Solennità dell’Assunta a Villa Revedin

Abbiamo tutti tanto bisogno di alzare gli occhi al cielo per camminare sulla terra. Per orientarsi sulla terra bisogna sempre riferirsi all’alto! In effetti gli uomini vivono bene sulla terra proprio quando trovano il cielo, si lasciano guidare perché la vita esprime e chiede sempre qualcosa di più grande, “bello”, definitivo.

Per camminare dobbiamo scrutare la vertiginosa grandezza del cielo, perché il cielo ci ricorda il limite evidente della nostra vita, limite che a volte ci schiaccia, e ci sentiamo da esso umiliati. Però il cielo contiene anche il futuro, il mondo oltre il limite del nostro mondo che è la morte, frontiera con cui ci misuriamo continuamente.

Quanto è vero che più cancelliamo la morte – con i suoi tanti e inquietanti semi e con i suoi riflessi quotidiani come il dolore o la solitudine – più questa ci rincorre, ci riempie di paure, provoca un’ansia profonda che toglie il respiro come quando avvertiamo la nostra fragilità o l’incertezza e la vanità del nostro cammino.

Non basta riempire il nostro tempo di cose da fare, i nostri occhi con le infinite immagini di una navigazione perenne, il cuore di contatti virtuali. Quello di cui abbiamo bisogno è la risposta alla domanda sul senso della vita, a quel pezzo di cielo che abbiamo dentro che è il desiderio di amore vero, pieno, senza fine.

È una dimensione spirituale e interiore, ma non per questo meno concreta, fisica, corporale, che coinvolge tutto noi stessi, anima e corpo. La risposta è solo l’amore, perché questo realizza la vita e la comunica. Perciò Dio ha scelto di condividere la nostra condizione umana proprio perché vuole che diventi piena. È la nostra fede: quell’uomo che si chiama Gesù, figlio di Maria, proprio Lui è il figlio di Dio che si è manifestato per aprire agli uomini del mondo la via del cielo.

Dio conosce e ama la nostra debolezza, ci insegna a condividere il pane perché solo così ce ne sarà per tutti sulla terra, ma allo stesso tempo ci ricorda che non di solo pane vive l’uomo. Il pane materiale non sfama l’anima. Maria, che Dio lo ha generato uomo alla vita del mondo, è la prima a nascere alla vita del cielo, uscendo – dolorosamente come è sempre la morte – dal grembo di questo mondo, per entrare nella pienezza della vita, portata in cielo con il suo corpo.

È la prima con il suo corpo. Gesù lo aveva detto che andava a preparare un posto nella casa del Padre per poi tornare e prenderci con Lui, perché la via della vita non finisca nel nulla o non si chiuda su se stessa, come un cerchio che si completa ma anche finisce in sé.

Dante per spiegare questo scrive che la nostra vita si «inciela», che la nostra mente si «imparadisa», cioè diviene capace di vedere le cose celesti, di cercare il cielo e raggiungerlo. Siamo fatti così tanto per il cielo che stiamo bene sulla terra quando viviamo come il Signore ci indica: amando come Lui ci chiede e lasciandoci amare da Lui. Per questo i piccoli, gli umili come Maria, e non i dotti e gli intelligenti, comprendono il segreto del regno! Maria resta umile perché al centro della sua vita c’è Gesù, ama solo Lui, tutta la sua vita è per Lui.

È leggera, perché non è piena di sé, dei confronti, dei giudizi, della considerazione che rende tutto pesante e complicato. Maria ci aiuta a “incielarci” perché la vita sulla terra sia piena e perché vediamo fin da adesso la speranza che non finisca nel buio del sepolcro.

Celebriamo questa festa in tempi ancora così pesanti, difficili, umilianti che ci vedono schiacciati sulla terra e sembra inutile preoccuparci del cielo. E quanto è facile, pericoloso e stolto montare di orgoglio! Ma sono anche tempi in cui tutti ci siamo riproposti la domanda del nostro futuro, del senso, della vita oltre il suo limite.

Non cerchiamo una vita da benessere pornografico come quello proposto dal mondo! Gesù non assicura una vita senza dolore, dove il male è sconfitto senza di noi e ad ognuno è assicurato il diritto alla sua felicità individuale. Gesù assicura l’amore e ci indica servire con amore il prossimo come unica via per vivere bene. Non c’è gioia senz’amore. Non c’è vita, senz’amore.

La nostra gioia è quella di Maria che impara da suo figlio. Solo l’amore fa affrontare la croce e solo l’amore la vince, tanto che anche Gesù la vince amando fino alla fine e affidandosi all’amore del Padre. Non c’è gioia senza restare sotto la croce. Nascondendo il dolore, che tanta parte ha nella nostra condizione umana, riveliamo solo un’idea di benessere che rende la sofferenza addirittura una colpa da nascondere, di cui vergognarsi e non una sfida che ci deve rendere più vicini, solidali, attenti, consapevoli.

Chi scappa dalla croce fa sentire chi è sulla croce doppiamente sconfitto. In questi mesi abbiamo sperimentato tanta sofferenza, che ci ha reso fragili, a volte rabbiosi, altre isolati. Aiutiamo questa madre a non lasciare solo nessuno nella sofferenza.

E la festa di oggi, Maria Assunta in cielo, ci ricorda che la vita eterna non è post-umana, ma la pienezza dell’umano. Il nostro corpo verrà trasformato, non sostituito o perduto. «La festa sta per cominciare» cantava un prete morto giovane di Covid, «la festa della fine del male sulla riva del mare di Dio».

Insomma, il più bello deve venire. Dio ama e salva l’uomo intero, cioè anima e corpo. Servire Dio soltanto con il corpo ci riduce a schiavi, a forza lavoro; servirlo soltanto con l’anima renderebbe vana la nostra condizione umana, così fisica. Nelle raffigurazioni bizantine, Maria che muore non è da sola, ma circondata da tutti i discepoli e apostoli. La tradizione vuole che intorno a Maria miracolosamente furono portati gli apostoli.

Hanno bisogno della madre e Lei dei suoi figli, quelli che Gesù Le ha affidato. Penso alla disumana solitudine che ha circondato e circonda la morte di tante persone. Quanta amara sofferenza! Nell’amore, anche quando non ci sono fisicamente, questi legami si sentono, rassicurano, ma anche cercheranno di fare tutto il possibile perché siano concreti, fisici, coinvolgano tutta la nostra e loro vita. Proprio come Maria, perché alla fine della sua vita con il suo corpo viene dolcemente presa in braccio da Gesù che la «inciela», la conduce nella sua casa, perché siamo fatti per il cielo, per quell’«amor che move il sole e l’altre stelle».

Bologna, Villa Revedin
15/08/2021
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