VERITà E MISSIONE DEL MATRIMONIO CRISTIANO

 

L’incontro con voi era da me molto atteso. Nella Nota pastorale ho parlato

lungamente della famiglia come di uno dei luoghi fondamentali nei quali Cristo

redime l’uomo, rigenera la persona umana. Assieme ai sacerdoti, gli sposi

cristiani sono i principali e necessari cooperatori del Vescovo.

Essendo il primo – e spero non l’ultimo – incontro con voi,

ho scelto di riflettere su alcuni temi attinenti alla vostra condizione di

sposi e genitori, tali che vi diano la gioia di essere “sposati nel Signore” ed

una profonda confidenza nella vostra missione educativa. Gioia e confidenza

che siano molto più forti delle difficoltà, delle tribolazioni

che quotidianamente ogni famiglia deve affrontare.

La verità del matrimonio cristiano.

Inizio la mia riflessione non parlando dei doveri di un coniuge cristiano,

ma dei doni che ha ricevuto; non di ciò che voi dovete/non dovete fare,

ma di ciò che il Signore ha fatto per voi. Desidero che alla fine di

questa riflessione ciascuno possa dire in cuor suo: “grandi cose ha fatto

il Signore per noi”.

Sicuramente vi è capitato di pensare e di dire: “questa persona,

questo luogo è più – è meno bello/a di quella persona,

di quel luogo”. Questo comune modo di pensare e di dire nasconde un atto

e un esercizio della nostra ragione molto profondo e molto intenso. Vediamo

quale.

Innanzi tutto voi stabilite una gradazione fra un “più” e

un “meno” nell’ambito di una stessa perfezione, la bellezza:

non mettete tutto sullo stesso grado.

Ma per poter fare questo voi dovete avere nella vostra mente una qualche idea

di una bellezza ideale alla quale le realtà che voi non ponete sullo

stesso grado, si avvicinano più o meno.

Poiché questo è un concetto molto importante, cercherò di

spiegarlo con un altro esempio. Se vi chiedono: “il numero 1000 e un

numero grande o piccolo?”, a questa domanda non si può dare una

risposta. è necessario aggiungere: “… grande/piccolo in

ordine a che cosa?” in ordine al numero 1 è grande [possedere

1000 euro è ben più che possederne uno solo!]; in ordine ad un

milione è piccolo [possedere 1000 euro e ben poca cosa in confronto

al possesso di un milione di euro!].

Ritorniamo al nostro esempio. Pensare e dire “più/meno bello” lo

si può fare solo in ordine, in rapporto ad una bellezza ideale.

Cerchiamo ora di staccarci un poco dall’esempio e di cogliere un concetto

assai importante per capire i doni che il Signore fa agli sposi cristiani: è il

concetto di partecipazione. Che cosa vuol dire “partecipazione”?

Vuol dire due cose: che esiste una perfezione [= la bellezza, nell’esempio

fatto] allo stato … perfetto; di questa perfezione alcune realtà ne

sono partecipi [= sono effettivamente belle, nell’esempio fatto], però non

in misura uguale. Voglio spiegarmi ancora con un esempio molto facile. Se ho

freddo, cerco di avvicinarmi… alla fonte del calore: quanto più mi

avvicino e tanto più mi scaldo, quanto meno mi avvicino tanto meno mi

scaldo. Partecipo più o meno  del calore che si trova al suo stato

perfetto nella fonte stessa del calore. Spero che ora vi sia chiaro che cosa è la

partecipazione.

Portiamo ora la nostra attenzione al centro stesso  della nostra fede

cristiana: l’avvenimento pasquale vissuto da Cristo.

Sulla Croce accade l’atto d’amore più perfetto accaduto

sopra questa terra. è l’amore umano spinto fino al suo limite

[eίs télon: dice il Vangelo], compiuto e vissuto dal Verbo incarnato.

In forza di questo atto d’amore, la natura umana viene liberata dalla

sua condizione di corruzione e di morte e si unisce splendente di gloria alla

persona del Verbo nella Risurrezione del Signore. In questa unione è posta

tutta l’umanità nuova; è nata la Chiesa vincolata per sempre

a Cristo.

