1.«Ma l’angelo disse alle donne: non abbiate paura, voi. So che
cercate Gesù il Crocefisso. Non è qui. è risorto, come
aveva detto». Carissimi fratelli e sorelle, il fatto indicato da queste
semplici parole sta all’inizio di tutto il cristianesimo poiché esso
costituisce il contenuto centrale della fede cristiana.
Essa infatti è primariamente la pura e semplice certezza di un fatto
accaduto: Gesù il Crocefisso «non è qui», cioè non è finito
nella corruzione del sepolcro, poiché «Ã¨ risorto».
Ed a sottolineare che si tratta di una risurrezione vera e propria, in senso
fisico e non meramente spirituale o metaforico, Pietro ci ha appena detto: «abbiamo
mangiato e bevuto con Lui dopo la sua risurrezione dai morti».
Il contenuto della nostra fede non esige dall’uomo che vi si accosta
per la prima volta, di possedere una preparazione culturale ed una geniale
intelligenza, non trattandosi di una difficile dottrina filosofica o religiosa
da apprendere. Né esige una elevata vita morale, non trattandosi di
una proposta etica rigorosa. è la pura e semplice accoglienza di una
testimonianza che attesta un fatto accaduto: «e noi siamo testimoni» dice
ancora Pietro.
Perché allora, fin dalle prime testimonianza, quella di Pietro e dei
discepoli, l’uomo ha cercato di vanificare questo annuncio? Perché ha
cercato di ritenerlo una farneticazione di fanatici o una menzogna di ciarlatani?
Perché il governatore romano Festo disse a Paolo che gli testimoniava
il fatto della risurrezione: «Sei pazzo, Paolo: la troppa scienza ti
ha dato al cervello» [At 26,24]?
Perché abita nel cuore di ogni uomo la possibilità , la tentazione
della “disperazione per debolezza”. Che cosa è la disperazione,
carissimi fratelli e sorelle? è che non c’è domani che
non sia già prevedibile oggi; che non sia già nella serie indefinita
dei giorni della vita. Questa disperazione ha una sorella siamese se così posso
dire: la noia. E non per caso si dice: “annoiarsi a morte”, poiché l’impossibilità dell’imprevisto è già la
morte. Vita mortale si dice quando si parla della nostra vita, senza rendersi
conto quale contraddizione in termini è racchiusa in questa definizione
della nostra vita. Vita mortale è come dire circolo quadrato.
Questa disperazione non è segno né di malizia né di ostinazione
[anche se prima o poi prende queste figure], ma di una profonda debolezza:
non ci sono ragioni serie per ritenere che il domani non sia già prevedibile
oggi; per non ritenere stoltezza il pensare ad una vita umana non mortale:
ad una vita vitale. “Un imprevisto/è la sola speranza. Ma mi dicono/
ch’è stoltezza dirselo”, ha scritto un grande poeta del
secolo scorso.
Ebbene, la fede cristiana si presenta all’uomo precisamente come ragione
incontrovertibile di speranza, in quanto notifica un fatto che ha rotto la
serie prevedibile delle giornate, ha spezzato l’eterno e sempre uguale
susseguirsi di morte e vita, ha trasformato la vita umana da vita mortale in
vita vitale. Ragione incontrovertibile perché non consiste in un’argomentazione
alla quale si può contrapporre una contro-argomentazione. Essa consiste
in un fatto nei confronti del quale l’uomo può solo decidersi
se ritenerlo accaduto, accordando fiducia a chi lo testimonia, oppure non accaduto,
ritenendo le testimonianza non degne di fede.
L’apostolo Paolo ci dice tutto questa con mirabile semplicità : «togliete
via il lievito vecchio, per essere nuova pasta, poiché siete azzimi.
Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato».
2.«Cristo, nostra Pasqua»: vorrei che faceste molta attenzione
a queste parole dell’apostolo. Nostra Pasqua è Cristo: ciò che è accaduto
a Cristo, è nostro e ci appartiene.
Che cosa è accaduto a Cristo? In Lui la nostra natura umana,
tutto ciò che ci costituisce uomini, è stato radicalmente trasformato
poiché Egli Gesù, morto e sepolto, è risorto: colla sua
intera umanità è entrato in possesso della stesa vita incorruttibile
ed eterna che è propria di Dio stesso.
Ma Egli è la nostra Pasqua. Quanto è accaduto in Lui è destinato
ad accadere in ogni uomo. L’apostolo ci ha detto or ora questa certezza
in maniera suggestiva. La pasta di cui siamo fatti non è più quella
vecchia: siamo impastati di corruzione, di peccato, di noia e di egoismo e
quindi non possiamo alla fine andare oltre all’attesa di un sepolcro.
Ma se la Pasqua di Cristo diventa la nostra pasqua, diventiamo «pasta
nuova», che non può conoscere come suo destino ultimo la corruzione
del sepolcro. Il limite, anche quello estremo che è la morte, è stato
vinto da Cristo che ci dona di partecipare a questa vittoria.
Ad ogni uomo perciò, di qualunque popolo, razza, e nazione, la Chiesa oggi
dice che ha ragione di sperare, poiché non esiste nulla di più sicuro
al mondo di questo fatto: Egli è risorto, come aveva detto.
Ha ragione di sperare perché quando la Pasqua di Cristo diventa la
nostra Pasqua, siamo rinnovati alla radice stessa del nostro essere; nella
nostra libertà .
E così questa speranza, la speranza che fiorisce dal sepolcro del Risorto,
diventa nell’uomo che crede in Cristo fattore di creatività .
Nasce un nuovo modo di sposarsi e di vivere l’amore fra l’uomo
e la donna; l’uomo diventa consapevole della dignità del suo lavoro;
nuove e più consistenti relazioni con gli altri diventano possibili;
nella coscienza del singolo fiorisce il riconoscimento di un bene comune che
ci appartiene come popolo. La vittoria di Cristo risorto sulla morte è il
popolo cristiano. La fede nel Risorto genera un uomo nuovo e quindi un vera
cultura e vere comunità umane.
Poiché Cristo «morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha
ridato a noi la vita»: se uno è in Cristo risorto, è una
nuova creatura.