Solennità della Beata Vergine di San Luca

Anche questo anno, come Davide e i figli dei leviti, ci uniamo a tutta Bologna davanti a questa arca della nuova ed eterna alleanza che l’Immagine della Vergine di San Luca ci aiuta a contemplare e venerare. Lo facciamo con tutti gli strumenti del nostro cuore, per”levare la nostra voce, facendo udire i suoni di gioia”. Portiamo con gioia tutta Bologna, i figli di questa Chiesa che accoglie con amore tutti, che guarda con simpatia tutto ciò che è umano, perché essa è madre e contiene la nuova ed eterna alleanza per quella moltitudine che solo l’amore grande del Signore conosce ma che noi dobbiamo raggiungere e amare. Quanta emozione in questi giorni! Quante lacrime hanno accompagnato la pietà dei nostri cristiani e hanno aiutato anche noi a vedere meglio, a comprendere il bisogno profondo di misericordia, di amicizia sociale, a riconoscere la domanda di amore che la disillusione, la praticoneria, la rassegnazione spesso non ci permettono di comprendere. Quanta attesa di vicinanza, di carezze, di speranza!
La devozione che Maria suscita in tanti anche abitualmente lontani, ci spinge a seguire anche noi la giovane donna di Nazareth che va con fiducia verso l’umanità così come è, convinta che tutti possono comprendere ed essere raggiunti da un sentimento di amore. Aiutiamo questa madre con la nostra rinnovata prossimità alle persone, per generare le cose grandi di Dio oggi.
Questo anno della misericordia ci aiuta a comprendere di nuovo e più profondamente la nostra Vergine che porta proprio il titolo dell’evangelista della misericordia. Ella ci chiede di essere Chiesa madre di misericordia. Il senso stesso della madre sono i figli. La madre è definita dai figli, altrimenti non sarebbe madre. Se la Chiesa non è madre, non ha futuro, perché senza figli diventa sterile, si chiude, si deforma, si ammala. L’amore verso i suoi figli più piccoli qualificano la madre perché si capisce se è davvero madre da come protegge i più deboli e da come chiede agli altri figli di fare altrettanto, come quando si ha un figlio malato. La nostra non sarà mai, come diceva Madelein Delbrel, una “misericordia al ribasso”, “del giusto mezzo, da burocrati”, insomma che si accontenta di quello che si può fare. La misericordia anticipa il futuro e crea quello che ancora non c’é. Ha sempre degli umili inizi. E questo non ci deve spaventare. Non arriva subito; non dobbiamo avere tutte le risposte, ma solo la ferma convinzione che “nulla è impossibile a Dio” e che nulla è impossibile a chi crede. Quanta sofferenza chiede la vicinanza della madre, che non aspetta altro di potere manifestare la sua vicinanza e che non può accettare di perdere uno solo dei suoi figli! Per questo la Chiesa non aspetta certo articoli sui giornali, non si lascia irretire da nessuno, non si compiace di quello che fa, perché sa quello di cui c’è bisogno e perché ha solo gli interessi di una madre, non è una maestra o un’organizzatrice. Non fa aspettare a lungo, ha sempre fretta la madre, perché sa che farlo ha un prezzo umano enorme, significa lacrime, smarrimento nella solitudine, angoscia, indurimento del cuore, disillusione. Questa madre non accetterà mai la pervasiva logica del mondo, quella del “salva te stesso”, cioè la ricerca della personale convenienza, dell’interesse, come una misura calcolata, limitata, perché lei cercherà la salvezza peri figli, sempre. E continuerà solo a dire: “fate quello che vi dirà”.
