Omelia nella III domenica di Quaresima e in memoria di Tancredi

La Parola di Dio ci aiuta a liberarci dagli idoli che si impadroniscono dei nostri cuori e delle nostre menti e poi li comandano, dai quali dipendiamo, che amiamo ma non ci amano, che speriamo garantiscano benessere e successo, forza e vita, e che poi ci fanno appassionare a quello che non vale e non dura. È vero per tutti noi, oggi, l’ammonimento pieno di amore di Dio di non legare il nostro cuore a loro. Dio ci ama ma non ci possiede e non può accettare che siamo schiavi di chi porta via la vita. Dio non ci possiede ma non è indifferente: è geloso della nostra vita e allo stesso tempo rispetta pienamente la nostra libertà perché non si può amare se non si è liberi di farlo. Ci mette in guardia perché gli idoli fanno male a noi e Lui ci ama. Anche per questo indica il sabato come il giorno che ci fa ritrovare noi stessi, perché giorno di Dio, cioè di amore. E quanto ne abbiamo bisogno! Stare con il Signore, ascoltarlo, nutrirci della sua parola e del suo corpo, liberarci dal tanto furore delle cose che finiscono per valere più delle persone, che inaridiscono il cuore e ci rendono aggressivi e impauriti, aiuta a ritrovare il senso di tutto, l’essenziale, quello di cui abbiamo davvero bisogno.

Chi mette al centro Dio trova se stesso e trova il prossimo. Dio non è un idolo muto che deve confermare quello che pensiamo noi e che pensiamo vada bene perché ci rassicura, fornisce tranquillità, ci asseconda! Dio indica i modi concreti con cui conoscerlo e come vivere senza perdere la nostra umanità, perché la Parola serve a noi, non a Dio, e Dio ci aiuta a vivere perché ci insegna ad amare, il vero modo per amarci. È questa la forza di Dio, che ci libera dalla forza che costruisce le croci, che uccide il prossimo, che si vuole impadronire dell’altro e delle sue cose. La forza la troviamo nel vivere quelle dieci parole di tanto rispetto per noi stessi e per il prossimo, parole che ci legano gli uni agli altri perché legati a Dio. E l’ammonimento non uccidere è ancora decisivo e per noi non è solo togliere la vita ma usare parole e gesti di violenza, dire pazzo o angariare il prossimo, non esercitare misericordia o lanciare le pietre con giudizi e condanne. L’uomo non è se stesso se non ama. E amare significa sempre dono. Si prende donando, non rubando, possedendo, assecondando l’istinto che rende noi voraci e gli altri preda, oggetto, esperienza per la propria soddisfazione. Perché è il prossimo e non un oggetto.

Quando gli uomini assecondano gli idoli si rovinano il cuore, che diventa impietoso, incapace di confrontarsi con la fragilità propria e altrui, si riempie di paure, di fallimenti, di tante sofferenze. L’individuo, cioè quel mistero unico, irripetibile, delicatissimo che siamo ognuno di noi, è solo in relazione al prossimo che trova se stesso. Dio ci insegna a pensarci in relazione. L’idolo esalta e lascia soli. Dio ama e ci fa trovare chi siamo insegandoci ad amare il prossimo. È l’altruismo che ci fa trovare l’ego, l’io, non l’egoismo che ci fa trovare solo una caricatura pericolosa di quello che siamo, sempre bisognoso di affermazioni, confronti, concentrato sul godimento dell’attimo presente, bisognoso di verifiche continue, di considerazione, di conferme, perché semplicemente non ha quello che cerca: l’amore, gratuitamente ricevuto e gratuitamente dato. Dio non riesce ad amare i farisei non perché non voglia, li cerca e parla tanto con loro, ma perché essi non comprendono l’amore. Non è un mercato! Solo amore. Non c’è prezzo, non c’è convenienza. Il valore dell’altro e il mio valore non si piegano a quello che mi serve. Ecco perché Gesù ama senza contraccambio. Cosa succede quando invece è mercato, anche nella Chiesa?

“Fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio”. L’amore di Gesù non è tiepido, proprio per non lasciarci prigionieri delle nostre passioni, affinché non viviamo trascinati dal nostro istinto oppure da insulsi servi del banale vivere per se stessi. Se ascoltiamo la Parola di Dio e la prendiamo sul serio è davvero come una cordicella che sferza i pensieri di divisione, li allontana dalla nostra vita; che ci libera dall’intossicazione del pensare male, della diffidenza, quella per cui non crediamo più a niente. Gesù vuole che tutti possano trovare e vedere la sua presenza tra gli uomini nel suo tempio che è il suo corpo, di solo amore spezzato per tutti, la sua casa dove più grande è colui che serve, i suoi fratelli più piccoli, i poveri, sacramenti tutti del suo amore. Diventiamo anche noi “adoratori in Spirito e verità” di Dio, nella preghiera, nell’amore per Lui e per il prossimo, nell’abbandono fiducioso a Lui. È vedremo così la luce della vita che risorge.

Ricordiamo oggi alcune persone che la casa della terra ci fa ricordare accolti nella casa del cielo, legame fortissimo di amore, tanto che a distanza di anni portiamo i nomi nel nostro cuore. Nulla ci può separare. Il nome è davvero la storia della persona, della quale cerchiamo di conoscere i tratti, le pieghe nascoste, come solo un legame di amicizia può permettere. Pensiamo a Tancredi, originario di Argenta, in provincia di Ferrara, ma che ha sempre vissuto a Bologna perché lavorava come manutentore all’azienda Astaldi. Quando nel 2000 fu licenziato la sua vita precipitò. Persona umile, riservata, si avvicinava sempre in “punta di piedi” senza mai chiedere nulla ma sempre attento verso ognuno di noi. Lui ricordava tutti i nomi!  Morì a dicembre 2013 all’età di 69 anni, nella sua casa, solo. Il corpo fu ritrovato privo di vita dopo diversi giorni. Ricordiamo Antonio, Ryszard, il cui corpo è stato ritrovato davanti alla Chiesa di S. Maria Assunta di Borgo Panigale. Capiamo anche come l’amicizia con loro sia anche una lotta contro il tempo, così evidente per la loro fragilità. Non è poi, in realtà, vero per tutti?  Molti muoiono soli o in condizioni non degne e capiamo che non è la stessa cosa se troviamo delle soluzioni o ci rassegniamo o, peggio, lasciamo andare senza far nulla. Accompagnare è un diritto che va assicurato a tutti e farlo è un dovere che ci coinvolge tutti. Il Vangelo ci ha insegnato a prenderci cura dell’altro. Si muore lo stesso. Ma è molto diverso se qualcuno si prende cura. E spesso non si muore! E prendersi cura significa tante cose, spesso molto più semplici di quello che pensiamo, come è semplice e possibile a tutti il famoso bicchiere d’acqua che sarà ricordato. Sono le paure che ci fanno tenere a distanza il prossimo e a rendere difficile quello che è semplice. La casa di preghiera diventa una casa di amore, di cura

Quanto vogliamo che ogni comunità cristiana sia casa dove si ascolta e si vive l’amore di Dio, e dove questo diventa accoglienza, cura, amicizia verso tutti, particolarmente i poveri! Tancredi e i tanti nomi che ricordiamo sono anche i nostri. Quanto poco ci vuole per precipitare nell’alcool, nelle dipendenze, nell’abisso della solitudine, del non essere padroni di sé, per finire per strada! Ci vuole la dolce insistenza, il continuo “tornerò” del samaritano per aprire a nuove possibilità che iniziano sempre nel non fare mancare la cura. È l’indifferenza che ci deve far paura, perché è un inquinamento che colpisce tutti, non ci fa sentire la sofferenza dell’uomo mezzo morto, così da guardarlo da lontano e non precipitarci a far qualcosa per lui che ha già perso metà della vita e rischia di perderla tutta.

Ricordati di loro e di noi, Signore che ci ami di un amore infinito e rendi preziosa ogni persona, perché amata e degna, sempre, di amore.

Basilica dei Santi Bartolomeo e Gaetano - Bologna
03/03/2024
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