Omelia Messa Prima Domenica di Quaresima

Dio stabilisce un’alleanza. La propone, non la impone. Lui non ci lascia soli nella prova, come quando ci misuriamo con la forza dei diluvi. Noi spesso ostinatamente preferiamo fare da soli cedendo alla tentazione di non credere all’amore, pensando che facendo da soli siamo per davvero noi stessi, coltivando l’egoismo senza l’Altro, il prossimo. Un’alleanza, cioè pensarsi insieme per proteggersi dal male. Lui ci è “davvero necessario”, pensando ai tanti diluvi di morte e sofferenza che rivelano la fragilità della nostra vita e del creato. E noi siamo necessari? Dovremmo dire di no, pensando all’insignificanza della nostra vita, così sciupata dagli uomini. Dio si allea perché ci ama e chi ama ha bisogno dell’amato. Ma ci ama non perché grandi, importanti. Siamo cenere e cenere ritorniamo, memoria che ci insegna a vivere, non per umiliarci o buttarci via ma per comprendere i limiti e capire quanto è grande la misericordia di Dio. È un Padre. Non ci possiede e solo amandolo lo conosciamo. Ecco il senso della Quaresima: liberarci dal male, per “vedere” il suo amore e ricostruire l’alleanza.

Questa ci ricorda che non siamo soli davanti a forze che appaiono misteriose, subdole, implacabili. Sono forze che diventano un sistema di morte, più forte della volontà di tanti. Ma significa anche che solo insieme siamo salvati, che c’è una sola arca per tutti, che dobbiamo imparare a pensarci insieme per essere salvi. È un’alleanza che libera dall’aggressività istintiva che tanto assecondiamo, che colpisce l’altro con l’indifferenza che lo ignora e lo priva di significato, che cerca il nemico e coltiva l’odio, che se ne fa un vanto colpendo innocenti e che giustifica, senza vergogna, l’uccidere. La polemica sembra l’unica modalità del dialogo (così diversa dal capire e confrontarsi) che non pensa alla divisione che semina, all’odio che cresce, alla distruzione del prossimo. No! Siamo sulla stessa barca! Ci ritroveremo tutti nell’Arca del cielo! Il paradiso, insisto, inizia nel pensarsi insieme, ben diverso dal pensiero unico, anzi garanzia unica della diversità. L’alleanza di Dio ci chiede di allearsi tra noi, di ricordarci che solo in relazione con Lui e con il prossimo (chiunque, non i miei o i pochi che riescono a passare indenni dai tanti filtri della nostra diffidenza, della paura, dei pregiudizi) capiamo chi siamo, solo così ci orientiamo nell’incertezza, non viviamo monadi in uno spazio enorme dove possiamo credere tutto possibile, ma anche scoprire amaramente di non essere nessuno, condannati ad un anonimato privo di relazione che toglie valore alla vita. Dio si allea con un popolo che oggi possiamo riconoscere essere quello di “Fratelli tutti”, accolto in quest’unica arca che è la terra.

L’arcobaleno è il segno dell’alleanza, la fine della tempesta. È un arcobaleno che vogliamo vedere dove il diluvio della guerra e della violenza sommerge tanta umanità in Ucraina, nella Terra Santa, in tante parti della nostra casa comune. Ci avviciniamo al secondo anniversario dell’inizio di una guerra alla quale non vogliamo mai abituarci, motivo per cui non ci stanchiamo di pregare notte e giorno per la fine, come notte e giorno sale al cielo il grido di chi è colpito, delle incalcolabili vittime. Non ci stanchiamo di pensare piccole arche di pace, come l’accoglienza per tanti bambini che desideriamo possano trovare un po’ di colori e di calore tra noi questa estate, nella solidarietà concreta per aiutare chi ha perso tutto. Tutto. Non è ingenuità ma realismo credere che l’alleanza passa nei cuori delle persone che uniscono con il loro amore il cielo e la terra. La Quaresima è vedere la terra e le persone con gli occhi del cielo, gli unici che le sanno capire, di cui ne rivelano la bellezza, tutta umana da amare.

Ecco perché iniziamo la Quaresima con gioia, profumandoci il capo per non concedere nulla all’esteriorità e perché tutto sia personale, interiore, profondo, vero. Ci confrontiamo con il male dal quale abitualmente scappiamo o che pensiamo basti ignorarlo, il male che non sappiamo riconoscere dentro di noi. Collezioniamo interpretazioni ma quanto poco sappiamo riconoscere le colpe, le responsabilità, e liberarcene chiedendo perdono! La Quaresima è cercare con speranza e determinazione il bene. Vivendo nelle tenebre, sentendone l’orrore, provando la sofferenza della notte, di una notte terribile come la sofferenza fisica, come le notti di guerra o quelle accanto ad un ferito senza medicine, o un bambino colpito dalla crudeltà dei grandi e da bombe che arrivano non si sa da dove. Solo così capiamo quanto è decisiva la luce e la gioia di vederla. Convertirsi significa volgersi verso di essa.

