Santa Messa e secondo momento del Cammino dei catecumeni adulti, che prevede la consegna del Simbolo

Oggi consegniamo il Credo ai nostri fratelli “eletti”, cioè chiamati dalla grazia del Signore ad essere cristiani. E’ l’elezione più bella! Vi doniamo oggi le verità che ci sono state fedelmente trasmesse e che costituiscono la luce per la nostra vita quotidiana. E’ il Credo, la Professione di Fede o Simbolo della fede. Contiene le verità che orientano la nostra vita concreta, diventano luce per i passi del nostro vivere, soprattutto nelle tante incertezze del nostro cammino, pieno di difficoltà a capire e orientarsi. Abramo credette in Dio, non perché aveva visto e capito tutto. Partì al buio. Il buio dell’ignoto è per lui illuminato dalla luce di una promessa nella quale credette “per fede”. Il credente “sa” che Dio lo ama e per questo lo ascolta e lo segue. Impara poco alla volta a capirlo ma si affida a Dio che gli promette: «Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome… e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,2.3). Quando affermiamo: “Io credo in Dio”, diciamo come Abramo: “Mi fido di Te; mi affido a Te, Signore”. Significa fondare su di Lui la mia vita, senza paura di perdere qualcosa di me stesso. Credere non è non avere dubbi, ma amare e capire anche quello che immediatamente non spiego. “Una cosa è recitare il Credo dal cuore e l’altra come pappagalli: credo in Dio, credo in Gesù Cristo, credo…”, diceva Papa Francesco. Nel Rito del Battesimo vi chiederò per tre volte: “Credete?” in Dio, in Gesù Cristo, nello Spirito Santo, la santa Chiesa Cattolica e le altre verità di fede. La risposta, però, è sempre al singolare: “Credo”, perché è come l’amore, mio e nostro, personale e comunitario. Chi crede in Dio è libero dalle tante false verità del mondo, dagli idoli che attraggono e confondono. Chi cede è libero dall’idolatria dell’io. Testimoniamo la nostra fede nella vita di tutti i giorni. Siamo figli della nostra verità, canta qualcuno. Solo che non la troviamo da soli la verità e abbiamo bisogno di Gesù, di stare con Lui, di fargli spazio nelle nostre giornate piene, è vero, del traffico di sguardi senza meta e di sorrisi spenti per la strada e poi illudendoci d’averla già capita. Siamo “chiamati ad una vocazione santa”. Tutti. Non per merito, ma per “grazia” cioè per gratuita liberalità di Dio, per amore senza altri fini, perché vuole averci con lui, perché così troviamo la nostra gioia. La nostra, la mia “vocazione” è proprio questa: non vivere per noi stessi ma per Lui e per il prossimo che lui ci insegna ad amare.
Gesù ci porta su un alto monte. Non ci ordina di andare noi: cammina insieme perché vuole che la vita risplenda, anche quando sembra proprio impossibile. E’ lo spiraglio di luce che ci fa sentire infinitamente amati da lui.  La Santa Liturgia della domenica è questo Monte. Ci prende in disparte e si rivela pienamente a noi. Se apriamo gli occhi qui vediamo il volto di Gesù che spesso perdiamo nella nostra vita ordinaria, che non sappiamo riconoscere, che sembra opaco. Qui vediamo quella luce di amore che è più forte del male. Qui sappiamo trovare la luce nascosta anche nel nostro cuore e che può rendere tutta la nostra vita luminosa ed attraente. “Il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come luce”. Il volto di Gesù è sempre lo stesso, eppure tutto in lui splendeva. E’ una luce che viene da dentro, che si comunica nella gioia, nei fratelli che stanno assieme, che lo unisce a Mosé ed Elia e coinvolge i discepoli. E’ luce che illumina i dubbi, che allontana abitudini tristi, modi sempre uguali, che rivela il senso profondo della nostra vita e ci rivela il segreto della vita, luce di amore e resurrezione. Pietro prende la parola ed esclama: “E’ bello per noi restare qui!”. E’ la bellezza di anziani e giovani, di sani e malati, di ricchi e poveri che stanno assieme; di estranei che diventano il “prossimo”, di uomini che passano dalla solitudine all’amicizia. E’ bella perché nessuno può impadronirsene ed è solo di Dio. L’amore si comunica e rende l’altro migliore. L’amore di Gesù ci aiuta ad amare gli altri. Pietro chiede di potere alzare tre tende. Non vuole perdere quell’amicizia. Vuole restare insieme, conservare quella presenza, rendere stabile quella visione.
Viene raggiunto da una voce: “Questi è il mio figlio prediletto nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo!”. Ascoltatelo. Lo dice anche a noi, uomini che amiamo parlare sopra gli altri, ascoltare distrattamente e solo quello che ci sembra interessante o nuovo, che pensiamo il Signore parli sempre ad altri; che vogliamo essere autonomi e non prendiamo sul serio niente per non “dipendere” da nessuno; che dimentichiamo subito o siamo più attenti ai dubbi od ai cattivi consigli del mondo. Il Padre si rivolge a noi che pensiamo di potere vivere senza una voce da prendere sul serio e ci ritroviamo confusi, pieni di tante voci. La Parola è luce dei nostri cuori, rende capaci di volere bene, diventa amore che trasfigura noi e gli altri. Portiamo questa luce nella vita di tutti i giorni, ascoltando e vivendo il Vangelo di Gesù. Cambieremo noi e cambierà il mondo!
Gesù dice ai suoi discepoli, che erano caduti a terra, schiacciati sulla loro povertà, sui limiti di sempre: “Alzatevi e non abbiate paura”. Quante paure di fronte all’amore: di non essere più noi stessi; di un amore troppo grande per uomini che vogliono restare piccoli; paura di prendersi responsabilità; paura di sbagliare; paura di essere troppo peccatori per una cosa così bella; paura di abbandonarsi; paura delle delusioni. Gesù vince la paura non con il coraggio, che dura poco e manca sempre, ma con l’amore. Lui “ha vinto la morte ed ha fatto risplendere la vita”, scrive l’Apostolo Paolo. Sì, ascoltandolo la vita rispende. Non è forse straordinariamente bello un anziano che è raggiunto dall’amore? Non diventiamo luminosi quando il Vangelo ci apre il cuore e ci aiuta ad andare incontro agli altri ed a perderci volendogli bene? Non siamo contenti quando vinciamo il male con il bene? La stessa luce si rivela quando gli occhi di un uomo solo si illuminano per una visita, quando un malato si sente protetto perché amato, quando l’orgoglio lascia spazio all’umiltà, quando un nemico è abbracciato o la vendetta è spenta dal perdono. Ecco, guardiamo bene: Gesù continua a trasfigurare la nostra povera vita e vediamo anche in essa qualcosa che non finisce. Quando non lo è la vita si rabbuia, diventa opaca, triste, come i sorrisi spenti. La Quaresima serve a fare risplendere la vita. Non risplende la vita nel nostro protagonismo, quando cerchiamo di imporci sugli altri, nei nostri successi. Risplende la vita quando rendiamo bella quella degli altri, quando la luce di amore la mettiamo in alto con le nostre opere buone e con un amore che non ha paura. Verso tutti, perché tutto è bello se è amato! Così sia.

12/03/2017
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