Omelia nella Messa dei Popoli e Solennità dell’Epifania del Signore

Che gioia questa sera! È proprio Betlemme, il mondo che si raduna intorno al Figlio. Siamo tutti migranti e non pensiamo di poter stare sempre qui. Oggi vediamo Pentecoste, perché parliamo l’unica lingua, quella dell’amore. Babele inizia quando ognuno parla per se stesso, si chiude all’altro, non pensa ci sia qualcosa che è necessario capire.

Abbiamo un enorme bisogno di luce perché siamo immersi nelle tenebre. È immenso e insopportabile il dolore nel cuore delle persone e nelle relazioni tra loro. Il dolore fa disperare e produce tanto odio e rabbia. Il mondo è ridotto ad ospedale da campo e noi siamo chiamati a curare, smettendo di ascoltare i presunti saggi che discettano senza provare compassione per la tragedia che investe milioni di persone. Senza compassione non ci accorgiamo di nulla e tutto sembra vada bene. Se guardiamo con compassione piangiamo vedendo la folla stanca e sfinita.  Quanta miseria umana! Quante fragilità non curate diventano solitudine, durezza, rivalsa, disperazione. Vediamo la terra – nostra, l’unica, interdipendente – ridotta ad un ospedale da campo dalla violenza e dalla guerra. Erode spegne i sentimenti umani, distrugge la vita e causa ferite profondissime. Non possiamo abituarci al fratello che alza le mani contro suo fratello perché accecato dall’istinto dell’odio, che è un istinto da non accarezzare mai ma da dominare per non finire dominati da questo. Si arriva addirittura a giustificare l’uccisione di chiunque o la tortura, pratica infame, terribile, umiliante, che calpesta i diritti fondamentali della persona. Guai a mettere in discussione i diritti o ad essere indifferenti se ciò avviene ad altri, perché poi colpisce tutti! Davanti alla forza del male, alla pandemia della guerra, ci prende lo sconforto per problemi così grandi e ci assale un senso di inutilità. Chi è stato travolto dalla violenza e dalla guerra, chi scappa da queste o dalle sue figlie che sono la povertà e la fame, porta con sé un dolore enorme, talmente grande da non poterlo e saperlo raccontare. Ma anche il desiderio di futuro, di luce, di speranza.

