Santa Messa In Coena Domini

Oggi contempliamo la grandezza e la forza di Dio che si umilia, si fa servo, dono, offerta. Vuole che ci sentiamo amati fino alla fine, così anche noi non abbiamo più paura di amare. Siamo amati fino alla fine, perché non ci sia proprio dubbio. Capirlo, “sentirlo” ci libera da tanta amarezza e rancore sordo che si è deposto nel cuore, ci aiuta a cercare il meglio di noi stessi, ci fa scoprire che siamo bambini. Nutrendoci di Gesù impariamo la sua lingua di amore e capiamo che ci ama come un Padre, per come siamo, non perché autosufficienti e buoni. Gesù sa che ritornava a Dio e lascia tutto se stesso. Che senso ha conservarsi e possedere credendo di portare con noi quello che siamo e abbiamo? Gesù ci amò sino alla fine, fino al massimo possibile, non con una misura avara, fino a quando conviene o fin dove ne ha voglia lui ma fin dove serve all’amato. L’amore supera sempre il limite, come è sempre dell’amore. Gesù unisce la sua scelta di lavare i piedi alla cena di Pasqua. In realtà è un unico sacramento: l’eucarestia del servizio ai fratelli e l’eucarestia della sua presenza nel Corpo e Sangue. E’ la nuova ed eterna alleanza. Non possono essere disgiunti. “Vuoi onorare il corpo di Cristo? Ebbene, non tollerare che egli sia ignudo; dopo averlo ornato qui in chiesa con stoffe di seta, non permettere che fuori egli muoia di freddo per la nudità. Colui che ha detto questo è il mio corpo ha detto anche: «Mi avete visto soffrire la fame e non mi avete dato da mangiare» e quanto non avete fatto a uno dei più piccoli tra questi, neppure a me l’avete fatto. Il corpo di Cristo che sta sull’altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. Così anche voi onoratelo nella maniera che egli stesso ha comandato, impiegando cioè le vostre ricchezze a favore dei poveri. Dio non ha bisogno di vasi d’oro, ma di anime d’oro”. Può scandalizzare questa concretezza dell’amore di Gesù. Qualcuno può pensare sia profanazione, perché l’umanità mette paura con le sue contraddizioni, imperfezioni, fragilità. Gesù lo veneriamo nella sua concretezza e in un Corpo vero, l’uno e l’altro. Non si ama la presenza eucaristica senza avere la stessa cura verso il prossimo. “Capirai domani”, disse Gesù a Pietro. E’ sempre vero: quanto poco capiamo ancora! L’amore non si smette di conoscerlo e lo capiamo per davvero solo iniziandolo a vivere, vincendo la paura di aprire il nostro cuore e la paura di abbassarci. Lui, che è il maestro, ci dona l’esempio perché lo imitiamo e perché anche noi diamo testimonianza, lo facciamo non per farci vedere ma perché amiamo. Vogliamo che l’amore diventi concreto e possibile per gli altri come è stato per noi. Serviamo tutti i fratelli, particolarmente i poveri, chi ne ha più bisogno, chi è segnato dalla vita, chi ha camminato tanto come gli anziani, chi si spaventa delle prime ferite, chi non ha nessuno che lo curi, chi non lo sa più fare, chi non sa chiedere aiuto, chi si vergogna, chi è disprezzato. L’amore deve diventare gesto concreto, come il suo Corpo, altrimenti resta un sentimento che ci fa credere sensibili solo per averlo provato. Se non diventa vita non “serve”! Tutti abbiamo qualcosa da dare che può aiutare il fratello. E tutti sono degni di riceverlo. E’ per uno che soffre, anche se non so chi sia, come quello sconosciuto mezzo morto; è uno che ha fame, sete, che è in carcere, che è nudo, che è straniero, malato. Uno. Lui. Questo unico sacramento dell’Eucarestia, il suo Corpo e il servizio, ci aiuta a credere di nuovo nell’amore e ci fa capire cosa significa. Parliamo troppo sull’amore ma ci umiliamo poco nel viverlo, perché l’amore è farci nutrire da Lui e diventare nutrimento dell’altro, piegarsi sul prossimo, lavare il suo sporco. Non condizioniamo le nostre scelte di amore alla verifica se gli altri ci vogliono bene o ci danno sufficienti garanzie! La reciprocità non conta per il Signore! Vuole bene anche a Giuda! Quanto è vero che una delle malattie peggiori del nostro tempo è la diffidenza nella natura umana e nell’amore, che ci fa credere che le virtù non hanno senso e ci fa trovare la pagliuzza negli occhi di chiunque. Finiamo per vedere solo guai e rovine e quindi per giustificare la chiusura del cuore. Gesù, al contrario, crede talmente nell’amore, lui che è solo amore, da donare tutto se stesso: il suo corpo e il suo servizio fino alla fine. Ci aiuta a dare e a non aspettare sempre come chi pensa prima di dovere ricevere. Ci insegna a chiederci cosa serve al fratello e non cosa serve a me, cosa posso fare per aiutarlo e non cosa deve fare lui per me e a farlo anche quando non mi chiede nulla, solo perché ha fame di amore, ha camminato ed è stanco. Diceva oggi uno dei preti più giovani della diocesi: “Gesù ama tutti tranne uno! Se stesso!”