Omelia nella Giornata della Vita

Gesù è attento alla condizione concreta delle persone che incontra. Non guarda se stesso e non giudica a partire da sé. Guarda il prossimo, ne comprende la sofferenza perché ama, fa agli altri quello che vuole sia fatto a Lui e che sia per tutti. Gesù si fa coinvolgere dagli incontri, dalle situazioni concrete, dalle domande, tanto che cambia i suoi programmi perché il suo programma è la vita delle persone, e che sia in abbondanza e piena. Vuole raggiungere tutti con l’unica forza che ha, quella dell’amore. Ed è una forza che affida a noi e della quale ci riempie il cuore. Le persone che si credono importanti, che preferiscono guardare da lontano, che non vogliono sporcarsi le mani pensando così di conservarle pure, quelli che hanno sempre ragione e accusano gli altri, finiscono inevitabilmente per passare dall’altra parte della strada e, quindi, per lasciare quell’uomo solo e mezzo morto, la cui condizione alla fine diventa una colpa. Essi giudicano ma non fanno nulla, cercano con severità le responsabilità di ognuno, non si interrogano sulle proprie e su cosa avviene se restano a distanza, pensano banalmente che non li riguardi. Non basta dare indicazioni, anche accurate, se poi non si aiuta!

Oggi celebriamo la Giornata della vita. Sentiamo, in realtà, un forte odore di morte e si diffonde una mentalità che si abitua alla morte: cerca la vita ma non la sa amare e difendere, fragile com’è. La guerra travolge, inghiotte la vita di tanti e getta un’ombra di morte su molti. I cavalieri della nostra apocalisse seminano terrore, distruggono, mettono milioni di persone in fuga dalle loro terre, uccidono con la fame e con le malattie, molte delle quali potrebbero essere curate. I cavalieri seminano odio, dolore, tanto dolore, insopportabile. Di fronte a queste sfide Gesù ci indica cosa fare: amare. I farisei con zelo, quasi con ossessione, condannano, maledicono e non sanno capire la sofferenza, la giudicano, la esaminano, impartiscono ricette impossibili da vivere, e poi si sentono salvati loro e rendono complicata la salvezza a chi la cerca. Osservano la folla e dicono: certo, sono senza pastore perché non rispettano la legge e sono stanchi e affaticati per colpa loro! Gesù, invece, si commuove, piange, ne ha compassione, chiama i suoi e li manda perché guariscano e comunichino il Vangelo del suo amore, della sua presenza. Non dobbiamo mai accontentarci di condannare il peccato senza amare il peccatore! Non possiamo pensare che sia sufficiente attribuire responsabilità senza decidere di essere vicino a chi soffre, senza capire che tanti si sono allontanati perché non li abbiamo attratti, perché abbiamo pensato a noi, non abbiamo testimoniato l’amore. La lontananza è sempre una richiesta di amore!

Quando abbiamo ridotto il Vangelo a etica, e ci siamo così creduti a posto perché abbiamo ripetuto quella senza rendere il Vangelo quello che è, un incontro, una storia, un avvenimento, tanti non hanno capito e hanno cercato altrove le risposte, cadendo nel grande inganno dell’individualismo, dell’esaltazione di sé, di fare della vita non un dono ma un possesso, cedendo alle sirene del pensare a sé come via per la felicità. I discepoli di Gesù, invece, non si mettono in cattedra, ma per strada. Non si mettono a giudicare, ma il loro giudizio è l’amore, vanno incontro e insegnano ad amare la vita amandola, riempiendola di significato, facendo di questa una nuova cultura della persona, del rispetto e della vera libertà che è quella di essere fratelli tutti, a partire dai più piccoli, i primi ad essere vittime dell’egocentrismo. Non si giudica, si vive! Gesù che è la via lo è perché la sua vita l’ha perduta amando. La forza della vita ci sorprende”. Ogni vita ha valore ed è capace di donare al prossimo tanto, ma perché ciò avvenga deve essere amata e dobbiamo chiedere amore. “Nessuna vita va mai discriminata, violentata o eliminata in ragione di qualsivoglia considerazione”. Chi decide “se e quando una vita abbia il diritto di esistere, arrogandosi per di più la potestà di porle fine o di considerarla una merce?”. È drammatico quando questo avviene, soprattutto con il pericolo algoritmo di una vita pornografica, che ne stabilisce il valore e lo toglie a seconda delle prestazioni! Difendere la vita non è retaggio del passato, è consapevolezza del presente e scelta per il futuro. “La vita dei bambini, nati e non nati, viene sempre più concepita come funzionale ai desideri degli adulti e sottoposta a pratiche come la tratta, la pedopornografia, l’utero in affitto o l’espianto di organi. In tale contesto l’aborto, indebitamente presentato come diritto, viene sempre più banalizzato, anche mediante il ricorso a farmaci abortivi o del giorno dopo facilmente reperibili”.

È proprio questo lo stesso algoritmo che alla fine porta a spegnerla, affermando il fastidio, il peso e non la bellezza di proteggere la fragilità. Solo dando vita troviamo vita. Le “vite negate”, cui la nostra società preclude di fatto la possibilità di esistere o la pari dignità con quelle delle altre persone. La vita ha una forza sorprendente, per certi versi incredibile. Perché spegnerla? “Quante volte il capezzale di malati gravi diviene sorgente di consolazione per chi sta bene nel corpo, ma è disperato interiormente! Quanti disabili portano gioia nelle famiglie e nelle comunità, dove non “basta la salute” per essere felici! Quanto spesso il bambino non voluto fa della propria vita una benedizione per sé e per gli altri!”. Quali sono i criteri certi per misurare la felicità e la realizzazione di una persona? Destano grande preoccupazione gli sviluppi legislativi locali e nazionali sul tema dell’eutanasia. Papa Francesco ricorda che “il grado di progresso di una civiltà si misura dalla capacità di custodire la vita, soprattutto nelle sue fasi più fragili”. Questo è chiesto a tutti, e se i cristiani invece di fare lezioni amassero semplicemente la vita e imparassero a custodirla, per tutti, mostrerebbero quanto è attraente Gesù, che difende la vita aiutando. L’amore vero non ha limiti e l’amore donato non è perso. Non esiste una vita senza problemi e il benessere non è evitarli, ma risolverli, anche a costo di molto amore. L’amore solleva. Sempre. Davanti al mistero del male, che sgomenta, turba, l’unica risposta di Gesù è rendere vicino, amare anche quando c’è solo il buio, perché nell’amore inizia la luce. Stiamo con Gesù: vicini alla sofferenza, tendiamo le mani per lenirla fin dove possiamo, per liberare, perché lì, nell’amore, c’è la risposta, soprattutto a quello che noi non capiamo e non sappiamo. E stare vicini diventa anche preghiera. “Il Signore risana i cuori affranti e fascia le loro ferite: egli conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome”.

Signore, ogni uomo è conosciuto per nome da Te e la sua vita è sempre preziosa e bellissima se amata. Insegnaci ad aiutare gli altri, a pregare, a comunicare il tuo amore per trovare la nostra gioia e la nostra forza, tu che sei la vita che non finisce.

Santuario della Beata Vergine di San Luca - Bologna
03/02/2024
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