Ecco perché Dio si manifesta, si fa vedere, ci cerca, mostra la sua luce, rende chiara la sua presenza, ci fa sentire suoi, in un mondo così si fa raggiungere da tutti i cercatori di verità come i Magi, e questo permette di alzare gli occhi e dilatare il nostro povero cuore. Dio si mostra, ci cerca lui, non aspetta che facciamo noi il primo passo, non manda alcune verità da seguire. Dio nasce, diventa persona, Gesù, presenza, storia che si unisce alla nostra storia. E noi non rendiamo Gesù, persona, una regola, ma seguiamo con la nostra vita la sua vita, perché solo amandolo lo possiamo capire e solo seguendolo lo possiamo conoscere ed amare. Cristiano è chi ama, non chi aggiunge un aggettivo! Cristiano è chi ama Cristo come Lui ama. E se non ama come Lui ci chiede non è cristiano. Se Dio lo cerchiamo nelle cose grandi, nella soluzione di tutti problemi, nell’avere una vita tranquilla, rimaniamo delusi. Disprezziamo un re bambino e prendiamo sul serio il re grande, Erode, capace di irretirci con le sue ragioni, facendoci sentire importanti legandoci a sé, alla sua logica di potere, di convenienza. Erode intossica i cuori perché non è interessato al bambino ma a sé, al suo potere, e questo lo porta alla violenza che rende l’altro oggetto. Non possiamo mai abituarci a questo orrore, alle morti di civili, donne, bambini. Non sono mai numeri, contabilità, spettacolo da guardare con morbosa curiosità. Sono nostri fratelli e sorelle e la loro sofferenza è la nostra. Ecco perché abbiamo bisogno di questa luce. Dio si manifesta e si manifesta a tutti, non facendo distinzioni o con un linguaggio da iniziati. È possibile un mondo così? Le disuguaglianze non sono forse la conseguenza del nostro tradimento di Dio e quindi dell’uomo? La divisione tra i popoli e l’indifferenza tra noi è aumentata nonostante oggi siano aumentate la comunicazione e le informazioni, anche se è aumentata pure l’ignoranza: sappiamo tutto ma conosciamo di meno il prossimo, tanto da ridurlo a nemico. Sentiamo crescere di nuovo il seme dell’antisemitismo, con grande preoccupazione, così come quello dei vari razzismi. La vita dell’altro è importante di suo, non è definita da quello che è tanto da non avere significato, valore. Il pregiudizio pensa di capire le differenze ma queste non vanno ignorate perché si completano e siamo noi stessi solo se insieme, non da soli, perché l’altro è sempre un pezzo di me. Il pregiudizio è solo ignoranza e non ha niente di realismo! La verità è che siamo Magi in questa vita, mendicanti di speranza e di amore, e dobbiamo metterci in cammino, faticosamente lottare per la speranza e per vedere la risposta a quel desiderio che portiamo dentro di noi. Dio è venuto per tutti e guarda tutti come persone, per quello che sono, e ci insegna a guardare l’altro cercando in ognuno l’umanità. Dio toglie agli altri aggettivi e ci rende quello che siamo. Solo dopo possiamo rimettere tutti gli aggettivi, altrimenti guardiamo l’etichetta e non la persona! Dio non guarda all’apparenza ma al cuore perché nessuno di noi è l’apparenza. Spesso, purtroppo, noi facciamo il contrario e guardiamo solo quella, tanto che non pensiamo ci sia altro, o non sia importante, e che uno sia solo quello che appare.

La sua luce irradia sul volto di ognuno la luce del fratello. La sua luce, la luce del suo amore, l’abbiamo dentro di noi e apre i nostri occhi perché sappiamo vedere nell’altro non un estraneo da cui difendersi, da guardare con rabbia, verso cui esercitare violenza. È venuto per tutti. Significa che ognuno è importante e deve prendere il suo posto, ha il suo posto. Siamo suoi, portiamo la luce con la nostra luce. Siamo cristiani, comunichiamo la fede e difendiamo la vita sempre e per tutti, dall’inizio alla sua fine. Siamo noi la sua luce nel mondo. Non possiamo passare più da Erode, non vogliamo avere nessuna complicità con i suoi interessi da cui nascono l’odio e la violenza. Quel bambino ci aiuta a credere per davvero alla bontà, a vivere e comunicare l’amore che non finisce. Viviamolo! Erode vede Dio come un rivale, come se fosse Dio il limite, mentre Dio supera il limite che è quello della nostra umanità e debolezza. Quando viviamo per noi stessi, pensiamo di disporre dell’esistenza a nostro piacimento e così ci perdiamo. Dio non toglie nulla, regala tutto. Dio non limita l’io, anzi ci dona la possibilità di viverlo in pienezza perché si fa trovare e ci fa trovare il prossimo. Dio condivide tutto con noi perché anche noi condividiamo la nostra vita. Non servire, condividere. È molto di più.

Come fa quel bambino ad essere re, cioè il più importante di tutto e tutti, mentre noi ci vergogniamo di Lui e pensiamo che contino altre cose che ci danno sicurezza, le mode, l’assecondare la legge del pensare a sé? Gesù è re perché ama, perché è indifeso, gratuito, umile come può essere un bambino figlio di forestieri, nato per strada. Se amiamo la debolezza del prossimo, se abbiamo cura per i poveri, troviamo anche noi oggi gioia, luce più forte di ogni tenebra, e il male può spegnersi perché il vero potere di Gesù, ciò che cambia veramente la vita e la conserva, è solo l’amore.

Cattedrale di San Pietro - Bologna
06/01/2024
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