipotenti ed eterni perché la fine appare lontana. Quanto è importante mettersi d’accordo per aiutare qualcuno, invece di nutrire il proprio individualismo alla ricerca di tante felicità individuali. Forse quel paralitico era uno sconosciuto che era diventato conosciuto perché, invece di passare ad altre immagini, uno di loro si era fermato, lo aveva visto negli occhi, si era chiesto cosa avrebbe desiderato se fosse stato lui al posto suo, si era interrogato su cosa sarebbe successo se non si fosse fermato. Forse lo avevano incontrato per strada, o in quella strada che sono le scale delle case, nascosto in un appartamento come tanti anziani soli o malati, che non possono camminare. Le storie che il Signore incontra sono nella vita di tutti i giorni, non in quelli straordinari, sono nella storia e non fuori da essa! Lo portano da Gesù, è come uno di loro, non un oggetto di volontariato. Senza unire le nostre lacrime a quelle di chi piange, senza fermarci per portare nel cuore e nella preghiera il loro dolore, che è diventato il nostro dolore, senza sentire lo scandalo per come gli uomini trattano così altri uomini e maturare la scelta di non essere tali e di portare umanità, sarebbe rimasto un estraneo, una minaccia o semplicemente un oggetto, magari per scattare un selfie. Quanti non possono camminare e hanno bisogno di qualcuno che sia portatore di umanità! Sono le tante vittime di quel bandito che è la guerra, che capiamo quanto è terribile guardando non le cifre ma le persone. Allora si capisce la guerra che ruba tutto, a chiunque, bandito che ha nomi, responsabili, complici, interessi terribili. E non è così anche il bandito della droga, che ruba la vita e rende schiavi?
Aiutare quel paralitico aiuta anche loro a stare insieme e ad essere davvero amici, a fare qualcosa di bello e importante assieme, cose che da soli sarebbero state impossibili. Portare umanità ci fa essere umani. Essi non si rassegnano, non dicono “non si può fare nulla, è troppo complicato”. Non hanno paura di passare per esagerati davanti agli occhi della gente: hanno bisogno di incontrare Gesù, sperano che Lui guarisca e comunque li accolga. Cercano speranza per il loro amico. Forse non sanno bene del tutto perché vanno proprio da Gesù. Forse qualcuno si era ricordato di quel maestro che aveva conosciuto quando era giovane, uno accogliente e pieno di misericordia, che non giudicava e condannava, che toccava le persone e si lasciava avvicinare invece di scappare e proteggersi. Uno che si ferma e fa fermare davanti a chi chiede, che entra nelle case dei peccatori invece di giudicarle da lontano. Anche noi siamo così: non ci vogliamo rassegnare quando facciamo nostro il dolore del mondo, che non è una categoria o un’idea, ma quella persona che prendo con me e sollevo. Cercare Gesù e portare l’umanità ferita ci aiuta a non rassegnarci di fronte alle difficoltà, a superare il limite, a non restare bloccati. La fede non è una dottrina imparata a memoria o un sentimento definitivo ma il desiderio di cercare guarigione, futuro e di affidarlo a Gesù. Fede è cercare Gesù perché abbiamo bisogno della sua forza. Fede è la nostra volontà di bene che cerca e incontra la volontà di Dio che vuole proprio il nostro bene, la gioia, una vita restituita a se stessa. Se apriamo il tetto dello studio e attraversiamo il solo pensare a sé, troveremo un motivo in più per capire quello che facciamo e che siamo. Hanno fede che la vita cambia e che l’amore di Gesù la rende piena e bella. Hanno fede che gli occhi dei ciechi si possono aprire, non si accontentano di certificare che sono ciechi, ma aiutano a vedere. Ecco il Natale, ed ecco come si realizza: aprendoci alla volontà di Gesù, incontrandolo. La loro fede permette a Gesù di sciogliere il cuore e il corpo di quell’uomo che non poteva camminare. Gli scribi e i farisei, invece, subito cominciano a discutere, mormorando tra sé, attenti alle proprie idee e non alla vicenda di quell’uomo. Essi sono quelli che capiscono tutto ma non fanno nulla, giudicano ma non amano, hanno ragione ma non ascoltano mai il prossimo. Ecco, anche per questo dobbiamo essere portatori di umanità! Gesù guarisce il cuore e il corpo, scioglie e riconcilia con se stessi e fa camminare. La persona non è mai il suo peccato e Lui la restituisce a se stessa nella sua anima e nel suo corpo. Facciamo nostra l’ansia di guarigione, di poter camminare, di tanti studenti che cercano la pace perché travolti dalla guerra, che cercano la giustizia perché paralizzati e perseguitati in tanti regimi, come Zaki, le studentesse in Iran o come molti che non possono camminare, come i poveri, condannati a restare tali.
La fede fa sognare la guarigione, un mondo di giustizia, libertà e uguaglianza. Il Natale è Gesù che ci chiede di andare oltre l’anonimato della folla, oltre la paura, oltre la rassegnazione che ci fa cercare di stare bene da soli. Quando questo avviene tutto cambia e capiamo il Natale, quello vero, che dura tutto l’anno con la sua luce che illumina i cuori e dona la forza per camminare e far camminare.