S. Messa quaresimale rivolta al personale della Curia di Bologna

Celebriamo questa Eucarestia nel pieno del Congresso. E’ occasione di trovare il tanto che ci unisce, grande rendimento di grazie che scioglie il nostro cuore, ci suggerisce le parole di gratitudine che spesso restano nascoste nel cuore e ci libera dalla tristezza dell’egocentrismo. L’Eucarestia ci unisce in una comunione che è la realtà più vera della nostra vita, tanto più grande della nostra miseria e del nostro peccato. E’ sempre un dono che vene però offerto a me, a noi, che genera vita nuova e ci viene affidato perché possiamo viverla ogni giorno, e trasformarla in comunione di amore tra i fratelli e verso tutti, specialmente i poveri.  L’Eucarestia ci libera dai tanti diaframmi, dalle pareti di separazione, sottili ma resistentissime che non ci fanno mettere in pratica il comandamento dell’amatevi gli uni gli altri. Eucarestia ci ricorda che viviamo solo per grazia, senza merito, tanto che chiediamo perdono al suo inizio tutti proprio per questo. Siamo una cosa solo e dobbiamo vivere l’unità e la pace, cioè pensarci, costruire fraternità perché altrimenti togliamo qualcosa agli altri.
La Curia è posta oggettivamente, sempre solo per grazia,al centro della Chiesa di Bologna e lo rappresenta. E’ il centro solo se serve, se mette al centro la comunione, se vive mettendo al centro i fratelli e tutte le comunità, anche le più piccole, le loro necessità, aspirazioni, difficoltà. E’ al centro se al centro c’è il Signore. La Chiesa è chiamata ad essere sempre una casa di comunione, cioè mettere da parte quello che divide per non restarne prigionieri e deve farlo subito, perché accettare quello che divide poi ci condiziona e diventa piccola resistenza, abitudine, difesa, mutismo o incapacità ad ascoltare, insomma resistenza che indebolisce tutto il sensibilissimo corpo della chiesa. Ritroviamo così, nell’Eucarestia Colui che è il centro di tutto, liberandoci dal banale egocentrismo che ci fa credere di potere disporre noi di quello che è solo dono della grazia. Quando dimentichiamo di essere servi, facilmente ci sentiamo padroni, come quei amministratori della vigna che fanno crescere nel loro cuore sentimenti di rivalsa, il credersi in diritto. Si può perdere il monito evangelico così valido per tutti per cui anche chi dice pazzo a suo fratello è un omicida e sarà sottoposto al sinedrio. Anche per questo sento la grazia dell’Eucarestia, che ci accoglie peccatori come siamo, senza le facili giustificazioni ipocrite al nostro peccato, per gustare assieme la misericordia di un Dio che ci chiama a discutere perché anche il nostro scarlatto diventi bianco. Siamo un servizio particolare, che sento, come tutti i servizi, un dono. Il dono lo perdiamo quando cerchiamo, in tanti modi la ricompensa, fosse solo la considerazione, il ruolo, l’atteggiamento esteriore come i farisei. Noi possiamo contemplare nel nostro lavoro, perché il servizio è anche lavoro, quello che tanti nostri confratelli e amici non possono vivere per la distanza e la frammentazione della grande vigna di Dio. Lavoriamo vicini, e dobbiamo esserlo. E il dono, come il talento regalatoci, viene tolto a chi non lo ha investito, diventa causa di beatitudine a chi non lo tiene per sé. Qui possiamo sperimentare, vedere, nell’accoglienza, nel dialogo, nell’ascolto il noi intero della nostra chiesa di Bologna. Anche per questo dobbiamo essere liberi da un soggettivismo pericoloso, così normale nella nostra generazione così individualista, ma che non è mai accettata da quel Signore per cui trovo me stesso quando mi perdo per l’altro. Grande è colui che serve, cioè si pensa per la comunione. Senza questa la fraternità diventa politica, dove tutto è interpretato, piena di precomprensioni, che rende l’esperienza giustificazione per non camminare insieme. Siamo chiamati ad essere una cosa sola e a servire questa unità, l’esatto contrario del soggettivismo che alla fine mette al centro il proprio io. E non dimentichiamo che il nemico ci indebolisce proprio con questa persuasione, facendoci smarrire il gusto dell’essere e pensarci insieme e sforzarci di esserlo e di tenere assieme un corpo oggettivamente pieno di diversità com’è la Chiesa. Abbiamo tanto bisogno della comunione, alla quale dobbiamo obbedienza,posti come siamo davanti alle sfide alla quale le nostre comunità e la Chiesa tutta è chiamata a misurarsi. Papa Francesco ci spinge alla conversione missionaria, senza filtri, comode sicurezze, perché ci apre la porta e ci investe con tutte le difficoltà della strada,degli imprevisti, delle domande vere cui dobbiamo trovare una risposta. Per noi servizio diventa accoglienza, gentilezza, disponibilità, garbo, competenza per trovare le risposte migliore e difendere questa madre che è sempre debole e vulnerabile anche se scioccamente possiamo crederla così forte tanto da non circondarla delle premure che le dobbiamo e di cui ha enorme bisogno. Questi sono atteggiamenti e sentimenti non facoltativi, non accessori ma costitutivi, per il quale cambiare anche il nostro carattere. Gentilezza,ovviamente, che è ben diversa da ipocrisia; garbo che non ha niente a che vedere con accondiscendenza o peggio complicità, disponibilità, che non significa affatto lasciare fare, ma custodire assieme l’unica madre che vogliamo servire e mai servircene. E questo è gioia.
Dice Papa Francesco nell’EG che il problema sono le attività vissute male, senza le motivazioni adeguate, senza una spiritualità che permei l’azione e la renda desiderabile. Da qui deriva che i doveri stanchino più di quanto sia ragionevole, e a volte facciano ammalare. Può diventare (95). Mondanità che si manifesta in molti atteggiamenti apparentemente opposti ma con la stessa pretesa di “dominare lo spazio della Chiesa”, come ad esempio nella vanagloria legata alla gestione di faccende pratiche, o in un’attrazione per le dinamiche di autostima e di realizzazione autoreferenziale, riducendo la chiesa a organizzazione. Oggi siamo aiutati a ritrovare assieme, tutti e ciascuno, a difendere l’unico giusto, il fratello dei sogni, quello della tunica, il servo sofferente davanti al quale ci si copre la faccia, colui che il peccato fa diventare insopportabile solo al vederlo perché la sua vita non è come quella degli altri e del tutto diverse sono le sue strade.Il peccato che lo mette alla prova con violenze e tormenti,per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione.
Conosciamo Gesù, esperienza sempre nuova, anzi che cresce con gli anni, si apre sempre davanti a noi, come avviene nel nostro seguirlo. Non basta sapere parlare di lui perché lo conosce davvero solo chi lo ama, tanto che i piccoli conoscono i misteri del regno! Mt 13,11mentre ai sapienti e agli intelligenti resta nascosto. Non ci chiama servi ma amici, perché possiamo conoscere tutto ciò che ha udito dal Padre (Gv 17,26). Aiutiamoci a conoscere singolarmente e assieme, ricordandoci come il tempo è superiore allo spazio, l’unità prevale sul conflitto, la realtà è più importante dell’idea, il tutto è superiore alla parte.
Donaci Te ed insegnaci a donare noi. Trasforma la folla nella tua famiglia saziata da te. Fa anche della nostra povera vita il tuo rendimento di grazie. Questa è davvero una Buona Pasqua! Amen

31/03/2017
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