Solennità di santa Caterina de’ Vigri

La Quaresima ci aiuta a riscoprire, nell’incertezza della nostra vita e nella paura che la imprigiona e che la rende sterile, l’amore di Dio. La Pasqua è la scoperta del Cantico dei Cantici, che forte come la morte è l’amore, anzi più forte perché l’amore ha sconfitto la morte e tutto quello che la precede o ne è complice. La Quaresima ci permette di rientrare in noi stessi, per ritrovare la casa, chi siamo per davvero, per liberarci dalle dipendenze e dalle idolatrie che ci hanno dissipato, per ritrovare la speranza della primavera. Sì, l’amore è più forte della disillusione, anche se questa ci vuole persuadere che tutto è vano. Marta vive la tentazione dello spazio: è condizionati da questo perché non crede nel tempo. Non vuole perdere tempo con Gesù e perde la parte migliore, finendo vittima del presente e dello spazio. In Quaresima vogliamo combattere il male che semina la zizzania perché vuole che gli uomini non si amino, non si aiutino, non si riconoscano fratelli. Il male rende l’amicizia come un labirinto, tanto che non sappiamo aiutare come potremmo o finiamo per credere sia troppo difficile farlo. Perché le “grandi acque vogliono spegnere l’amore”. Noi siamo in realtà sempre dei vasi di creta. Il problema non è diventare di bronzo, come spesso ci affanniamo, ma creta come siamo essere sempre pieni del tesoro e non disperderlo! Anzi, la grandezza è proprio che il tesoro più grande, la straordinaria potenza sia contenuta dalla nostra fragilità. Per questo nella tribolazione non siamo schiacciati, nei tanti sconvolgimenti non vince la disperazione. Questa è la forza dei martiri, come il prossimo Mons. Oscar Arnulfo Romero e di quanti nella persecuzione, e quanto è diffusa, non sono abbandonati. Se siamo suoi tutto infatti è per voi proprio perché è per la gloria di Dio. La Quaresima è aprire gli occhi per fissare lo sguardo sulle cose invisibili, quelle eterne. Vuol dire aprire gli occhi sulla vita, vedere le messi che biondeggiano anche quando mancano quattro mesi alla mietitura; sentire l’attrazione per mietere quello che altri hanno seminato, non accontentarsi delle apparenze.
Per avere lo sguardo sulle cose invisibili dobbiamo, come Maria metterci ai piedi di Gesù. Ecco cosa ci insegna Santa Caterina: essere di Gesù, ascoltarlo, per non essere dei servi ma degli amici. Marta, infatti, alla fine si ritrova serva, non sorella, preferisce gli affanni all’ascolto, si riempie di agitazioni ma si vuota il cuore, perde la parte migliore perché pensava di trovarla da sola, seguendo quello che Papa Francesco chiamerebbe pelagianesimo. La parte migliore è seguire Gesù e stare con lui, cioè concretamente aprire la sua Parola e farla nostra, aprire lei e aprire il nostro cuore perché diventi la terra buona dove possa dare frutto. Il nemico ci fa conservare e quindi perdere la nostra vita, togliendola agli altri. La settima arma, per vincere i nostri nemici, è la memoria della Santa Scrittura, da portare sempre nel nostro cuore”. Quella che serve non è un atteggiamento da scolaro, ma affettivo. E’ una parola di amore, quella che sente Maria mettendosi ai piedi di Gesù, standole vicino, aprendole appunto il cuore. La Parola di Dio è diretta a me, alla mia vita. “Immaginate i brani del Vangelo e delle Epistole, che ogni giorno udite nella Messa, come altrettante lettere del vostro celeste sposo; custoditele nel vostro cuore, con grande fervente amore, pensate ad esse il più possibile e, particolarmente, quando siete in cella, perché meglio e con più sicurezza possiate dolcemente e castissimamente abbracciare Colui che ve le manda; se farete così, vi troverete continuamente consolate nel vedere quanto spesso riceviate nuove e belle notizie da Quello che sommamente amate”. Ecco il segreto della gioia, quello che Marta perde, presa dai suoi affanni con il ruolo che garantiscono ma anche con quello che ne deriva. “Quanto attentamente la dovete intendere e gustare!”. Non preoccupiamoci, quindi, dello spazio, ma apriamoci con lui nel tempo proprio per vivere nello spazio! Noi non possiamo finire, perché tutti cerchiamo la vita! Marta, senza la parola di amore, non fa altro che misurare lo spazio, piena di confronti e recriminazioni, mettendosi al centro. Quanto è facile essere presi dalle apparenze e dal dovere misurare tutto subito, sul metro della personale considerazione e del proprio ruolo. Il tempo lo misuriamo con il Signore, con quello che va oltre di me. Stare con Gesù non significa affatto uscire dallo spazio, vivere in una realtà fuori dal mondo, ma contemplare il mondo, cioé vederlo così com’è per davvero. Lo spazio di Marta ci rende compulsivi e poco interiori, protagonisti e vittimisti, tanto che accusiamo gli altri, pensiamo che il problema sia che non ci capiscono non che siamo noi che non capiamo, che seguiamo le nostre convinzioni piuttosto che stare con la sua parte. Chi si ferma con Gesù, chi digiuna dagli affanni di Marta, chi si mette ai sui piedi e non resta in piedi, trova se stessa e si saprà ferma anche con il prossimo. Maria serve per davvero perché trova il senso della sua vita, il vero maestro che la ama e le dona tutta la sua sapienza, il tesoro che porta con sé e nessuno le potrà rapire, capisce la Parola di Gesù e la fa sua.
