Omelia nella Giornata della Vita Consacrata con Consacrazione nell’Ordo Virginum

“Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate”. Tanti lo cercano e in molti modi. Il Signore cerca di farsi trovare, non si nasconde, non mette alla prova, desidera rivelarsi, si lascia prendere in braccio, libera dalla paura perché si affida Lui al nostro amore per farci sentire quanto ci ama e non avere paura noi ad amare. Perché viene? Oggi, come sempre, la Parola di Dio che leggiamo ci aiuta a comprendere la Parola di Dio. Viene per “ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita”. Ecco la lotta di Gesù: lui combatte contro il nemico, suo e nostro, che è suo perché nostro. Dio non scende a patti con chi vuole distruggere l’amato, disperderne la vita, spegnere la luce, renderla mediocre, insignificante. Combatte il mistero del male con il solo amore. Il male inquieta perché resta un mistero ma ha tante epifanie che ci annichiliscono, riempiono di sgomento e di paure, alle quali a volte ci abituiamo oppure per le quali ci addormentiamo perché sono talmente grandi e pesanti che chiudiamo gli occhi per non pensare. Il male rende insipidi, fa sentire deboli perché non riconosciamo la nostra vera forza, ci persuade che è inutile fare qualche cosa. Il frutto più temibile è la tiepidezza, perché quella meno evidente, che appare senza conseguenze, fa credere di avere sempre un’altra possibilità quando vogliamo e decidiamo noi, solo che rimandiamo sempre. Il male banalizza l’Amore, lo riduce a prestazione fisica, a possesso, mentre l’amore è soprattutto tenerezza e solo dono. Il male ci rende sempre negativi, accaniti sul male e non a difendere il bene. Ecco, Gesù combatte contro il male e lo fa amando e chiedendoci di amare. Non combatte il male come i farisei, che al massimo lo certificano, ma alleandosi con gli uomini, chiamando, guarendo, liberando le persone che ne erano prigioniere, perdonando. Quando confidiamo in noi rischiamo di vederlo ovunque, ci riempiamo di ossessioni, distruggiamo l’altro non sapendo vedere più il bello ma solo la pagliuzza. Gesù si prende cura e chiede anche a noi di prenderci cura.

Ecco perché viene quel Gesù che Simeone aspettava! La consolazione d’Israele. Non si era arreso all’età, al calcolo, alla convenienza. È luminoso non perché aveva avuto tutte le risposte, ma perché aspetta e vede. Si lascia muovere dallo Spirito e non dall’amarezza, dalla prudenza, dalle convenienze e così riconosce il bambino. Aveva caratteristiche particolari? No. Era un bambino. Pieni di amore non dobbiamo vedere tutto ma nel piccolo vediamo il tutto. È la promessa di quello che sarà. Questo è avere visione, riconoscere nel presente quello che sarà. In realtà tutta la nostra vita è così. Vediamo il già, contempliamo qualcosa che capiremo pienamente dopo. Questa luce che vediamo, che portiamo nel cuore pur nella nostra inadeguatezza, quella che resta tale. Non cerchiamo una perfezione che non esiste e non è richiesta. Proprio nella nostra debolezza, che include anche il nostro peccato, si rivela la pienezza della grazia. Gli altri vedranno attraverso di noi la bellezza non perché siamo perfetti ma perché pieni di Lui! Ecco, per questo ci consacriamo all’amore che ci fa suoi, ci trasforma, ci rende luminosi, fortissimi, liberi e affrancati dal male. E siamo suoi nonostante il nostro limite e sempre nelle contraddizioni del nostro cuore. Ringraziamo dei doni che abbiamo e anche di quello che abbiamo scoperto di essere e di poter offrire. Ciascuno e ciascuna di voi pensa a date e ad eventi precisi, che hanno segnato la nostra vita, ritorna alla bellezza della sua consacrazione, e questo non è ricordo ma grazia che oggi rende nuovo ciò che è vecchio e permette a dei vecchi di parlare del futuro, di vederlo e farlo vedere. Non anteporre nulla a Dio e al suo Regno anticipa quello che siamo, porta a vedere oggi quello da cui veniamo e verso cui andiamo. È sempre la festa di questo incontro, che non smettiamo di conoscere, che si rinnova e vi rinnova, luce che trasmette luce, amore che accende amore. Gesù ci prende, ci avvince, ci pervade, ci attira.

È bello lasciarci attrarre da lui, lasciarci trasfigurare nella sua luce e nella sua vita e rendere questo amore spirituale molto materiale, concreto, libero dal possesso ma per questo non meno amore, anzi più profondo, libero, affettivo, proprio perché solo suo e capace di generare tanta vita, di farci trovare quello che conta perché liberi dalla ricchezza, poveri che hanno tutto e che rendono ricchi gli altri proprio perché poveri. Una famiglia, attenzione, perché non siamo isolati ma insieme. Questo è essere diocesani, legame che aiuta i vostri carismi e questi aiutano la Chiesa. Le nostre relazioni non sono perfette, ma sono già, anche nella composizione spesso così larga, universale, anticipo di quell’amore per tutti che rende ognuno fratello. Pensiamoci sempre per gli altri e vediamo nel bambino il futuro; parliamo a tanti di Lui, creiamo relazioni, generiamo famiglie, comunità dove siamo attrattivi con la gratuità dell’amore! Un amore esigente perché vero, che accoglie ma combatte il male con l’unica arma che lo può vincere: l’amore, anche quando sembra non convenire. Offriamo Gesù al Padre e, in lui, noi stessi; offriamolo per noi e per Amore pieno, totale, possibile a tutti, inizio di quella pace per tutte le genti che tanto manca, in un mondo segnato da un dolore immenso, insopportabile, che fa piangere ma anche scegliere la via dell’amore. La nostra vita non ha altro senso che nel donarsi in e come Gesù per diventare luce e vita, e ogni nostro atto di amore sia riflesso della luce di Cristo che abita nei nostri cuori; perché sappiamo vedere in ogni evento, per piccolo e modesto che sia, i segni della salvezza e della speranza.

Oggi accompagniamo una nostra sorella, Haidi, che ci ricorda come anche chi ha le spine fiorisce. L’amore di Dio ha superato le spine perché sapeva che anche da lei potevano nascere frutti di vita e tenerezza. L’Ordo Virginum è una tra le forme più antiche di vita consacrata e ci provoca ancora oggi nel recuperare la freschezza e la semplicità delle origini. È un dono che si affianca ai nostri tanti carismi che ci fanno tutti rassomigliare perché figli della stessa madre con le diversità che arricchiscono la nostra famiglia.

Preghiamo tutti i vostri santi, quelli che avete incontrato, il cui carisma ci ha fatto conoscere l’amore di Dio. Ci affidiamo a Maria, Madre della Chiesa, perché pieni della Parola di Dio la rendiamo viva e presente, pane di vita che sazia la domanda della vita. A Maria, Madre dell’umiltà, chiediamo di lasciarci sollevare da Lui che si lascia prendere in braccio perché generiamo vita. A Maria, Madre forte di amore, chiediamo di essere forti per spezzare il giogo dei potenti, per vincere la forza del male e mostrare la luce che ha vinto le tenebre e illumina i cuori, luce che non finisce e rende luminosa tutta la vita.

Cattedrale di San Pietro - Bologna
02/02/2024
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