Ci fa tanto bene stringerci a lei anche a noi, diaconi, sacerdoti e vescovi, diversi per età, sensibilità, storia, – perché siamo diversi – eppure tutti figli di questa unica madre. Comprendiamo meglio il tanto che ci unisce, che è sempre nostro, anche oltre il personale peccato, direi nonostante il nostro peccato. Siamo tutti uomini maturi, eppure proprio come quando i fratelli si riuniscono attorno alla madre ci scopriamo come siamo per davvero, bambini, senza bisogno di difese, di ruoli, per quello che ci definisce più di qualsiasi altra cosa e che imparano sempre meglio che la volontà della madre è che i suoi figli si pensino assieme. Questo amore tra fratelli intorno alla nostra madre non potrà mai diventare un condominio. Questa madre ci chiede con dolcezza, in modo personale perché solo io posso rispondere, di avere cura di questa comunione, di uscire da rifugi personali dove a volte ci isoliamo, di liberarci dalla sottile tentazione di essere autosufficienti, di non preoccuparci del ruolo e della considerazione ma solo di questa casa. Maria, madre della comunione, corre incontro a Elisabetta, ci aiuta a cercare sempre la comunione con lei e con i suoi figli; a farlo anche quando ci sembra tradire le nostre ragioni, perché solo così possiamo essere credibili, perché l’unica ragione è quella di gareggiare nello stimarci a vicenda, perché la comunione non è solo un fine è anche un metodo e solo la comunione ci protegge dal sottile individualismo, ci rende forti, permette di costruire la chiesa. E la comunione cresce se la curiamo, con attenzione, sensibilità, insistenza, superando sempre le misure ridotte della giustizia dei farisei, evitando di ridurre la fraternità a relazioni sociali, il dialogo a schieramento, l’attenzione al fratello alle chiacchiere. Quanta comunione ho trovato nella chiesa di Bologna e di questo ringrazio di cuore il Signore. Ci aiutano, nella comunione dei santi, anche i tanti testimoni di cui la Chiesa di Bologna è così ricca. In questo anno, tra gli altri, vorrei ricordassimo tutti quattro fratelli di cui cade un anniversario, tutti, in maniera diversa,così importanti e che vorrei onorassimo come stelle che ci aiutano nella fede perché brillano nel cielo, con luci certo diverse, ma tutte riflesso dell’unico amore di Dio. Marco Aldovrandi, e con lui i preti che ci hanno lasciato ancora giovani,mancanza che tanto ci addolora e che ci spinge a donare con maturità l’amore che il male ha tolto. Il Cardinale Biffi, pastore attento che con spirito acuto ha guidato la Chiesa di Bologna; don Giuseppe Dossetti, che ha aiutato tanti a masticare la Parola di Dio, il Cardinale Giacomo Lercaro, testimone della stagione del Concilio e che ha lasciato il sogno di una Chiesa vicina all’uomo e raccolta nella celebrazione eucaristica.  
Maria ci ricorda come la storia d’amore tra Dio e l’uomo inizia in una comunione di volontà, quando la sua e la nostra, quella personale e quella della chiesa, coincidono. La volontà di Dio non è lontana o estranea, una regola imposta da applicare, ma sempre più la mia e nostra volontà. Questa è la gioia che Maria comunica a Elisabetta, stupore per l’umiltà innalzata. Affrettiamo i nostri passi verso i tanti figli che attendono e che possiamo scoprire, con la semplicità che libera da inutili complicazioni e orgogli e ci aiuta a trovare l’essenziale; con tanta e intelligente umanità, perché la misericordia aiuta certo a capire le necessità ma anche a comunicare i nostri sentimenti. Affrettiamo i nostri passi con un’accoglienza sensibile e piena di “simpatia” per svelare la presenza di Dio nascosta nel mondo, compiendo sempre noi il primo passo, perché questa madre raccolga tanti, riavvicini i lontani, appassioni in questa compagnia di fede che è la Chiesa, avventura sempre nuova di essere cristiani.
Madre della speranza, come ogni madre tu sei attenta che ai tuoi figli non manchi nulla perché doni tutta te stessa per loro. Tu vuoi che la gioia non finisca e ti accorgi delle necessità perché ami. Continua a intercedere perché l’acqua sia trasformata nel vino buono del suo amore e perché il Padre e il Figlio riversino su di noi, come in una nuova effusione, lo Spirito Santo, perché la tua Chiesa con entusiasmo comunichi a tutti il vangelo della gioia. Amen

05/05/2016
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