Ecco il segreto di Santa Caterina, donna del Vangelo, concreta e visionaria. Lei era una donna dotta ma umile. Quante opportunità e capacità perdiamo a motivo di orgoglio. Non è forse il rischio della nostra generazione, così istruita eppure senza educazione, con tante possibilità e poi rozza nelle parole e negli atteggiamenti virtuali e alla fine reali? Ella era dedita alla preghiera, ma sempre pronta a servire; generosa nel sacrificio, ma colma di gioia nell’accogliere con Cristo la croce, diceva Papa Benedetto. Era una donna ricca, con tante possibilità. Non dovrebbe essere così anche per la nostra città, erede di tanta cultura e sapienza? Non indica anche un futuro di umile lavoro per gli altri, di serietà nel volere bene perché questa non si perda, per non avere troppi mezzi per scarsi e rachitici fini, come dice Papa Francesco nella Laudato Si? “Dipinge, danza; impara a poetare, a scrivere composizioni letterarie, a suonare la viola; diventa esperta nell’arte della miniatura e della copiatura; perfeziona lo studio del latino”. La sua cortesia era una vera caratteristica francescana: significa gentilezza nel comportamento, regalare attenzione e rispetto a tutti, che non deve fare vedere quanto è grande ma rende grandi gli altri. La cortesia realizza oggi l’attenzione premurosa a chi è trattato con durezza, il gusto della fraternità, la moderazione di sé, il sentimento di tenerezza che deve esserci per non diventare egocentrici, aggressivi o vittimisti come Marta.
Grande è colui che serve, che trasmette agli altri. Proprio per questo si impegnava  a conquistare tutte le virtù che vedeva in altri, “non per invidia, ma per piacere di più a Dio in cui aveva posto tutto il suo amore”. Anche lei deve affrontare la notte dello spirito. Si sente abbandonata da Dio, si trova nel buio della fede. Ma in tutte queste situazioni tiene sempre la mano del Signore e camminando con la mano nella mano del Signore trova la via della luce. Insegna modi concreti per combattere contro il male, in quella che è l’unica guerra che dobbiamo combattere: sconfiggere il banale amore per noi stessi. Ella, pur chiusa nel chiostro, da dove vedeva il mondo e dove segue tutta la città, è piena di ardore missionario, di passione per la salvezza delle anime. Non a caso a lei  viene affidato il servizio del parlatorio. Per questa casa uscire è la preghiera e l’accoglienza.
Pieno compimento della legge è l’amore. E questo deve diventare concreto amore tra sorelle. La fraternità non è mai un’appendice o facoltativa, perché è parte del corpo di Cristo. E’ il suo comandamento per la beatitudine: sarete beati se ci amiamo gli uni gli altri e mettiamo in pratica l’invito al servizio. Era quella che Santa Caterina chiamava “Il bene della comune fratellanza”. , da non turbare con “la pestifera carogna della mortale ambizione” “che è la pungente ortica che scaccia il soavissimo olivo della santa pace.
E lei è piena di amore. Così affronta l’incontro con sorella morte. Ama fino alla fine, tanto che è lei a confortare le consorelle nel dolore. Il suo viso si fa bello e luminoso; guarda ancora con amore quante la circondano e spira dolcemente, pronunciando tre volte il nome di Gesù. Ecco la parte migliore che non ci sarà tolta: l’amore pieno forte come la morte di cui Caterina era innamorata.
In fondo nel suo stare in piedi sembra sempre stia aspettando qualcuno: il suo prossimo che accoglieva e soprattutto vigilante come le vergine sagge del Vangelo.
Ecco, ci aiuta anche oggi a pregare. Priega per nui, virgo Maria stella Non si trova a ti simile sposa, ché sopra ogni altra benedecta sei. Piena de gratia e tanto virtuosa, Eva fu la spina e tu fusti la rosa Che vita eterna a ogni gente dona. O verginale stella mattutina Nui ti preghiamo che sia nostra avvocata. Priega per nui la maiestà divina Che ce perdoni li nostri gran peccati. E tuti sian da te sempre guardati E l’anime nostra a Dio representate. Amen

09/03/2018
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