Omelia nella Messa per la Confraternita della Misericordia nella festa del Battesimo di Gesù

Eucarestia è sempre ringraziare. Lo facciamo poco, per cui non abbiamo nessuno da ringraziare, e così spesso restiamo fatalisti, con una forte propensione a recriminare, vittimisti come siamo, convinti che il Signore debba sbrigare Lui le pratiche. Il problema è che Dio la provvidenza la mette tutta, ma noi non la nostra, perché continuiamo a confidare solo sulle nostre forze, non considerando la Grazia, la forza del suo amore che veste i gigli del campo e che è sempre tanto più grande del nostro cuore. Ringraziamo per la sua Parola che parla alle nostre persone, sia singolarmente sia come comunità: voi la chiamate confraternita ma è amicizia perché siamo chiamati non solo ad organizzare servizi ma a vivere l’amore tra noi. E se lo viviamo i servizi saranno e avranno quel di più che solo la comunione può permettere.

Ringraziamo per il suo corpo che nutre e sazia gratuitamente, alleanza nuova ed eterna tra il cielo e la terra, ma anche tra me e Dio, tra me e me stesso, tra me e il mio prossimo. E questo corpo lo incontriamo nei suoi e nostri fratelli più piccoli, cui qualunque cosa facciamo la facciamo a Lui. E lo vogliamo trattare per strada, o ovunque, con la stessa venerazione con cui trattiamo il corpo di Cristo deposto sull’altare. Non è solo servizio, ma condivisione. Non è erogazione di risposte, pur necessarie, indispensabili, ma amore dalle viscere, compassione, che supera sempre tutti i limiti, che unisce la nostra vita facendoci riconoscere il nostro prossimo, aiutandoci ad andare oltre il limite del realismo. È amore e verità, che è una presenza viva, non una regola morta, perché Gesù è amore e l’amore motiva tutte le regole ed è il pieno compimento della legge.

Ecco perché siamo qui, ringraziando per tanta storia e per una presenza che non è mai solo del passato. Tante stelle che ci portano a Betlemme: Padre Marella, don Giuseppe Bedetti, fra Gabriele Digani, Monsignor Ernesto Vecchi, che pochi giorni fa ha festeggiato nella pienezza della luce del cielo il suo venire alla luce sulla terra. Ringrazio Francesco Gombi unitamente alla San Vincenzo tutta, in una casa storicamente importante, che ha visto anche l’accoglienza nel freddo, in unione profonda con la storia e il presente della nostra Chiesa di Bologna, della quale siete figli amati. I cieli si aprono e lo Spirito scende sull’amato. Scende su di noi che siamo generati da Gesù. La santità si mischia al nostro profano e la vita profana rivela la santità che è di Dio ma che è anche nostra. Ce lo ricordava Papa Benedetto XVI: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (DCE,1). L’avvenimento ci coinvolge attraverso delle persone e delle situazioni, dentro contesti ordinari che diventano, proprio per questo, pieni di vita, intesa nei due sensi: una vita bella, ricca, piena, e vita che è Cristo “via, verità e vita”. Le cose di sempre, la dimensione ordinaria, diventano straordinarie non perché fuori dal mondo o catturate da un vitalismo emotivo, ma solo perché piene di amore, locus dell’amore. Il pane dell’eucarestia diventa quello della moltiplicazione.

Il discepolo di Emmaus apre gli occhi nello spezzare il pane dell’amore. Lo possiamo comprendere solo nella gratuità, che è principalmente un atteggiamento interiore, quello che ricorda consapevolmente che abbiamo ricevuto tutto gratuitamente e che ci fa sposare con Madonna povertà, perché solo così diventiamo ricchi di tutto, capaci di rendere davvero ricchi gli altri. Gratuità è essere liberi dai confronti, dai meriti, dalle nostre classifiche su chi è il più grande, quelle che appassionano tanto i discepoli di Gesù che così non comprendono la scelta scandalosa del loro maestro di amare fino alla fine, senza fine, per superare la fine. Gratuitamente significa anche liberi da ogni protagonismo, che ci porta ad essere attenti al mio e non al suo e al nostro. Nel servizio c’è sempre il legame stretto con l’eucarestia, il dono di Gesù di tutto se stesso che ci invita a lavare i piedi dei fratelli. “La consueta contrapposizione di culto ed etica qui semplicemente cade. Nel «culto» stesso, nella comunione eucaristica è contenuto l’essere amati e l’amare a propria volta gli altri. Un’Eucaristia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata”.  Nel servizio aiutiamo Gesù a far trovare l’acqua che tanti cercano, e così siamo liberati noi e il prossimo dal folle perdere ricchezze per la vanagloria, per comprare e possedere quello che poi ci fa male, perché l’amore non è possesso ma solo dono.

Portiamo noi nel cuore i cieli aperti, anche quando tutto sembra chiuso e sentiamo il peso che ci schiaccia sulla terra. Invitiamo tanti a vedere il Signore anche attraverso come ci amiamo e come amiamo, perché tanti ritornino al Signore che avrà misericordia di noi e di loro, perché il nostro Dio largamente perdona, perché i suoi pensieri non sono i nostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Non riduciamo tutto a quello che vediamo e tocchiamo noi perché la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra.

Ogni volta che diciamo a Dio ‘Padre’, sperimentiamo il nostro Battesimo, l’essere anche noi figli amati nel Figlio amato. Nessuno può battezzare se stesso. Non ci si ama e non si ama mai da soli. E non siamo da soli, ma nella comunione della Chiesa, nell’amore che ci unisce ai fratelli battezzati, legame dato non dal sangue ma dallo Spirito e quindi superiore ad ogni legame etnico, civile, parentale. E non consideriamo troppo poco questo legame spirituale e anche molto materiale? Il mondo ha bisogno di cristiani, non di aggettivi da aggiungere con un contenuto che non ha niente a che vedere con la grandezza del vangelo. Ha bisogno di amore, di luce, di cura, di compassione, di persone che vivono questo amore perché il mondo è pieno di tenebre profonde, fitte, che avvolgono gli individui e li isolano. Cieli aperti e terra unita, ad iniziare da quel porto per naufraghi che ripara dalla tempesta della malattia e dell’abbandono. Grazie Dio e benedici.

Chiesa di San Donato
07/01/2024
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