Veglia di Pentecoste

Ci ritroviamo di nuovo in una veglia, dopo quella della notte di Pasqua, la
veglia che libera per sempre dalle tenebre, che illumina tutte le notti scure
del mondo e della nostra vita personale. La veglia di Pasqua “è la notte che
salva su tutta la terra i credenti nel Cristo dall’oscurità del peccato e dalla
corruzione del mondo”, la notte che splende come il giorno, il santo mistero
che sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori, la
gioia agli afflitti.  La veglia di oggi si ricollega proprio a quella notte che
risponde a tutte le nostre attese, altrimenti vane, illusorie. Nella Pentecoste
aspettiamo e contempliamo lo Spirito; lo imploriamo e ci lasciamo inondare
dalla sua forza di amore. Lo Spirito Santo ci insegna ciò che bisogna dire, è
capace di rendere nuovo ciò che è vecchio, ci ricorda tutto ciò che Gesù ha
detto, è la forza promessa che scende su di noi e ci rende capaci di essere
testimoni fino ai confini della terra. E’ dono che ci insegna a donare. Ecco
perché vegliamo. Vegliamo per svegliarci dal sonno delle abitudini, della
rassegnazione, della tranquillità che fa credere di potere restare sempre
quello che si è. Veglia chi vuole essere libero e sente il gemito della
creazione che “aspetta l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo”,
cioè la liberazione dalla nostra fragilità. Veglia chi non si accontenta, chi è
inquieto; chi sente il freddo del mare dove annaspano disperatamente delle
persone e tra questi dei bambini. Veglia chi non può accettare l’ingiustizia e
ne sente l’amaro, insostenibile peso che condiziona la vita di tanti. Veglia
chi sente il morso della solitudine, tortura che fa apparire inutile la vita
stessa. Veglia chi sceglie di non spegnere la luce o di cambiare canale per
paura o pigrizia. Chi ama, infatti, resta sveglio, non può dormire, aspetta,
cerca quello che ancora non c’è, non si distrae perché cerca qualcosa di cui
non può fare a meno.  Veglia chi vede la Babele del mondo e i suoi frutti amari
di divisione, il pericoloso non riuscire a capirsi, la convinzione di potersi
salvare da soli. Babele nasce sempre dall’orgoglio di farsi grandi da soli,
credendo di potere costruire il cielo con le proprie mani invece di cercarlo
aprendosi all’amore di Dio e cercandolo nel cuore e nel fratello. Vegliamo
perché si realizzi il sogno del profeta, per cui i nostri anziani fanno dei
sogni ed i nostri giovani hanno visioni. Lo Spirito di Dio dona forza per cui
gli anni, che pure sappiamo quanto ci condizionano, non sono una condanna. I
vecchi scoprono una nuova energia. L’amore di Dio strappa i giovani dall’
illusione di conservarsi, dalla stoltezza di pensare di potere rimandare. Noi
abbiamo paura e vogliamo prima capire tutto, avere chiaro, non rischiare. A
volte pensiamo sia necessario un coraggio particolare, mentre serve la
speranza, la più umile delle virtù. Non dobbiamo capire prima tutto,
prigionieri della paura di sbagliare o di non sapere. Lo Spirito ci porta la
verità tutta intera non perché ci rende capaci di fare tutto, ma perché ci fa
sentire l’amore di Dio unico, spiraglio di luce infinito per la mia vita. Lo
spirito rende il nostro cuore una fonte, perché da esso “sgorgheranno fiumi di
acqua viva”.  “Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i
credenti in lui”. Questo avviene per noi se ci lasciamo condurre dallo Spirito,
se lo prendiamo sul serio. Lo spirito non è un programma o un’assicurazione per
la vita. E’ una proposta di amore. Solo aprendosi a questa la capiamo.
