Venerdì santo, passione del Signore 2023

La liturgia di oggi ci porta dove noi non andremmo: a cercare un Dio forte, vincente, cui affidare i problemi e lamentarci se non li risolve come richiesto. Come Pietro portiamo una spada per difenderlo e difenderci, per poi scappare lasciandolo solo e tradendo tutte le sue scelte: amate i vostri nemici, porgete l’altra guancia, siate agnelli in mezzo a lupi, agnelli che restano agnelli. Andremmo a discutere tra noi su chi è il più grande, scandalizzati dal più grande che si fa servo tanto da sentirci giustificati di tradirlo. Siamo qui, con Lui, sotto la croce. Ci confrontiamo con la sua e nostra croce, che vuol dire anche la fine, la morte che rivela impietosamente e in maniera definitiva dove stava il nostro cuore. Noi non vogliamo vedere il limite e pensiamo che non vederlo ci faccia stare meglio! Le pandemie lo hanno ricordato a tutti, eppure le dimentichiamo subito e pensiamo di tornare quelli di prima o facciamo come se non ci fossero. Evitiamo le domande vere, difficili, perché queste relativizzano l’idolatria del proprio io. Solo l’amore invisibile e interiore di Dio che si manifesta sulla croce ci aiuta a capire la storia e le persone. La dimensione spirituale aiuta a comprendere quella materiale. Capire quello che non finisce ci aiuta a vivere bene quello che finisce. Scappando, salvando noi stessi, ci riempiamo invece di paure, tanto da diventarne prigionieri. Senza risolvere il problema del limite della vita viviamo cercando di conservare quello che siamo, perché non lo sappiamo trasformare. Finiamo inerti e rassegnati, preferendo fare poco per non avere problemi o facciamo solo ciò che conviene a noi e non al prossimo. Per vivere bene, invece, dobbiamo fare quello che fa bene al prossimo perché solo questo farà bene anche a me! Ecco, siamo sotto la croce di questo re, come vediamo raffigurato nel commovente crocifisso verso cui alziamo il nostro sguardo. Dio ci rende umani. Il suo amore ci aiuta a trovare noi stessi. Il servo di Dio non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, tanto che finiamo attratti dalla bellezza finta dell’esibizione, vera pornografia della vita e dell’amore.

Gesù dona se stesso a peccatori e traditori. Gesù non ama perché siamo puri, ma ci rende puri perché amati da Lui. Noi cambiamo perché raggiunti dal suo amore, perché Gesù non si vergogna di una comunità così e offre tutto se stesso per lei. Ci ama quando siamo ancora peccatori. Ci ama per cambiarci, per darci fiducia, per farci resuscitare con Lui ad una vita nuova. Il suo amore invisibile non finisce, è alleanza nuova ed eterna e diventa visibile nel suo corpo e nel servizio. Nei nostri gesti concreti e umili in cui serviamo il prossimo possiamo vedere la bellezza e la pienezza del suo amore. Il servizio, cioè fatto per solo amore, mostra anche a noi piccoli anticipi di paradiso. Con Gesù l’amaro si trasforma in dolce, la paura in amore, il nemico in fratello, il peccatore in un santo, e noi estranei, nemici, indifferenti, nella sua famiglia.

Cosa dobbiamo fare? Restare e combattere il male. Gesù non si impone, non costringe, non chiede sacrificio ma misericordia! Un amore come questo restituisce cuore a persone incerte, che lo dissipano, lo chiudono, magari lo interpretano pensando così di conoscerlo, mentre lo comprendono solo amando. Gesù non offre buoni consigli: ama e dona tutto se stesso. Non spiega una verità: il suo amore è la verità e l’unico modo per capirla è amare. La croce ci giudica. Non condanna, come facciamo noi. Ci aiuta a capire cos’è amore e cosa invece lo tradisce, il legame che non delude e quello del mercenario che appena vede arrivare il lupo scappa. La croce rivela le complicità, gli aggiustamenti, le omissioni, le presunzioni, la corruzione, la violenza. Questo è il giudizio della croce: l’amore. Un amore così non possiamo proprio edulcorarlo, farne un palliativo rassicurante. Ci chiede una scelta, anzi la vera scelta personale, quella che ci fa trovare e ritrova il nostro io, che supera le misure calcolate: amarlo, avere cuore e dare cuore. Lasciamoci giudicare dalla croce, per comprendere il nostro peccato ma anche per sentire il nostro peccato amato da Lui. Gli uomini condannano, ancora secondo la pelle, deformati dai nazionalismi, dalla prestazione, dall’apparenza. Gesù giudica e ama. E il giudizio della croce ci fa sentire il suo perdono, così tradiamo il culto del nostro io, che ci fa perdere il tanto che abbiamo. Noi non dobbiamo capire tutto e spiegare tutto, ma accogliere e sentire un amore così, che ci permette di comprendere tutto, come i piccoli. Restiamo sotto la croce, che vuol dire stare vicino ad un letto dove si pratica la tortura della solitudine e si condanna ad essere prigionieri del passato. Rimaniamo sotto la croce delle tante vittime delle guerre e quella dei loro parenti, restiamo con la preghiera e la solidarietà, per aspettare con ansia la resurrezione della pace. Rimaniamo accanto a chi è crocifisso dalle proprie fragilità, inchiodato a queste da un mondo disumano e indifferente che non cura, non protegge, non dà fiducia. Rimaniamo sotto la croce perché non saremo soli nella nostra, e saremo aiutati da questa madre e noi la aiuteremo perché nessun povero cristo sia lasciato solo.

Grazie Signore Gesù che ci aiuti a restare, a non scappare da noi stessi, a non giudicare, ma a seguirti nella tua scelta di amare perché noi e il mondo risorgiamo ad una vita nuova.

Bologna, Cattedrale
07/04/2023
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