È solo questa la forza della Quaresima. Chi vince le tenebre del male in sé sa trasmette luce a chi incontra. Non combattiamo il male negli altri, ma in noi, per combatterlo amando, l’unica via per spezzarne la logica terribile. Altrimenti diventiamo farisei, riduciamo l’amore a legge, da applicare sugli altri pensando, a volte, con zelo di combattere il male e finendo, invece, per esserne complici. Non possiamo mai allearci con il male, perché la vita domanda vita e la vita viene dall’amore e cerca l’amore. Amore significa anche cura, con tutto quello che ciò significa. Frutto della Quaresima è l’amore, sentire l’amore di Dio e imparare ad amare il prossimo. La Quaresima ci fa ritrovare la nostra relazione con Dio mediante la preghiera, con il prossimo con l’elemosina, con noi stessi con il digiuno. Possiamo cambiare e il mondo può cambiare! Il prossimo può essere quello che ancora non è o che pensiamo non possa essere! Per noi è molto più facile buttare via che cambiare, perché questo richiede sforzo. Dio non butta via mai nessuno e ci aiuta ad aggiustare. È un tempo che ci invita a preparare e sentire la primavera, per uscire dall’incertezza, dall’abitudine, dalle risposte scontate, mediocri, dal rassegnarsi, dal non credere alla forza dell’amore. Dal lamentarci senza fare nulla. La Quaresima è fare spazio all’annuncio gioioso che il tempo è compiuto, che il futuro inizia, che tutto può cambiare, e nell’incertezza trovare quello che cerchiamo.

Gesù ci porta nel deserto. È un luogo severo perché vero. Immaginiamo, finalmente, un posto dove non ci sono connessioni, senza campo e che, quindi, ti costringe a rientrare in te stesso, ad essere te stesso, non scappando dalla debolezza. Fare i conti con quello che sei. A volte c’è un deserto durissimo, difficile, che è l’incontro con la personale debolezza. Come Gesù veniamo tentati proprio quando siamo più deboli, per farci cercare una forza che risolva i problemi e dia sicurezza. Le tentazioni vengono. Anche Gesù è tentato! Qualcuno scambia la tentazione per sconfitta, mentre è in realtà la condizione di debolezza di ogni uomo. Siamo vulnerabili e lo saremo. Dobbiamo scegliere qual è la nostra forza, se rivestirci di quella del confronto, del possesso, del dominare il prossimo o quella mite, resistente e umile dell’amore.

Gesù non ci rende invulnerabili, e Lui stesso non lo è. È pieno di amore, ma si deve confrontare con il male. Come noi. Ci insegna come sconfiggerlo. È sciocco pensare di poter evitare il male, credere di star bene senza combatterlo, in noi e nel mondo. Solo chi ama si accorge del male. Solo chi è amato lo può vincere. Con il male non c’è pareggio. Per questo il nostro cambiamento deve essere senza compromessi, perché o si vuole bene o si finisce complici del male. La tentazione più grande è vivere per se stessi, senz’amore! Il peccato è l‘orgoglio, sorgente di ogni male, da cui facciamo fatica a liberarci, perché ci comanda, si mimetizza, ci stordisce con tante ragioni, ci domina con l’impulso, ci rende arroganti, supponenti, distanti dagli altri. Il male ci vuole soli, ci rende ossessionati dal nostro benessere, fissati con il nostro corpo, sempre brutto o ridicolo se senza anima, anche se tanto curato. Bello e attraente, anche se pieno di rughe, se ha amato e se pieno di amore. Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo. L’alleanza è una persona, una presenza, non un fantasma, un ideale, un’entità vaga, ma un Tu, il tuo prossimo, il samaritano che ti protegge dal male insegnandoti ad amare e amandoti. Convertirsi, allora, non è una disciplina difficile che riduce la vita. Esattamente il contrario. È stabilire la relazione personale con Dio, quella che ti aiuta a essere prossimo e a scoprire il prossimo, che ci fa scoprire cosa rende bella la nostra vita, rendendo bella quella del prossimo. Gesù è l’alleanza nuova ed eterna. E facciamo nostro il suo invito, oggi, in questo tempo. Perché il tempo è compiuto. Non va tutto bene. Non abbiamo le soluzioni per ogni problema, la sicurezza che libera dalle domande. No. Abbiamo il suo amore per il quale crediamo che possiamo perdere tutto.

Cattedrale di San Pietro, Bologna
18/02/2024
condividi su