RINGRAZIAMENTO DI FINE ANNO
Basilica di S. Petronio 31-12-2004

1. Mai come in questa sera e in nessun luogo come in questo è evidente

la diversità con cui vive lo scorrere del tempo chi crede e chi non

crede. Non per caso la Scrittura pone sulle nostre labbra la seguente preghiera: “insegnaci

a contare i nostri anni e giungeremo alla sapienza del cuore”. C’è un

modo di contare gli anni che ci conduce alla sapienza del cuore; c’è un

modo di contare gli anni che ci porta alla stoltezza. Proviamo a delinearli

brevemente.

Partono ambedue dall’esperienza dello scorrere del tempo nello stesso

momento in cui lo viviamo come esperienza della nostra inconsistenza e della

nostra consegna all’attimo presente che ci sfugge: il tempo ci rivela

il limite costitutivo di ogni esistenza umana; ci rivela la nostra finitudine.

Il modo quindi con cui “contiamo i nostri anni” svela il modo profondo

con cui stiamo di fronte alla nostra esistenza.

Si aprono davanti a noi due possibilità: il tempo, lo scorrere degli

anni  è l’unica possibilità di vivere che abbiamo

a disposizione; oppure dentro allo scorrere degli anni l’uomo decide

il suo destino eterno. Siamo fatti solo per una esistenza temporale oppure

siamo ultimamente destinati ad una esistenza eterna? Noi, io e voi, possederemo

una vita eterna dopo la morte o cadremo nell’abisso del nulla perenne?

Ci sono due modi di contare i nostri anni a seconda della risposta che diamo

a questa domanda. “L’immortalità dell’anima è una

cosa che ci interessa così vivamente e ci riguarda così profondamente,

che bisogna proprio aver perduto ogni sensibilità per restare nell’indifferenza

di sapere che ne è” (B. Pascal, Pensieri 194). Quando

si contano i nostri anni rimanendo nell’indifferenza circa ciò che

sarà di noi dopo la morte, non giungeremo mai alla sapienza del cuore.

Quando contiamo i nostri anni consapevoli che il nostro destino è fuori

dal tempo, giungeremo alla sapienza del cuore. Quando si è nel dubbio, è dovere

cercare la verità al riguardo.

2.  Ma la Chiesa celebra in questi giorni un avvenimento che costituisce

una risposta imprevedibile alla nostra domanda sul senso dello scorrere del

tempo e degli anni: “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo

a noi”. Dio è venuto ad abitare dentro al tempo. Nello scorrere

del tempo e degli anni ci fu un istante nel quale l’Eternità entrò nel

tempo, ed il tempo si incontrò definitivamente coll’Eternità:

fu l’istante in cui “il Verbo si fece carne e venne ad abitare

in mezzo a noi”.

Il cristianesimo quindi è una novità assoluta, perché afferma

che Dio è apparso nel tempo nella persona di Cristo; e che l’uomo

si salva nell’eternità, ma mediante una scelta che egli deve fare

nel tempo fin quando è in vita. Al fatto che Dio colla sua Eternità si è misurato

col tempo deve corrispondere il fatto che l’uomo vivendo nel tempo si

misura coll’eternità. Questa decisione mediante la quale l’uomo

si misura coll’eternità è la fede in Cristo. La decisione

quindi di credere ha un’intensità infinita, perché è da

questa decisione che dipende il nostro destino eterno ed esso non è una

vaga idea, ma il definitivo incontro con Cristo  e l’ingresso nella

beatitudine stessa di Dio, quale accade al momento della nostra morte.

Il tempo non è più una mera successione di anni e di avvenimenti.

Esso è innanzi tutto la figura, la forma che assume la libertà umana

in rapporto al Verbo che si è fatto carne. è innanzi tutto una

questione di relazione, di rapporto con Cristo.

Esiste allora un modo cristiano di contare i  nostri anni; apprendendolo

noi giungeremo alla sapienza cristiana del cuore.

Il computo cristiano ci è insegnato da un testo paolino: “questo

voi farete, consapevoli del momento:; è ormai tempo di svegliarvi dal

sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando

diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino.

Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della

luce” (Rm 13, 11-12).

Il computo cristiano degli anni nasce da una consapevolezza: questo tempo

che viviamo è qualitativamente diverso dal tempo che precedeva Cristo.

Esso è il tempo della salvezza; è il tempo in cui dimora la grazia

redentiva di Cristo, perché in esso la Chiesa predica il Vangelo e celebra

i santi Sacramenti. “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno

della salvezza” (2 Cor 6,2b). Il modo cristiano di indicare gli anni è perciò quello

di qualificare ciascuno di essi come “Anno di grazia”. è il

tempo lasciato alla conversione, poiché “il Signore non ritarda

nell’adempire la sua promessa… ma usa pazienza verso di voi, non

volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi” (2

Pt 3,9). Esso è il tempo della pazienza di Dio.

“Consapevoli del momento”, i discepoli del Signore sanno che nel

tempo possono incontrare Cristo, poiché se Egli non fosse presente in

mezzo a noi oggi, non sarebbe stato neppure ieri: sarebbe cioè un morto,

non il Risorto. è per questo che ogni istante è l’ora di

svegliarsi dal sonno per usare bene del tempo che resta. Dentro allo scorrere

del tempo si compie il progetto di Dio; con pietre di questo mondo si costruisce

una dimora eterna.

 Ã¨ per questo che noi siamo qui, questa sera: per ringraziare

il Signore del tempo che ci dona, dei giorni della salvezza che ci regala perché possiamo

convertirci.

31/12/2004
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