Veglia della notte di Pasqua

Perché andare al sepolcro? È finito tutto! Non serve a niente, avrebbero dichiarato gli infallibili realisti, quelli che sanno sempre quello che serve, che salvano se stessi anche a costo di sacrificare i legami più cari, in fondo innamorati solo di sé.

Altri avrebbero interpretato la scelta e consigliato di prendere le distanze da un legame eccessivo e per non essere troppo coinvolti emotivamente, per “pensare a sé”! I discepoli non si pongono il problema, prigionieri come sono delle loro paure. Amano Gesù, ma la paura è più forte. Le donne vanno al sepolcro. Per amore.

Il problema è dove sta il nostro cuore. Vincono la paura e non smettono di amare. Non abbiate paura, disse l’angelo alle donne. È risorto! Lo aveva detto. Loro non hanno visto Gesù ma si mettono in cammino perché si affidano alla Parola dell’Angelo.

Quanto sono forti le nostre resistenze che ci spingono a voler avere prima chiaro tutto, tanto che anche quando vediamo i segni dell’amore restiamo sempre increduli e prigionieri della paura. Nel cammino incontrano Gesù in persona.

Non aspettiamo. L’amore non può aspettare, non è una dimostrazione da verificare, un compito da eseguire, un calcolo di convenienze. Ci mettiamo in cammino anche quando non abbiamo visto tutto perché ci affidiamo alla Parola e così incontriamo la presenza del Signore nella nostra vita.

Ma non hanno ragione gli apostoli a pensare a sé? Tutti avevano negli occhi e nel cuore il Venerdì Santo. Anche noi. Siamo avvolti da una cultura di morte. La guerra la conferma favorendo l’idea dello scontro, “propagandando il linguaggio devastante delle armi, funzionale soprattutto agli interessi di chi le fabbrica”, nutrendo l’idea di vincere il male con il male, tanto che ci abituiamo alla violenza e al riarmo, come fossero indispensabili e ineluttabili.

È cultura di morte vedere solo il negativo e credere questo intelligente (come se la verità del prossimo sia la pagliuzza e come se dialogare significhi compromettersi o omologare), per cui cancello la vita dal suo inizio alla sua fine per non avere problemi, per non soffrire, perché pensiamo che non convenga o chieda troppo.

Quando non si ama ogni problema appare troppo esigente o grande e finiamo poi catturati dai piccoli, inutili, che non spaventano ma che non generano vita! La cultura della morte toglie gusto e valore alla vita, complica l’amore e ci chiude sempre di più nel nostro io, quando, in realtà, questo io solo uscendo da sé trova se stesso!

Le conseguenze della dissacrazione della vita, della sua banalizzazione e chiusura sono evidenti e diffuse. Gesù ci ha portato tutti sotto la croce. Non c’è vita che non finisca senza affrontare e vincere la croce. Solo l’amore apre il futuro. Gesù non si è arreso, non ha salvato se stesso. Ha amato e ha vinto il male da Dio e da uomo: amando fino alla fine.

Ecco la Pasqua. Gesù è Dio che vince il male suo e nostro e diventa il Tu cui rivolgerci, da amare per non fermarsi, per cui vale la pena uscire, perdere tutto perché troviamo tutto. Gesù ha vinto le sue paure e ci aiuta a vincere le nostre.

Questa notte di luce nel buio ci fa scoprire come tutto acquista un nuovo significato, e che la vita diventa forte, fortissima se ci lasciamo accendere dal suo amore e lo comunichiamo subito, come abbiamo fatto con le candele. Siamo fragili.

Restiamo fragili. Le donne, considerate le più deboli, diventano le più forti perché “la fragilità è il luogo in cui possiamo incontrare l’amore gratuito e incondizionato di Dio Padre”, come ci hanno detto con molta sofferenza, ieri nella Via Crucis, i tanti fratelli più piccoli di Gesù che ci insegnano che si può risorgere dal sepolcro, che la persona non è mai il suo peccato.

