CASTEL SAN PIETRO TERME – Come il nostro Papa e il nostro Arcivescovo ci stanno dimostrando in questi giorni, le emergenze, per quanto gravi, non sospendono le tradizioni della Chiesa, anzi a volte le rinnovano. Di certo, ce ne fanno capire la necessità. A Castel San Pietro Terme ad esempio esiste una tradizione antica, la festa del Santissimo Crocifisso, la cui celebrazione tutti gli anni coinvolge i fedeli anche attraverso un’esecuzione musicale del tutto sui generis.
Sulla piazza principale del paese, affaccia la Chiesa del Crocifisso nel cui campanile vi è uno strumento originale: un carillon composto di 55 campane che, inaugurato quasi un secolo fa, è ancora oggi in funzione. Anche quest’anno, per la festa del Crocifisso che cade la quinta domenica di Quaresima, il carillon suona, ma la sua musica non precede le affollate celebrazioni liturgiche degli anni scorsi: ad un primo sguardo i rintocchi delle campane cadono nel vuoto di piazze e strade deserte.
L’isolamento imposto dal Coronavirus infatti non permette i consueti festeggiamenti. “A guardare meglio però, la musica delle campane assume un significato nuovo, capace di riempire il silenzio del centro cittadino – spiega Annarita Zazzaroni, docente universitaria dell’Alma Mater, che da oltre 20 anni suona il carillon -. La festa del Crocifisso – sottolinea, prima di iniziare a suonare – è un’occasione per sentirsi vicini, meno soli, malgrado tutto”.
La musica delle campane va a trovare gli abitanti di Castel San Pietro nelle loro case. Chiunque può aprire la finestra o affacciarsi dal balcone: per qualche minuto l’antico campanile fa vibrare la città di una sola melodia”. Chi conosce la storia di Castel San Pietro sa bene che è proprio nei momenti più bui, che le campane hanno saputo confortare la città, farsi segno della vicinanza di Dio. Così è stato durante la II Guerra Mondiale, così è ancora oggi.
Lorenzo Benassi Roversi
L’articolo integrale è disponibile sul numero di Avvenire-BolognaSette del 5 aprile 2020.