A questo avvenimento noi siamo presenti quando celebriamo l’Eucarestia,

e mediante l’Eucarestia vi partecipiamo.

Ma di questo stesso avvenimento è sacramento anche il matrimonio dei

battezzati. Che cosa significa? Che cosa è precisamente la sacramentalità del

matrimonio?

Iniziamo dalle riflessioni più semplici. L’unione fra l’uomo

e la donna nel matrimonio “rimanda” sul piano espressivo a quanto è accaduto

in Cristo e a Cristo nel suo mistero pasquale. “Sul piano espressivo”,

ho detto: esiste una certa similitudine fra le due realtà, per cui il

matrimonio è un segno visibile e permanente dell’avvenimento pasquale.

C’è solamente questo rapporto di similitudine?

Qualcuno potrebbe pensare che esiste anche un rapporto di imitazione. Come

Cristo ha amato la sua Chiesa, così il marito deve amare sua moglie;

come la Chiesa è unita a Cristo, così la sposa deve essere unita

al suo sposo. Il riferimento del matrimonio all’avvenimento pasquale

sarebbe dunque di natura morale: l’avvenimento pasquale è il “modello” che

gli sposi devono cercare di imitare e come riprodurre nella loro vita quotidiana.

Quindi rapporto di similitudine e di imitazione. Questo è vero, ma

non è tutto. Esiste un altro rapporto che è quello fondamentale

e più importante, e che spiega gli altri due: è il rapporto di

partecipazione. Ora comprendete perché questo concetto sia tanto importante

per capire il vostro matrimonio.

L’unione, il vincolo che è stato stretto sulla Croce fra Cristo

e la sua Chiesa viene partecipato anche agli sposi battezzati per cui il loro

rapporto è partecipazione del rapporto fra Cristo e la Chiesa.

Vi chiedo scusa se faccio ora una riflessione un po’ … tecnica,

ma è necessaria. Tutti noi abbiamo studiato le proporzioni matematiche.

Ne formulo una, a caso: 10_5=8:4. Essa non significa che 10=8 e 5=4. L’uguaglianza è nel

rapporto fra grandezze che fra loro sono diverse. Così quando dicessi

Cristo_Chiesa=Sposo:sposa, pongo l’uguaglianza [ma qui bisogna dire:

la partecipazione] nel rapporto e non dico che Cristo è lo sposo e la

Chiesa è la sposa. Tutto questo per aver chiaro che i due sposi sono “vincolati” l’uno

all’altro alla stessa maniera con cui sono vincolati Cristo e la Chiesa,

anche se non intensità diversa. Il vincolo coniugale fra due battezzati

quindi non è un fatto semplicemente etico [=dovete essere fedeli l’uno

all’altro per sempre]; non è un fatto semplicemente giuridico

[= il vostro vincolo è indissolubile]. è un fatto mistico-sacramentale. Sacramentale significa

che nel vostro vincolo coniugale prede corpo, si rende presente e quindi si

fa visibile il vincolo di Cristo colla sua Chiesa. Mistico significa

che non è posto in essere dalla volontà o consenso dei due, ma

dall’azione stessa dello Spirito Santo al quale ovviamente i due devono

liberamente consentire.

Il Signore non fa mai le cose a metà. Avendoli uniti l’uno all’altra

nel modo suddetto, i due sposi hanno bisogno di avere in se stessi gli stessi

sentimenti che furono in Cristo Gesù sulla Croce: di amarsi e donarsi

reciprocamente nella stessa carità di Cristo. Il vincolo coniugale chiede,

invoca, esige che lo Spirito Santo venga a dimorare nei cuori degli sposi perché siano

resi capaci di amarsi come Cristo ha amato. è il dono della carità coniugale.

Con esso si completa l’opera di Cristo nei confronti degli sposi.

Come potete constatare, il vostro matrimonio ha come tre strati di progressiva

profondità.

