Funerali di don Bruno Biondi

Ci prepariamo al tempo dell’Avvento. La Parola di Dio ci aiuta sempre ad attendere, che poi vuol dire sperare, vivere, perché tutta la vita attende la sua pienezza. È quando non si aspetta più nessuno che la vita finisce.

L’invito dell’Avvento risuona anche quando tutto sembra terminato, finito. Il Natale è avanti a noi ma il riflesso della sua luce, quella che viene a illuminare le genti e a liberare dall’ombra di morte, lo abbiamo già visto. Oggi seguiamo fin dove possiamo il nostro fratello Bruno, nel giorno del suo avvento, del compimento della sua attesa, quando finalmente vede, inondato di luce e di pace. Entra nella casa del Padre, quella delle molte dimore, dove il Figlio prepara un posto, perché nessuno lo perda o si disperi perché smarrito. È venuto, è andato, torna proprio per questo. Bruno ha costruito al Signore con cura la casa di pietra (anche nelle linee architettoniche) perché accogliesse quella casa di pietre vive che ha amato e ordinato con sapienza pastorale. Ci teneva tantissimo che la Chiesa fosse conosciuta, tanto che voleva che sempre ci fossero i riferimenti nei foglietti degli avvisi e fu, non a caso, uno dei primi a mettere su un sito internet della parrocchia, perché potesse essere anche fisicamente un vero punto di riferimento.

C’era sempre. Aveva un’attenzione così viva per ognuna di quelle pietre vive, che dava sicurezza, fiducia, coinvolgendo, facendo sentire parte, con testardaggine, perché se pensava una cosa la voleva concretizzare quasi subito. Era rarissimo che uscisse, e faceva un punto decisivo della pastorale l’esserci, il dedicarsi interamente alla sua comunità. Non si accontentava di una pastorale di “conservazione” ma ha cercato, soprattutto nella catechesi, modalità “nuove”, coinvolgendo le famiglie già decenni or sono. Una casa che ha voluto sempre viva, casa di relazioni, anche attraverso tanti momenti, numerose occasioni sia spirituali sia di festa, per far sì che la gente venisse in parrocchia e la abitasse, la rendesse viva. La casa del Signore ci aiuta a vivere in maniera familiare. Potrebbe essere altrimenti? Siamo la sua famiglia, in senso umano, incarnato, non simbolico!

Negli ultimi giorni, quando don Matteo ricevette accanto al suo letto una chiamata da una famiglia, e Bruno gli chiese il cognome, subito disse la via e che lavoro facevano. Ci aiuta Daniele, il profeta che affronta il male con fermezza, senza compromessi, con intelligenza, per svelarlo quando, subdolo, prende l’apparenza della giustizia come per Susanna, doppiamente vittima della cupidigia degli uomini. Daniele non tradisce quel Dio, il cui amore doveva essere sempre avanti a lui, e la sua fede suscita odio, condanna, ma anche ammirazione, rispetto, tanto che il re Dario è attratto dalla sua serena convinzione, augura a lui di salvarsi e, per certi versi, fa sua la preghiera di Daniele imparando da lui. I credenti insegnano a pregare con la loro vita e donano parole di fede a chi non la ha ancora, parole di fede che il Signore sa ascoltare e fare sue. Don Bruno era un uomo di preghiera, costante e metodica. Alla mattina, ai vespri, alla compieta, non mancava mai di trovarsi nella cappellina feriale, davanti al Santissimo. E si arrabbiava se in quei momenti qualcuno era in parrocchia e non andava a pregare. Dio protegge chi si affida a lui. La preghiera è come la visione notturna, nella notte della fatica, della ricerca dell’implorazione, che ci permette di vedere il figlio d’uomo, il Signore Gesù che viene incontro a noi. Nella preghiera è la nostra forza perché sentiamo il suo potere che è eterno, che non finirà mai, e capiamo come siamo già parte del regno che non sarà mai distrutto. Daniele viene gettato nella fossa dei leoni, immagine della nostra lotta contro la morte, tanto che molti monumenti funebri riportavano proprio questo episodio biblico. Daniele, come tutti noi, deve combattere contro il nostro nemico, il diavolo, che come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. È la lotta di Cristo. Efrem il Siro scrive: “La fossa si apre come le tombe, le bestie sono vinte come la morte. Il Trionfante risale ad annunciare la risurrezione a quelli che giacciono nelle tombe”. Come Daniele, venne sigillato così anche Gesù nel sepolcro. Nella distruzione del tempio del nostro corpo, circondato dal male, quando il mondo intorno sembra crollare tutto, la vita perdersi e la costruzione del nostro corpo non contenere più il dono della vita, quando il mondo cambia, la luce sembra spegnersi e le sicurezze perdersi, quando il corpo non risponde più come prima e si rivela qualcosa dentro che lo rovina, ecco, i credenti in questa tempesta che li travolge sono rassicurati. Penso al combattimento doloroso di queste ultime settimane, davvero difficili per lui, anche perché non poteva comunicare e questo lo addolorava tantissimo. In queste difficoltà don Bruno ha visto che il regno di Dio è vicino e ha sentito la sua parola che non passa, perché parola di amore eterno. Io ti amerò sempre. Lo vediamo e lo vedremo.

E ringrazio di cuore chi, con amore, ha accompagnato Bruno riflettendo il volto di Gesù, don Matteo e tutta la comunità che lui ha cercato e che lo faceva rialzare, anche fisicamente, come quando, debolissimo è sceso nella sua chiesa della Meridiana. Quando non c’è nessuno che possa aiutarti, quando ogni speranza sembra perduta, il Signore non abbandona, mostra il suo aiuto, riveste di valore la nostra debolezza. La paura fa abbassare lo sguardo, rende insignificante, fa rinchiudere, schiaccia a terra. L’amore per il Signore, donato e ricevuto, fa alzare, solleva dalla debolezza, rialza dalla caduta, libera dalla fossa dei leoni, restituisce alla vita, porta in alto.
È proprio questo incontro pieno e definitivo che aspettiamo, che è avanti a noi.

Don Bruno ha voluto il ricordino con queste parole, che sono state la nota di tutta la sua vita: “Offri la vita tua come Maria ai piedi della croce e sarai servo di ogni uomo, servo per amore, sacerdote dell’umanità. Avanzavi nel silenzio fra le lacrime e speravi che il seme sparso davanti a Te cadesse sulla buona terra. Ora il cuore tuo è in festa perché il grano biondeggia ormai è maturato sotto il sole, le tue reti getterai”.

Grazie don Bruno e prega per questa casa, per ognuno di noi, per la Chiesa di Bologna perché sia sempre una casa accogliente, famiglia di coloro che ascoltano e mettono in pratica la Parola di amore di Dio. Il Signore sia la tua pace e al termine del tuo avvento che tu possa vedere il volto mite e festoso del figlio dell’uomo e ti faccia nascere alla vita che non finisce.

 

 

Chiesa di S. Lucia di Casalecchio di Reno
26/11/2021
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