. Non possiamo mai essere insensibili alla sofferenza dell’uomo e al suo bisogno. Gesù che dona il suo corpo e che lava i piedi abbatte tutti i muri invisibili di divisione, di ruoli, di giudizi, di distanza. L’Eucarestia ci fa comprendere che siamo suoi e fonda la fraternità tra i discepoli, commensali e nutriti tutti dallo stesso pane di amore, tutti servitori di tutti e che si amano tra loro proprio per poterlo fare a tutti. La Comunità non diventa mai un club o un gruppo che si esaurisce nell’aiuto tra i membri. Non pensiamo che lavare i piedi sia troppo umile ed insignificante per persone che si credono grandi e troppo impegnativo per uomini che fuggono qualsiasi responsabilità, che amano essere serviti ma non servire. Chiniamoci come fece Santa Clelia che cercò dodici ragazze delle Budrie e il giovedì santo del 1869, proprio 150 anni or sono, imitò Gesù e lavò loro i piedi, segno di amicizia tra loro. Si saranno stupite! Ma anche loro capirono dopo la grandezza di quel gesto. Piegarsi sugli altri è amare Gesù imitandolo, per non ripiegarsi su di sé o restare dritti nell’orgoglio; è farsi prossimo per scoprire il proprio prossimo. Questa sera, intorno all’altare e all’altro altare del nostro servizio, non ci sono i nostri e gli altri. Iniziamo ad aiutare e scopriremo dopo che sono tutti nostri, che è il nostro prossimo. Non è il problema di chi servo prima, ma di mettere prima il servizio, perché viene sempre prima chi ha bisogno. E lo facciamo come Gesù, con tutta l’anima e la mente, con intelligenza, con fedeltà, con fermezza. Solo questo vince per davvero la paura, perché mi fa incontrare il fratello, me lo rende fratello, addomestica lui e me nel senso vero della parola, cioè me lo rende familiare, della stessa tavola. Gesù ci invita a pensarci servi perché la nostra vita serva e perché l’amore vero è servizio. Il nostro ruolo, quello che in tanti modi cerchiamo e ci affanna, è questo: dono, servo. Se lo fa per primo Colui che è il maestro siamo liberati dalle giustificazioni che ci fanno credere in diritto di conservarci e di non servire. E poi in realtà quando facciamo qualcosa come dono e servizio, quindi gratuitamente, senza cercare nessuna ricompensa, fosse solo la riconoscenza, sappiamo gioire di tutto e tutto diventa importante, anche il gesto più umile. Al contrario quando pieghiamo tutto a noi e cerchiamo la ricompensa, pensando così di nutrire noi stessi, ecco che non siamo mai contenti, attaccati alla considerazione ed al ruolo. Come facciamo a non corrispondere ad un amore così grande, a restare tiepidi, ad essere possessivi anche dopo esserci nutriti di un amore che ci rende fratelli e figli? L’Eucaristia è il cuore della Chiesa, la realtà che anticipa il nostro futuro. E’ un cibo che nutre la nostra anima, invisibile eppure così importante e decisiva perché un mondo senza anima si perde ed un uomo senza anima diventa un oggetto, spesso impietoso verso il prossimo! Gesù sa che senza amore non c’è vita e che la vita solo amando è bella, piena di problemi ma felice perché piena dell’amore che non finisce. Per questo dona se stesso e ci insegna a donare e servire.
“Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto è divenuta una cosa sola, così si raccolga la tua Chiesa dai confini della terra nel tuo regno”. “Se condividiamo il pane del cielo, come non condivideremo il pane della terra?”. Grazie Signore. Donaci di seguirti nella tua passione di amore, amando fino alla fine, con tutto noi stessi, per risorgere con te all’amore che non finisce.

18/04/2019
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