Il primo è quello visibile, rituale: è la celebrazione

del sacramento del matrimonio secondo “il rito di S. Romana Chiesa”. Il

secondo è il primo “effetto” di questa celebrazione:

questo uomo e questa donna sono uniti da Cristo in un vincolo, il vincolo coniugale,

che è partecipazione allo stesso vincolo che unisce Cristo e la Chiesa. Il

terzo è la logica conseguenza del secondo: Cristo dona ai due la

sua stessa capacità di amare, la carità coniugale.

Questa è la realtà santa e venerabile del vostro matrimonio.

Tutto è dono; tutto è grazia: a voi è chiesto di consentire

mediante un vero consenso coniugale a questo dono. Consentire a che vi sia

fatto: celebrazione valida del vostro matrimonio; una volta ricevuto il dono,

consentire a che esso possa conformare sempre più la vostra vita al

Cristo che dona se stesso.

La nostra riflessione ora potrebbe, dovrebbe proseguire almeno lungo due percorsi.

Il primo consisterebbe nel mostrare come il dono  del sacramento del

matrimonio sia in perfetta corrispondenza al matrimonio, diciamo così,

naturale: a come un uomo e una donna in ragione della loro persona e della

loro mascolinità e femminilità pensano il matrimonio. Facendo

questo percorso noi vedremmo che il sacramento è al contempo elevazione

e compimento della coniugalità come tale. La rilevanza pedagogica di

questo  è enorme.

Il secondo consisterebbe nel mostrare come il dono del sacramento possa e

debba essere vissuto; come la grazia diventi un compito. è l’etica

matrimoniale.

Non iniziamo neppure i due percorsi perché non ne abbiamo tempo; lo

faremo, a Dio piacendo, in altre occasioni. Una sola cosa però la voglio

dire.

Se tutta la mia riflessione è stata chiara, sono sicuro che non farete

fatica a cogliere il rapporto singolare che esiste fra gli sposi e l’Eucarestia.

L’Eucarestia è il sacramento di ciò che è accaduto

sulla Croce, ed il vincolo coniugale è la partecipazione al vincolo

che sulla Croce è stato costituito fra Cristo e la Chiesa. L’Eucarestia è in

un certo senso la dimora spirituale dei coniugi cristiani sia positivamente

sia negativamente.

Positivamente perché è in essa che devono vivere; è in

essa che trovano il loro nutrimento. L’Eucarestia festiva è il

momento più importante della vita degli sposi cristiani.

Negativamente perché se i due sposi hanno attentato al loro vincolo

tentando di costituirne un altro, si sono posti fuori dell’Eucarestia:

Cristo non ripudia mai la sua Chiesa.

La missione del matrimonio cristiano.

La comunità coniugale dice ordine alla comunità famigliare,

la coniugalità dice ordine alla genitorialità. è questo

il secondo grande tema sul quale in questo incontro voglio attirare la vostra

attenzione. Né poteva essere diversamente: il reciproco dono di se stessi

che costituisce la coniugalità in senso pieno conduce gli sposi attraverso

l’atto fecondo sessuale ad essere genitori. Coniugalità e genitorialità sono

dunque connessi. In che senso? Vorrei cominciare questa seconda parte della

riflessione rispondendo a questa domanda. Dal seguito capirete perché prende

avvio da questa domanda.

Partiamo da un testo del Vaticano II: «Per sua indole naturale, l’istituto

stesso del matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati alla procreazione

ed educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento. E così l’uomo

e la donna … esperimentano il senso della propria unità e sempre

più pienamente la raggiungono» [Cost. past. Gaudium et spes 48,1:

EV 1/147]. Il testo è assai ricco; cerchiamo di esplicitarne alcuni

contenuti.

Notate subito che il rapporto fra amore coniugale e dono della vita [=procreazione-educazione

della prole] viene presentato in due modi: l’amore coniugale è ordinato

al dono della vita; l’unità coniugale ha il suo senso nel dono

della vita. In fondo i due modi di esprimere il rapporto coniugalità-genitorialità dicono

la stessa cosa: la coniugalità è per la sua intima natura orientata

al dono della vita. Il dono della vita è l’intima finalizzazione

della coniugalità.

Prima però di proseguire devo fare una precisazione assai importante.