Chi sta all’inferno ha bisogno della Pasqua esplosione della vita, che ci restituisce il presente e il futuro. È vita per cui ogni persona è guardata con tenerezza, avvolta dal profumo della carità fraterna, restituita alla vita, rivestita di dignità e importanza. Tutto è possibile per chi ha fede e la Pasqua è il centro della nostra fede.

A che serve andare ad aiutare chi è sprofondato nell’inferno della guerra, sepolcro di vita che inghiotte tutto e tutti? A che serve andare a visitare un anziano solo, che non conta nulla ed è considerato solo un peso da un mondo insulso che non sa pesare la vita? Qualche volta io stesso anziano penso che sia inutile la mia vita e mi “scarto” da solo.

A che serve andare da chi è considerato un nemico, un avversario, un pericolo, un estraneo? A che serve fare di tutto per non perdere la vita di una persona abbandonata in mezzo al mare? Ieri la Via Crucis si concludeva con un’affermazione di amore pieno, che va ben oltre la filantropia, il ruolo, la professione, la funzione: “E’ proprio per questo che è lì che dobbiamo andare”.

È per questo che il Padre ha mandato il Figlio da noi, inaccoglienti e traditori come siamo! A chi scettico, cinico, furbo, speculatore, corrotto, pauroso, insinua che non c’è speranza e che tutto è inutile, con quelle donne rispondiamo anche noi che “è proprio per questo che è lì che dobbiamo andare”.

La Pasqua non toglie le realtà drammatiche! Le ferite drammatiche del Venerdì Santo, le tante croci di sofferenza e di vita spenta diventano amate pienamente, tanto da essere luce. È la forza della gloria di Dio che si sprigiona dalla Pasqua, che diventa compassione, cioè sofferenza e gioia insieme. Pasqua non è un palliativo per non pensare! Pasqua significa lacrime asciugate, sofferenza consolata, peccato perdonato, guerra che finisce nella gioia della pace.

E’ l’apertura del settimo sigillo, quello del segreto della vita che nessuno poteva aprire e che ha aperto Gesù, amando fino alla fine. Lui è il senso della vita, la parte migliore, quella che non ci viene tolta, che però non è definita per sempre ma che possiamo scoprire di volta in volta qual è, perché la parte migliore è stare con Gesù e seguirlo per capire cosa questo ci chiede. Cristo è risorto! Questo cambia tutto. Adesso c’è Lui. E noi con Lui.

Ci fa sentire con il vestito più bello e mi libera dal cercare tante tuniche e calzari che non mi bastano mai. Quando sperimentiamo l’ora della prova sappiamo che non è l’ultima. Non scappiamo più. Non scartiamo più nessuno. Non salviamo noi stessi condannandoci poi a sopravvivere. Stiamo con Gesù e affrontiamo il male, perché dal sepolcro fiorisce la vita e noi rinasciamo con Lui. Ecco la luce della Pasqua, che ci fa vedere e preparare gli anticipi di paradiso nel deserto della terra.

Sant’Isacco di Ninive spiegava che siamo giunti alla purezza del cuore quando vediamo belli tutti gli uomini e nessun uomo sembra impuro. Vuol dire che non ci accorgiamo del male, che siamo del tutto ingenui? No. Anzi. Chi ama lo riconosce e lo combatte più di chi giudica e condanna! Ma vediamo la vita con gli occhi di Dio e troviamo sempre quello che rende l’altro bello.

E’ la forza della vita che Gesù risorto ci dona, che rende il peccatore un uomo nuovo, il nemico un fratello, il figlio perduto un risuscitato, la guerra una pace, lo straniero il mio prossimo. Ecco perché correre e non essere prigionieri delle paure. Cristo è risorto dai morti e non muore più. Tutto può cambiare. Niente è impossibile a chi ha fede.

Bologna, Cattedrale
08/04/2023
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