Giovedì santo, messa in Coena Domini 2023

Oggi celebriamo l’intimità di Dio che entra nella nostra vita e ci rende finalmente intimi con noi stessi. Noi scandagliamo continuamente il nostro io ma lo troviamo per davvero solo quando ci apriamo all’amore e all’amore di Dio, che ci aiuta a capire chi siamo e ad amare. Il suo amore è personale e comunitario, mio e nostro. Senza l’anima cosa diventa il nostro amore? Riduciamo spesso l’anima a istinto, a interpretazione, a convenienza, a quello che fa stare bene, relativizzando tutto al nostro io. Siamo beati se mettiamo in pratica il servizio e siamo beati quando ci nutriamo del suo corpo, sentendoci amati fino alla fine. È felicità, perché vediamo il valore delle nostre scelte, quello che resta di noi che poi è sempre quello che doniamo. I discepoli avevano il cuore appassionato dalla discussione infinita su chi fosse il più grande, che continua anche da soli e causa presunzioni o depressioni. Il Signore, che è intimo a noi più di noi stessi, ci aiuta a capire chi siamo con un amore personale ma non funzionale, umanissimo ma non compiacente, che giudica ma non condanna. Lui si fa intimo, e noi? Siamo intimi al Signore e tra di noi? Non lasciamo il Signore, che è padre, fratello, sempre al di fuori della nostra vita, quasi venisse a bloccarla, spaventati di farci prendere troppo da Lui? Quanto facilmente restiamo estranei, attenti a non legarci troppo, convinti che siamo padroni di noi stessi se viviamo slegati dagli altri, preoccupatissimi di non esserlo troppo! Così l’individualismo ci porta nella solitudine o nelle dipendenze, compulsivamente e voraci consumatori di emozioni. Gesù è comunione piena, senza diaframmi. Anche per questo non smettiamo di capire il mistero. Si pensa con noi e tutto quello che è suo è nostro. La comunione chiede comunione per nutrici, perché il dono se diventa possesso lo perdi. Questo giorno santo, benedetto, che unisce davvero il cielo e la terra, ci fa comprendere il legame spirituale e umano, invisibile e visibile, che ci unisce a Dio e ci unisce tra di noi. Gesù si pensa per noi. Ci vuole come una famiglia, la sua famiglia, quella con cui celebra la Pasqua. Il pane che ci offre è se stesso. Viene, senza altri interessi, gratuito, uguale per tutti, offerto e versato senza condizioni. Perché non viviamo con gioia il dono della fraternità, essere parte della sua famiglia, e proprio per questo non la comunichiamo a tante persone sole e sofferenti? Gesù non smette di donarci questo amore pieno, il pane in abbondanza della casa del Padre, la vera ricompensa a chi ha lavorato, unico denaro offerto a chi è arrivato all’ultima ora come alla prima. Ricevere tanto amore incondizionato, ci affranca dalla paura di donare! Anche il nostro amore non resti virtuale, astratto, un’intenzione. Dio che si fa uomo prende la nostra carne perché l’amore ci sia vicino.

I due segni di questa sera, le due eucarestie, sono unite intimamente tra loro. La prima nutre la seconda e viceversa. Il primo segno è il pane spezzato ed il vino versato ed offerto. È pane per tutti, che ci insegna ad amare e a rispettare la vita di ognuno, e ci libera dall’idea che conta solo quello che serve a me e dai tanti pregiudizi frutto dell’ignoranza e della paura. La comunione con Dio genera e produce comunione fra le persone, genera e rigenera la comunità. Anche per questo non dobbiamo offenderla, sciuparla, renderla inutile facendone un fatto privatistico. L’amore che parte dall’Eucaristia diventa riflesso nell’affetto, nell’unione, nel perdono. Apre il nostro cuore e ci rende generosi a spenderci per i bisogni altrui, per i piccoli, per i poveri, per i malati, per i prigionieri, per gli esuli, per i sofferenti.

L’altra eucarestia è il sacramento del servizio, negli infiniti modi con cui si esprime. Diverso ma tutti concreti, umili, gratuiti, senza ricompensa. In un mondo che offende, che calcola, che presenta il conto, che si impone, cosa può contare un bicchiere d’acqua fresca, un gesto così libero, di esclusivo amore? Nella guerra il servizio è sempre l’inizio della pace e la protegge e la fa crescere. Chi serve e chi dobbiamo servire? Non bisogna avere caratteristiche particolari. Anzi. Tutti, anche chi non può fare nulla, chi sceglie di non fare nulla, e chi come Maria serve, e tutti abbiamo bisogno di essere serviti. Pietro non capisce se non lo fa e se non sente l’amore concreto e tenero di Gesù che lava le sue fatiche, il sudicio della vita, la fragilità del suo corpo. Il servizio non è sacrificio, ma gioia. Saremo beati. Non è rinuncia, ma amicizia. Tutti abbiamo bisogno di un fratello e tutti possiamo esserlo per gli altri. È riconoscere un diritto al fratello ed al povero, noi che siamo sempre a difendere i nostri ruoli, considerazione, prerogative. Servire non è solo dare qualcosa, ma dare il cuore, pensarsi insieme, anticipare quando saremo una cosa sola e l’altro non è mai un estraneo, uno che non c’entra nulla, perché sarai una cosa sola anche con lui! E lavare i piedi vuol dire amare l’altro com’è, con il suo sporco, segnato dal cammino, come fa il Signore con noi. Ti aiuto ad essere diverso, non ti spiego i problemi! L’amore purifica, rinnova, permette di camminare di nuovo, lenisce le ferite, dà sollievo. Riceviamo tanto. Abbiamo ricevuto molto. Siamo esigenti verso noi stessi. Ma noi, cosa diamo? Per amare veramente noi stessi, dobbiamo amare anche gli altri. Altrimenti cercheremo di essere grandi per mostrare chi siamo, per confermarci nelle nostre capacità, per crederci qualcuno. Nessuno di noi sa servire. Tutti lo impariamo e non smettiamo di andare a scuola. Anzi. Il servizio apre al servizio. È la comunione che diventa attenzione, fedeltà, cura, protezione, visita, memoria. Il servizio è un legame di affetto, non un volontariato da compiere verso un estraneo, un utente. È mio fratello e lui stesso, in realtà, mi laverà i piedi. Gli uni gli altri, insieme. Quanto è vero che chi serve viene servito! Non abbiamo paura di iniziare. Spesso ci arrendiamo subito o siamo così orgogliosi che chinarci pensiamo sia umiliazione. Ogni giorno, invece, cerchiamo almeno un piccolo gesto di amore, specialmente verso i poveri. Non sono due comunioni. È una sola. Chi riceve la comunione del Corpo del Signore diventa uomo di comunione con il fratello e i poveri. Questi non sono estranei ma fratelli più piccoli di quello stesso Gesù che riceviamo nella sua presenza eucaristica. Grazie Signore.

Bologna, cattedrale
06/04/2023
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