Ho parlato di “orientamento”, di “finalizzazione”.

Non bisogna pensare questi termini come se il “matrimonio fosse uno strumento

per la procreazione: l’amore vero vale in sé e per sé e

non serve da “strumento” per niente. è per questo che una

coniugalità e un matrimonio sterile per ragioni indipendenti dalla volontà dei

coniugi, non hanno minor valore che un matrimonio fecondo né sono meno

veri.

Eliminato questo equivoco, possiamo proseguire la nostra riflessione. Mi piace

presentarvi il rapporto da due punti di vista. Dal punto di vista della nuova

persona che può essere concepita; dal punto di vista della coniugalità in

quanto dice ordine al dono della vita.

Il primo punto di vista: la persona umana esige di essere

concepita dall’amore coniugale. Per mostrarvi questo, vorrei partire

da un paradosso cui assistiamo ogni giorno: è normale che nascano i

bambini; è straordinario che nascano i bambini. è normale: rientra

nei fenomeni propri di ogni specie vivente; è abbastanza spiegabile

in base alla conoscenza scientifiche della fisiologia riproduttiva. La normalità si

evidenzia nella registrazione numerica dei nati: esiste in ogni anagrafe comunale

degli stessi una numerazione progressiva. è straordinario: non è nato

uno individuo che permette il perpetuarsi della specie umana, perché è nata

una persona che non è semplicemente un individuo della specie umana;

perché è nata una persona che non è numerabile [le persone

non fanno numero] perché è irripetibile. è venuto all’esistenza

qualcuno di unico.

Posso dire la stessa cosa dicendo: il concepimento di una nuova persona umana è un

evento biologico e un evento spirituale. Fra i due eventi non c’è estraneità:

l’uno è dentro all’altro; è il concepimento di una

persona.

La comunione coniugale è il luogo adeguato perché impedisce

che questo fatto perda il suo carattere di straordinarietà, diventi

un dato statistico. è quando il concepimento di una nuova persona umana

avviene nell’amore coniugale che la nuova persona umana è riconosciuta

nella sua unicità ed irripetibilità. La separazione del concepimento

dall’atto dell’amore coniugale espone la persona del concepito

in vitro al non riconoscimento della sua dignità di persona.

E così, come vedete, nella sua realtà intera di sponsalità-genitorialità-fraternità «Ã¨ la

famiglia – e deve esserlo – quel peculiare ordinamento di forze

in cui ogni uomo è importante e necessario per il fatto che è e

in virtù del chi è, l’ordinamento il più intimamente “umano” edificato

sul valore della persona e orientato sotto ogni aspetto verso questo valore» [K.

Wojtyla, Metafisica della persona, Bompiani ed., Milano 2003, pag. 1464].

La più grande difesa dell’uomo e della sua dignità consiste

quindi nella difesa e promozione della dignità del matrimonio e della

famiglia: la causa dell’uomo passa per la causa del matrimonio e della

famiglia.

Il secondo punto di vista: la coniugalità dice ordine

al dono della vita. Mi limito, parlando a sposi cristiani, alla considerazione

che nasce dalla fede.

Nel numero precedente abbiamo meditato sulla verità più profonda

del matrimonio cristiano. Esso è il sacramento del vincolo che unisce

Cristo e la Chiesa, nel senso che abbiamo detto.

L’unione di Cristo colla Chiesa mira per la sua natura a generare l’uomo

alla vita nuova: a farlo rinascere. Il tema della maternità della Chiesa è un

tema centrale nella riflessione cristiana.

Essa è la nostra Madre perché ci comunica la stessa vita divina

mediante il suo Magistero e la sua Liturgia. Nella sua maternità casta,

Ella ci assicura la trasmissione pura della Parola di Dio; nella sua maternità feconda,

Ella ci dona continuamente nuovi fratelli.

Donde deriva alla Chiesa la sua fecondità? Unicamente dal vincolo – lo

Spirito Santo – che la unisce a Cristo.

Questa maternità della Chiesa ha come due “organi” mediante

i quali essa si esprime e si realizza: il ministero sacerdotale; la coniugalità cristiana.

