Omelia della Vigilia dell’Assunta alla Madonna della Rocca (Cento)

Contempliamo questa sera, sotto questo magnifico cielo e in questa cattedrale che è la terra, il mistero dell’amore di Dio che Lei ha fatto nascere sulla terra e che Dio fa nascere al cielo. È nostra madre. Ce l’ha affidata Gesù. E noi siamo suoi. Noi la possiamo prendere come Giovanni nella nostra casa, cioè nella nostra vita. E lei è la nostra casa. Amiamo questa Madre che è la nostra Madre Chiesa, da onorare e rispettare sempre, da curare e difendere, da proteggere dai suoi tanti nemici, evidenti e invisibili, compresi quelli che dividono i suoi figli o che, pensando di difenderla, la umiliano. Il nostro peccato la limita, la rende poco attraente, ne fa perdere credibilità. E ce ne vergogniamo. Lei, però, non si vergogna di noi, perché conosce la nostra debolezza, non si scandalizza, e come una madre non smette di amarci e di chiederci di amarla amando suo Figlio che ci indicherà.

Nella Chiesa, cioè le nostre comunità – piccole o grandi, sperdute o al centro – contempliamo sempre l’Arca di Davide, Gesù, la presenza di Dio nella nostra miseria e umanità. La tenda è segnata dalla fragilità. Amiamo Maria, la comunità dei fratelli e delle sorelle, amandoli come sono e combattendo il male a partire dal nostro cuore. Essere personalmente santi, cioè pieni dell’amore di Dio, e rifletterlo con chiunque attorno a noi, è il modo con cui ognuno di noi aiuta la Chiesa. Lo ha detto con insistenza Papa Francesco a Lisbona, facendo sua la sofferenza di quanti sono nelle tenebre del male, nella notte terribile della guerra e quindi dell’umanità, nella prigione della solitudine. Ha detto ai giovani: «Brillate!». «Abbiamo bisogno di luce, di un lampo di luce che sia speranza per affrontare tante oscurità che ci assalgono nella vita, tante sconfitte quotidiane, per affrontarle con la luce della risurrezione di Gesù. “Il nostro Dio ha fatto brillare i nostri occhi”, dice il sacerdote Esdra (Esd 9,8). Il nostro Dio illumina».

La preghiera è mandare luce nell’oscurità della malattia, della violenza, della guerra. E se noi brilliamo di amore, anche i giovani brilleranno di amore. È vero: Dio è luce e vuole che siamo nella luce piena della sua casa. L’amore dona vita, consola, orienta, produce sempre un frutto grande anche se spesso ci sembra troppo poco. Non è mai poco! Manzoni scrisse con saggezza: «Si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio». Faccio mia la sua consapevolezza: «Fate del bene a quanti più potete; e vi seguirà tanto più spesso d’incontrar de’ visi che vi mettano allegria».

Un dottore mio amico, e che purtroppo ci ha lasciato molto giovane, diceva che voleva essere come una candela che si spegne consumandosi fino alla fine dando luce agli altri. La regalava anche nella sua sofferenza più grande perché non ha smesso di amare. Dio è la luce, e se siamo pieni del suo amore saremo nella luce e doneremo in ogni occasione luce. «Noi diventiamo luminosi, brilliamo quando, accogliendo Gesù, impariamo ad amare come Lui. Amare come Gesù: questo ci rende luminosi, questo ci porta a fare opere di amore». Ecco cosa significa essere santi. E anche questa casa sarà una casa di luce in tanta oscurità. Quando la notte è più scura le stelle si vedono di più. Non ci deve spaventare il buio ma la mancanza di luce. Dio ce l’ha accesa per tenerla in alto, brillando di amore a cominciare dal volto accogliente e benevolo, non scuro e spento come di chi guarda tutto con paura e cerca solo il negativo. C’è bisogno di Maria in un mondo dove è cresciuta tanta inimicizia, dove si coltiva la rabbia, dove si permette che la vita, dall’inizio alla sua fine, sia spenta perché si pensa priva di significato. È la vita priva di significato o siamo noi che non lo sappiamo vedere e amare?

C’è bisogno di Maria e della sua meravigliosa, umanissima, contraddittoria famiglia perché il nostro è un mondo che giudica secondo le apparenze, addirittura per il colore della pelle, che ha paura perché ama poco, ha tanto ma si sente debole perché possiede e non dona a chi viene dopo. Non si ama Dio senza amare la Chiesa che ce lo dona. Non si ama la Chiesa in astratto: si finisce per innamorarsi delle proprie idee senza amarne i figli suoi con la loro umanità. Anni fa qualcuno cantava: di che colore è la pelle di Dio? Credo che dobbiamo ripassare il testo se penso a quante porte vengono chiuse a persone che hanno solo il “problema” della pelle e che cercano qualcuno che gli dia fiducia e li adotti! Amiamo questa madre che ha tanti figli perché sente suoi i fratelli più piccoli di suo Figlio, quelli che bisogna difendere perché non sono aiutati. Come non pensare, ad esempio, ai carcerati e a quanta sofferenza disumanizza un luogo dove, al contrario, si dovrebbe ritrovare la propria umanità!

Sono andato a visitare Casa Santa Chiara a Sottocastello. Aldina ha vissuto il Vangelo diventando madre di tanti disabili e donando loro una casa, ad iniziare dalla sua cinquant’anni fa. Coinvolgendo tantissimi, ha costruito una meravigliosa casa. Aveva tre parole d’ordine. La prima: “Tutto è stato realizzato sempre da una comunità”. Quanto è vero! In un tempo di individualismo, dove conta solo l’io, dove, come diceva una grande mistica, “si brilla di sé ma non si illumina”, è solo la comunità che può costruire qualcosa davvero per tutti. La seconda parola d’ordine che aveva era: “Nessuno deve essere solo!” Questo ci ricorda che se qualcuno è solo significa che noi lo abbiamo lasciato solo! La solitudine avvelena di amarezza, uccide e toglie significato alla vita. La terza parola d’ordine di Aldina, quando si presentava qualcuno e la casa era già piena, era: “Fallo entrare e poi vediamo!”. E il posto alla fine lo ha trovato per tutti.

Ho citato Aldina perché ho sentito in lei anche la fede e l’amore di tanti cristiani, possibile a tutti, ai tanti che amano la Chiesa in maniera ordinaria, con tanto umile servizio e la rendono bella, la curano, la onorano, la difendono. Insomma, i santi della porta accanto. Ecco la Madre che vogliamo aiutare e che oggi contempliamo con gioia quando nasce al cielo, Lei che ha dato posto a Dio sulla terra. Ciò che succede ai nostri genitori ci fa capire quello che accadrà anche a noi. E Maria Assunta in cielo rassicura noi, che siamo figli suoi, che Gesù si ricorderà anche di noi. La sua festa è anche la nostra. Sapere che nostra Madre è assunta ci rende vicino il cielo e ci aiuta a vivere meglio sulla terra, ad essere luminosi e a costruire la sua casa, la chiesa di Gesù. Tutti possano trovare in noi un cuore luminoso perché pieno dei sentimenti di Maria.

Cento, parco del Santuario della Madonna della Rocca
14/08/2023
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