2 agosto

La preghiera per le vittime della strage di Bologna

La Messa è stata presieduta dal Vicario Generale, monsignor Stefano Ottani, nella chiesa di San Benedetto

Questo contenuto non è disponibile per via delle tue sui cookie

A 43 anni dall’attentato a Bologna Centrale la Messa in suffragio delle vittime presieduta da monsignor Ottani, Vicario Generale

Mercoledì 2 agosto, a 43 anni dall’attentato alla Stazione Centrale, il Vicario Generale per la Sinodalità monsignor Stefano Ottani ha celebrato la Messa in suffragio per le 85 vittime nella chiesa di San Benedetto. Erano presenti autorità civili e militari e diversi rappresentanti dell’Associazione tra i familiari delle vittime.

«Ci ritroviamo a 43 anni dall’orribile strage del 2 agosto 1980 – ha detto monsignor Ottani all’inizio della celebrazione -. Ci troviamo per ricordare e pregare le 85 persone che vi trovarono la morte, gli altri 200 feriti. Ci uniamo ai loro famigliari, insieme alle Istituzioni e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà.

Porto il saluto e la comunione nel ricordo e nella preghiera del cardinale arcivescovo, Matteo Zuppi, a Lisbona per partecipare alla Gmg.

La celebrazione dell’Eucaristia ci invita ad andare a non rimane in superficie, a cercare l’origine del male e della morte, per prenderne consapevolezza, chiedere perdono e impegnarci perché non vi siano più stragi, né violenza alcuna, ma – soprattutto – per annunciare la risurrezione di Gesù, primizia e speranza della risurrezione dei morti, certezza della vittoria finale del bene, garanzia che l’impegno per la verità e la giustizia non è mai sprecato.

Ci lasciamo guidare allora dalla liturgia.

Consapevoli delle tante complicità con il male, ci battiamo il petto e chiediamo perdono, per poi metterci in ascolto della Parola del Signore, luce sul nostro cammino, e proclamare la Pasqua di morte e risurrezione.

L’omelia di monsignor Stefano Ottani:

La vicenda dei due fratelli, Caino e Abele, che la Bibbia mette all’inizio dell’umanità, ci spinge ad una riflessione profonda: fin dall’inizio la storia umana è segnata dalla violenza del fratello che alza la mano sul fratello e lo uccide.

Nel racconto biblico, che legge la storia alla luce della sapienza umana e della fede, il motivo che spinge Caino contro Abele è il diverso gradimento delle loro offerte da parte del Signore, che genera irritazione e abbattimento. Questi atteggiamenti sono conseguenza delle azioni compiute: se agiamo bene teniamo alto il nostro volto, dominando i nostri istinti.

Cogliamo così la complessità delle cause della violenza, conseguenza dei comportamenti e di moventi interni all’uomo: c’è una circolarità tra il comportamento buono, la fierezza e la consapevolezza di sé, la relazione con Dio e il fratello e l’esito buono o cattivo.

Non è certo la semplice consapevolezza di essere fratelli che blocca la violenza; c’è bisogno di un deciso cambiamento nelle azioni personali e collettive. Solo la pratica della giustizia porta alla vera fraternità.

Dio chiede conto: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo».

La voce del sangue degli 85 nostri fratelli morti, dei 200 feriti, continua a gridare dal suolo! È per ascoltare questo grido che ci siamo riuniti oggi.

Un grido che si estende da un capo all’altro della terra, dalle innumerevoli situazioni di morte e di violenza, di guerra e di persecuzione, di discriminazione e di miseria.

È per ascoltare questo grido che ci siamo riuniti oggi.

Come afferma papa Francesco, la memoria si conserva più che per via verticale, per via orizzontale. Oltre cioè all’impegno di trasmettere la memoria nel tempo, siamo convinti che il suo valore venga compreso nello spazio, ossia dal constatare che le stesse cause e i medesimi effetti sono attuali e devastanti oggi, e richiedono oggi di allargare i nostri orizzonti per un comune impegno di pace.

La tentazione è sempre quella di non ritenerci custodi dei nostri fratelli e per questo di mentire: «Non lo so», di cercare di depistare. È chiara, nella Scrittura, l’attribuzione della responsabilità all’uomo, fondata sui suoi comportamenti e sul legame di solidarietà che unisce tutta l’umanità, per invitarci ad assumere tutti il dovere della custodia dei fratelli.

È però davvero interessante continuare ad ascoltare le pagine della Scrittura che ci sono state proposte, per accorgersi che la riflessione non continua con l’analisi, ma con la rivelazione che Gesù fa ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore».

Questa è il modo con cui i discepoli di Gesù rispondono alle ineludibili domande sul perché della violenza e della morte, sulle complicità con il male e la necessaria solidarietà che unisce tutta l’umanità: inserendosi nella comunione di amore tra il Padre e il Figlio nella Trinità.

Il Signore Gesù pronuncia queste parole «in quel tempo», durante l’ultima cena, quando è del tutto chiaro l’evolversi della situazione: il tradimento, l’arresto, l’abbandono dei discepoli, la condanna dell’innocente, la solitudine, gli scherni, la passione e la morte.

È questo il modo con cui anche noi vogliamo vivere la memoria della strage di Bologna e delle stragi, rovesciando la logica di Caino.

La ferita ancora aperta, la lucida consapevolezza della tentazione di negare, la chiara attribuzione di responsabilità, portano ad accogliere come fondamento di speranza, personale e sociale, l’ubbidienza ad una nuova logica: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi».

condividi su