Non parliamo del primo. La coniugalità cristiana partecipa delle mistiche

nozze di Cristo colla Chiesa, e quindi della sua fecondità. Gli sposi

cristiani sono coloro che generano i nuovi figli di Dio. Non solo in senso  biologico,

ma anche in senso spirituale, chiedendo i sacramenti dell’iniziazione

cristiana ed educandoli nella fede: il bambino è rigenerato nella fede

dei genitori. è questa la grande missione degli sposi cristiani. Su

di essa vorrei fermarmi ulteriormente.

La cosa propria e specifica degli sposi cristiani è che sono essi ad

introdurre la nuova persona umana nella realtà, nella vita cristiana.

Cioè: ad educarli nella fede al suo inizio. è questo un compito

loro, nel quale nessuno può sostituirli. Possono e devono essere aiutati,

ma non sostituiti.

Ho già scritto e parlato spesso su questo tema; l’ho fatto anche

nella mia Nota pastorale.

Proprio in questi giorni, quando già avevo scritto questo testo, è uscito

un volume di don Dossetti, che raccoglie alcune omelie. Cito un brano di una

di esse perché dice esattamente la stessa cosa che vi sto dicendo: «I

figli si devono desiderare per farne dei cittadini del Regno. Questa è l’unica

vera ragione che autorizza un legittimo desiderio. Quelli che non hanno la

fede possono desiderare figli per tutte le altre ragioni … [per i credenti]

si desiderano i figli solo per farne dei cittadini del Regno; bisogna non aver

paura e desiderarli per questo».

Le indubbie difficoltà obiettive che oggi incontra l’impegno

educativo dei genitori cristiani non devono farci dimenticare che essi in forza

del sacramento ricevono la capacità di educare nella fede. A questo

dono devono rifarsi continuamente.

Aggiungo solamente una piccola ma importante considerazione pratica: l’educazione

esige che la famiglia adotti uno stile di vita educativo. Uno stile di vita

che renda possibile e praticabile il dialogo vero, una profonda convivenza,

una vera trasmissione di esperienza.

Esiste dunque un’intima connessione fra coniugalità e genitorialità,

che può essere guardata sia dal punto di vista del figlio sia dal punto

di vista dei coniugi.

Esiste però un altro punto di vista, ed è quello più alto

di tutti perché ci fa vedere la suprema dignità degli sposi.

Ogni persona umana è frutto di un atto di amore creativo immediato

di Dio e dell’atto di amore coniugale procreativo degli sposi. Questi

sono i «cooperatori» di Dio creatore: nel loro atto di amore Dio

celebra la liturgia del suo amore creativo. «Dio ha permesso loro di

prender parte al venire all’esistenza di questo nuovo essere umano, quest’essere è affidato

a loro in modo così misterioso ed è il frutto del loro amore

reciproco. Con la nascita, quando il nuovo essere umano, che è affidato

a loro da Dio in modo così unico, sta davanti a loro, l’amore

anticipato diventa anche una risposta al valore della bellezza dell’uomo

come “immagine di Dio”. La preziosità di un essere umano – ancora

indefinito e “nudo” –, la sua amabilità è  per

così dire “indirizzata” ai genitori in modo unico. In base

al fatto che questo bambino viene alla luce attraverso di essi, che viene affidato,

viene raccomandato da Dio ad essi in modo così misterioso, risplende

in modo speciale la preziosità della persona umana» [D. von Hildebrand,

Essenza dell’amore, Bompiani ed., Milano 2004, pag. 541-543].

Conclusione

Ho voluto nel nostro primo incontro mostrarvi la bellezza, la grandezza del

vostro matrimonio cristiano, perché siate sempre più consapevoli

della grazia che il Signore vi ha fatto; ne abbiate stima e gratitudine al

Signore.

Non ignorate certamente che questa realtà, il matrimonio come tale

ed ancor più il matrimonio cristiano, oggi è sottoposto alla

totale demolizione. Ma voi avete ricevuto uno spirito non di timidezza, ma

di forza, di amore e di sapienza.

24/10/2004
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