Omelia nella festa liturgica di S. Caterina da Bologna

Bologna, Santuario del Corpus Domini

Viviamo giorni difficili nei quali siamo chiamati a comprendere la pandemia non solo come un dato scientifico o sociologico, ma spirituale. E’ proprio questa lettura che serve per non vivere solo in maniera reattiva lo spazio di tempo così faticoso e tragico e per saperne trarre le lezioni che permettono sia di non farlo passare invano sia di affrontarlo con più consapevolezza e determinazione.

E’ necessaria una lettura spirituale della storia per comprenderne i problemi e scrutare in quello che viviamo i segni dei tempi. Possiamo così capire il collegamento tra l’io e il noi, tra la mia vicenda soggettiva e quella del mondo intorno. Siamo qui per chiedere aiuto a Santa Caterina, che ci dona le sue “armi” perché la persona spirituale combatte il male iniziando dalla sua anima per essere più forte nel combatterlo intorno a sé. Se diventiamo spirituali, cioè più umani perché pieni dello spirito di Dio sapremo combattere con determinazione questa e tutte le pandemie, non penseremo di essere spettatori, non penseremo di vivere sani in un mondo malato.

Papa Francesco si è recato pellegrino di pace in Iraq, alle radici della nostra fede e nell’inferno di quel Paese diventato tale con le responsabilità e le complicità di alcuni, con le omissioni di tanti e la sofferenza di un popolo intero vittima e di comunità di minoranza doppiamente perseguitate. Pensiamo ai cristiani, figli di chiese antichissime, che hanno resistito per secoli difendendo la loro fede in situazioni avverse e purtroppo molto ignorati dai loro confratelli dell’occidente.

Ad Ur ha chiesto di guardare le stelle e di camminare sulla terra. Senza le stelle ci si perde o si pensa che la nostra via finisca sulla terra. Solo guardando il cielo si può camminare sulla terra. Oggi ci aiuta la stella di Santa Caterina, luminosa anche perché fu specchio della luce di Dio fin nella sua vita tra gli uomini e con la sua santità continua ad illuminare il nostro buio.

Santa Caterina era tutt’altro che assente dalla città. Ne è la co-patrona proprio per questo rapporto singolare che ha saputo instaurare, una donna “fuori dallo spazio” eppure così presente nella vita delle persone. A lei ricorrevano e ricorriamo nella sofferenza. Ci presentiamo questa sera con il dolore della pandemia. Sono morte centomila persone.

Durante il periodo più difficile pronunciavamo tutti i giorni i nomi di coloro che il virus aveva ucciso nella nostra città. Li sentivamo e li sentiamo nostri cari. Oggi li affidiamo all’intercessione di Santa Caterina, chiedendo il balsamo della misericordia per chi ci ha lasciato, perché sia accolto nella casa del Padre e per chi è rimasto ed ha sperimentato la brutalità del male che ha strappato una persona cara.

Il male che Santa Caterina chiamava “la perfida carogna”, infido, traditore, che appare sconfitto e non lo è, che sembra innocuo quando spadroneggia anche grazie all’ignavia e all’ottusità colpevole e presuntuosa di quanti, siccome non sono stati colpiti, non ne sanno valutare la gravità.

Santa Caterina è figura della Chiesa. E’ in piedi, sembra aspettare proprio noi, attenta ad accogliere, pronta ad ascoltare. Per la Comunità cristiana ogni sofferenza, ogni vicenda umana è decisiva, potremmo dire unica, così come lo è per una madre attenta a ciascuno dei suoi figli. Santa Caterina ci insegna a combattere il male dentro e fuori di noi, a non arrenderci, a non sottostimarlo per poi, al contrario, finire per vederlo dappertutto.

Il male va combattuto e possiamo combatterlo. Non facciamoci ingannare dai suoi travestimenti e non cadiamo nella disperazione davanti alle sue manifestazioni. Come disse papa Benedetto “Santa Caterina ci aiuta ad affidarci sempre a Dio, alla sua provvidenza che tanta sicurezza offre a chi la riconosce nella sua vita. Come noi soffre la tentazione, soffre le tentazioni dell’incredulità, della sensualità, di un combattimento difficile, spirituale, e quindi anche fisico. Parla del male senza finti e ipocriti moralismi, senza scandalizzarsi per esserne vittime, ma anche senza compromessi, con tanta umanità”.

