V DOMENICA PER ANNUM

1.«Voi siete il sale della terra … voi siete la luce del mondo».

Carissimi fratelli e sorelle, queste parole del Signore “disturbano” profondamente

chi oggi si accontenta di vivere un’identità debole del proprio

essere cristiani. Disturbano ogni cristiano che ritiene necessaria per poter

dialogare con gli altri la rinuncia alla propria specifica diversità.

Se il Signore dice che il discepolo è luce, ciò significa che

attorno a lui vi sono le tenebre; e «quale unione [ci può essere]

tra la luce e le tenebre?», ci dice l’Apostolo [2Cor 6,14]. Significa

che fuori di Cristo  l’uomo cammina nell’errore.

Se il Signore dice che il discepolo è sale, ciò significa che

la realtà in cui vive è corrotta e destinata a perire, se non è vivificata

dalla grazia di Cristo.

Ma due particolarità soprattutto colpiscono in queste parole del Signore.

La prima è la portata universale dell’identità cristiana.

Non sale di una regione, ma della terra; non luce di uno spazio circoscritto,

ma del mondo. Nessuno e nulla è estraneo al sale della parola di Cristo

di cui il discepolo è testimone ed ogni uomo deve essere illuminato

dalla luce che è Cristo. Nessuna paura; nessuna ritirata, nessun volontario

rientro nelle catacombe è qui ammesso: «non può restare

nascosta una città posta sul monte».

Ma la parola del Signore dice ancora qualcosa di più serio. L’ipotesi

di una rinuncia alla propria identità non è giudicata da Lui

in primo luogo in rapporto al danno che ne verrebbe agli altri. è giudicata

come una scelta stolta in se stessa e per se stessa; «né si accende

una lucerna per metterla sotto il maggio, ma sopra il lucerniere perché faccia

luce a tutti quelli che sono nella casa». La rinuncia alla propria identità è giudicata

una scelta che riduce all’insignificanza totale colui che la compie: «se

il sale perdesse il sapore … A null’altro serve che ad essere

gettato via e calpestato dagli uomini». Calpestato dagli uomini: terribile

previsione! Alla fine chi rinuncia alla sua identità alla ricerca di

un minino comune denominatore, è disprezzato anche da coloro con cui

ha cercato di dialogare in questo modo.

2.carissimi fratelli che fra poco riceverete il Diaconato, vi è consegnata

una Parola che, come avete sentito, chiede di essere detta e testimoniata pubblicamente.

Il suo contenuto essenziale è indicato dall’apostolo Paolo in

maniera inequivocabile: «io … ritenni di non sapere altro in mezzo

a voi se non Gesù Cristo, e questi crocefisso». è principalmente

a causa del suo contenuto che la Parola di Dio che voi da questa sera ricevete

in consegna, è follia per chi fa della propria ragione la misura della

realtà e scandalo per chi si arroga il diritto di difendere l’immagine

religiosa di Dio. La tentazione quindi di mettere la luce sotto il moggio e

di rendere il sale insipido ci insidia quotidianamente.

è un tesoro che voi ricevete «in debolezza e con molto timore

e trepidazione», come è accaduto all’Apostolo. Ma non abbiate

paura, poiché la parola del Vangelo non deriva la sua efficacia illuminante

e sanante dai rivestimenti persuasivi della sapienza umana. La deriva dalla

potenza dello Spirito che l’accompagna.

Ma la parola scritta di Dio, che oggi la Chiesa consegna alla vostra meditazione,

vi illumina anche sull’altra dimensione essenziale del vostro ministero

diaconale.

Nel salmo responsoriale si parla dell’uomo giusto che “spunta

nelle tenebre come luce” per lo splendere della sua carità. è lo

stesso insegnamento che ci è stato donato dal profeta. La vostra luce

sorgerà come l’aurora quando eserciterete la carità verso

chi ha bisogno.

Ecco, carissimi: l’annunzio del Vangelo e l’esercizio della carità sono

da questa sera i due assi portanti della vostra vita.

06/02/2005
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