Il Card. Zuppi con Lucio Caracciolo

Disordine mondiale: una lettura tra fede e ragione

Una conversazione tra l'Arcivescovo e il direttore di Limes sulla "terza guerra mondiale a pezzi"

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CASALECCHIO DI RENO – Dimensione laica e dimensione religiosa: un confronto sul disordine mondiale tra ragione e fede. È l’orizzonte dell’incontro promosso martedì sera dal Comune di Casalecchio – Area al servizio del Cittadino e alla comunità, presso la Casa per la Pace, che ha visto insieme il Cardinale Matteo Zuppi e Lucio Caracciolo direttore della rivista di geopolitica Limes. In dialogo con Caracciolo, il Cardinale ha ricordato l’importanza di guardare al mondo e di cercare di capire i fenomeni nelle loro complesse radici storiche e culturali, nel loro sviluppo e nelle loro implicazioni, rifuggendo dalla tentazione del digitale che accende su alcune realtà una luce rapidissima per poi passare ad altro. Guardare al mondo, ha sottolineato Zuppi, senza sentirsi però il centro del mondo. Il Cardinale ha ricordato la profonda consapevolezza della generazione che è uscita dalla seconda guerra mondiale che la terza guerra sarebbe stata l’ultima. Non dimentichiamo la grande spinta morale che sulle ceneri della guerra ha portato alla costituzione delle Nazioni Unite, una istituzione che oggi sta rivelando una grande debolezza ma che rimane uno strumento irrinunciabile per la composizione pacifica dei conflitti. Se è realistico pensare che in determinate circostanze sia necessario innalzare dei muri per contenere possibili conflitti, il Cardinale ha ricordato però che i muri non possono essere che provvisori. Sono come una anestesia che in alcuni momenti è necessaria, ma non si può vivere di anestesia, senza lo sforzo di una soluzione. La Chiesa cattolica, ha detto ancora Zuppi, è una delle pochissime realtà sovranazionali che può risultare credibile nel dialogo tra le parti, perché non ha interessi, ha una forza etica e aiuta a superare i nazionalismi. Certo anche la Chiesa come istituzione ha le sue tensioni e le sue difficoltà, ha detto il porporato, ricordando tra l’altro anche l’anniversario della rinuncia di papa Benedetto. Ma la Chiesa, come ripete spesso Papa Francesco non è una sfera: è un poliedro; la Chiesa non pretende di forzare le differenze in una omologazione, ma sa tenere insieme tanti aspetti differenti perché ha un principio di unità ancora più forte delle differenze, ricordando a questo proposito anche l’importanza della Chiesa come struttura istituzionale, nella sua romanità. Il Papa non chiede infatti la fine della Chiesa come istituzione, ma chiede una istituzione così forte nella sua credibilità e nella passione per l’uomo, da potersi compromettere e sporcarsi le mani. E questa è una sfida quotidiana nella vita ecclesiale, ma vitale per una realtà tanto ricca e articolata. E se da una parte c’è la giusta sottolineatura della differenze, esiste sempre la tentazione che si trasformino in individualismo. Altra espressione bergogliana su cui si è dibattuto è quella che definisce la Chiesa come “ospedale da campo”, una immagine che si vorrebbe superare per dare una idea meno provvisoria e più identitaria. Ma il Cardinale ha ricordato che la Chiesa sta dentro alla sofferenza del mondo e il mondo è una emergenza permanente che ci sfida ogni giorno. Quella di Francesco è l’espressione di un amore appassionato per l’umanità da soccorrere nelle sue ferite. 

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