Santa Caterina relativizza il male, lo svela, ci aiuta a conoscerne i trucchi, gli inganni e a non sentirci perduti per subirlo. Le sue armi sono frutto di tanta sapienza umana e rende possibile a tutti combattere il male, che non è mai un destino e una condanna. Santa Caterina aiuta a capire la bellezza della vita, la musica di Dio, l’arte dello Spirito e per questo a non accettare il male che la rovina. Sì, il Male rovina la vita, sempre. “Si sente abbandonata da Dio, si trova nel buio della fede”, diceva di lei Papa Benedetto. Sono anche le nostre difficoltà, quando ci scontriamo con la tempesta, con i problemi veri, con le vie dolorose terribili di chi è colpito dal male.

Santa Caterina “in tutte queste situazioni tiene sempre la mano del Signore, non lo lascia, non lo abbandona. E camminando con la mano nella mano del Signore, va sulla via giusta e trova la via della luce”. La trova perché bisogna cercarla! La sua forza, la sua autorità era quella di servire gli altri, con tenerezza, non con la freddezza della specialista, ma come una madre amata da Dio e amante di Dio e delle persone. Serviva perché era piena dell’amore di Dio e vuota dell’amore per sé. Chi è pieno di sé rimane vuoto di amore! Si fida di Dio, della sua provvidenza, che non significa affatto fatalismo. Ce n’è molto di più nel “andrà tutto bene”! Si affida alla provvidenza e lotta contro il male, con rigore e sempre con gioia, quella delle laudi, accompagnata da tanta cultura e bellezza.

Suor Caterina negli anni vissuti a Bologna diventa punto di riferimento centrale e fondamentale per la vita della città, proprio perché parla con tutti. Difficilmente e con tanta sofferenza accoglie i visitatori alla grata ma nel pericolo si ricorre a lei, nella disperazione c’è la sua preghiera, nel dubbio c’è il suo consiglio.

Lo spirito del credente è un porto sicuro per chi deve affrontare tante tempeste. Questa è la Chiesa che amo e che dobbiamo amare. Il Vangelo apre al bello e ispira la mente. Come Maria si pone in ascolto. In realtà chi si mette ai piedi di Gesù accoglie il prossimo nel suo cuore e sa ascoltare il prossimo, proprio perché ha nel cuore l’amore del maestro.

La preghiera è fare due volte, non è non fare nulla come rimprovera Marta a Maria. La prima opera è la preghiera stessa e poi perché chi prega trasforma l’invocazione in amore per il prossimo. Senza questo la preghiera sarebbe sterile. E l’amore per il prossimo ci aiuta a pregare. Perché “di una sola cosa c’è bisogno”, e se abbiamo quella possiamo farle tutte!

E la preghiera è stare con Gesù in un dialogo di amore. Caterina sapeva ascoltare Dio e a lui parlava perché ne sentiva l’amore e rispondeva da innamorata. Anzi “vedeva Dio”. Aveva capito che Dio si è innamorato di lei e che lei può amarlo con lo stesso amore. La vita cristiana è corrispondenza di amore e il suo trasforma il nostro cuore! Al Signore affida tutta se stessa, liberamente, per amore.

Le armi che propone sono spirituali ma proprio per questo molto concrete, materiali. Questa sera ne ricordo due. La diffidenza di sé. Solitamente si è diffidenti verso lo sconosciuto, lo si può essere verso un amico, a volte anche verso lo sposo o la sposa, ma difficilmente si è diffidenti verso di sé. Anzi, ci si fida completamente del proprio istinto e di ciò che si presume di sapere.

La seconda arma è la diligenza. Si tratta di resistere alle continue sollecitazioni del male con vera diligenza, per non lasciare trascorrere il tempo a noi concesso, senza sfruttarlo a fin di bene. Il male confonde, fa credere di ottenere tutto con poco e poi ci si arrende al primo problema; semina confusione e fa spaventare dei sacrifici che dobbiamo compiere che sembrano troppo grandi.

“Quando il nostro avversario non può impedire alla serva di Cristo di praticare il bene, l’assale alle spalle come nemico traditore, cioè cerca di ingannarla, tentandola a fare il troppo sotto forma di bene, per ucciderla. Dunque, tutte le virtù spirituali e temporali vanno sempre usate con criterio, affinché vi siano possibilità di difesa e l’arma del vero e diligente discernere sia da noi esercitata, a nostra salute e lode di Cristo”.

Con le sue stesse parole invoco la sua intercessione per noi, per la comunità delle clarisse, per tutte le nostre comunità: “La pace di Cristo, dolce amore, sia sempre nei vostri cuori, amatissime madri e sorelle, e in quelli di tutto il popolo cristiano, per il quale e dal quale sempre sia benedetto e lodato il nostro vero e unico Dio, in perfetta Trinità e Verbo incarnato. Amen”.

09/03/2021
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