Pentecoste è l’amore di Dio che trasforma discepoli incerti, impauriti,
presuntuosi, con le porte chiuse in testimoni capaci di parlare la lingua di
tutti perché lingua di Dio e dell’uomo. La vita cristiana non si può capire
senza la presenza dello Spirito Santo. Non è un amore del passato, lontano,
impersonale, ma una forza creatrice oggi. La paura non la vinciamo con la
sicurezza, ma con l’amore. E questo ci fa scoprire una fonte inaspettata che
sgorga dalla nostra vita. Proprio noi assetati diventiamo capaci di dare acqua,
cioè sollievo, vita. «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me”.
Questa è la forza dello Spirito e del cristiano. Proprio chi ha sete di parole
vere, di acqua buona, trova in sé una forza di amore per gli altri. E trovo la
risposta alla mia sete diventando sorgente, per gli altri, non per me. Le
parole le troveremo non tutte prima o imparandole a memoria, sotto dettatura,
ma verranno dal cuore se siamo docili. L’amore non è una lezione, ma amore.
L’anno scorso avevo chiesto due frutti dello Spirito: l’unità e la gioia.
Questo anno vorrei chiedere il dono della fiducia e dell’umiltà. Lo Spirito ci
aiuti a guardare tutto e tutti con fiducia, liberi dalla malizia per cui
cerchiamo subito la pagliuzza e traiamo da questa conferme alla nostra
diffidenza o alla presunzione di sentirci intelligenti senza aiutare. La
fiducia ci fa guardare sempre il bene, nella certezza che l’amore vince. La
fiducia non in noi stessi o nelle nostre capacità, ma nell’amore di Dio che
rende possibile quello che per noi non lo è. Fidarsi vuol dire credere che gli
uomini e la storia possono cambiare e non fermarsi davanti le inevitabili
difficoltà. Fidarsi perché Lui si fida di noi, di me e Lui ci aiuterà sempre.
Fiducia negli altri, che mi rende disponibile ad aiutare non perché ho chiaro
tutto, ma perché so che tutto sarà chiaro dopo.
E lo Spirito di Dio ci doni l’umiltà. Quante presunzioni ci rendono incapaci
di aiutare perché ci riteniamo importanti per l’idea troppo alta che ci siamo
fatti di noi stessi. La presunzione ci fa giudicare importanti tanto da
trattare con sufficienza il prossimo, da non ascoltare più, addirittura da
crederci maestri, da complicare ciò che è semplice, pesando poi che non ci
capiscono o che non hanno interesse. Fiducia e umiltà perché dal nostro cuore
possa sgorgare quel fiume di acqua buona che è l’amore frutto del suo amore.
Con Tonino Bello invochiamo lo Spirito di Dio, di scendere ancora sulla terra
e donarci la gioia di un nuovo inizio. “Spirito Santo, che riempivi di luce i
profeti e accendevi parole di fuoco sulla loro bocca, torna a parlarci con
accenti di speranza. Dissipa le nostre paure. Scuotici dall’omertà. Liberaci
dalla tristezza di non saperci più indignare per i soprusi consumati sui
poveri. Spirito di Pentecoste, ridestaci all’antico mandato di profeti.
Dissigilla le nostre labbra, contratte dalle prudenze carnali. Introduci nelle
nostre vene il rigetto per ogni nostro compromesso. E donaci la nausea di
lusingare i detentori del potere per trarne vantaggio. Trattienici dalle
ambiguità. Facci la grazia del voltastomaco per i nostri peccati. E facci
aborrire le parole, quando esse non trovano puntuale verifica nei fatti.
Spalanca i cancelletti dei nostri cenacoli. Spirito di Dio, fa’ della tua
Chiesa un roveto che arde di amore per gli ultimi. Dà alla tua Chiesa tenerezza
e coraggio. Lacrime e sorrisi. Rendila spiaggia dolcissima per chi è solo e
triste e povero. Disperdi la cenere dei suoi peccati. Ungi teneramente le
membra di questa sposa di Cristo con le fragranze del tuo profumo e con l’olio
di letizia. E poi introducila, divenuta bellissima senza macchie e senza rughe,
all’incontro con Lui perché possa guardarlo negli occhi senza arrossire, e
possa dirgli finalmente: Sposo mio”.

03/06/2017
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