Omelia nell’anniversario della morte di don Zeno Saltini

«Il Signore mi ha detto: “Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra!”». Il profeta parla di Gesù, sole che sorge per illuminare quanti sono nelle tenebre e nell’ombra di morte. Ogni cristiano ha questa luce se si lascia amare e ama. Bisogna, però, spegnere la luce del proprio orgoglio che fa credere importanti, autonomi,  che siamo noi stessi se siamo soli, se ci affermiamo da soli, pensando che l’amore per il prossimo sia una privazione dell’amore per noi stessi, un sacrificio e non la liberazione. Ogni cristiano, scelto da Gesù, figlio nel Figlio, amato da Lui che è amato dal Padre, è immerso nella pienezza dell’amore. Lo era don Zeno che, come Giovanni Battista, in tanti modi, nel deserto della mediocrità e di tanti formalismi vuoti, lo ha indicato presente, mostrando l’agnello di Dio nell’eucarestia e nella vita ordinaria. Ecco l’agnello di Dio, che contempliamo e veneriamo nella sua presenza eucaristica, nella Parola e nei nostri fratelli più piccoli. Questa presenza ci aiuta a riconoscerlo presente nei tanti segni del suo amore nascosti nella vita ordinaria che, se sappiamo guardare con gli occhi dell’amore, non è mai insulsa. Lo diventa nel nostro protagonismo, per cui diamo valore solo a quello che pensiamo noi, spesso cercando la nostra considerazione e finendo per dare importanza a ciò che non ne ha e non troviamo quello che ci serve, perché lo scopriamo solo amando, cioè donando! Ecco l’agnello. Dio si rivela nell’agnello, mite e indifeso. In un mondo di forti, quelli che devono esibire la forza, mostrarla per verificarla continuamente, usarla, quella fisica (la violenza ha un terreno di cultura che è proprio un’idea di forza e di sé come forte, di fisicità, rapace, possessiva, come si rivela nei tanti femminicidi), quando si scoprono vulnerabili si sentono perduti, inutili, senza senso. Invece è proprio quando sono debole che sono forte e finalmente possiamo essere noi stessi e scoprire gli altri. Quante volte nella debolezza, spesso nella malattia, quando smettiamo di correre o di navigare nel grande mare di internet, ci siamo accorti delle cose che contano per davvero perché capiamo, dolorosamente, qual è la vera forza. Eppure gli uomini continuano a scatenare guerre, si odiano, si ignorano. Ecco perché Nomadelfia è importante: siete un pezzo del mondo futuro, un anticipo. Non siete perfetti! Potremmo cominciare ad elencare le cose che non vanno! L’amore perfetto lo vivremo in cielo! I discepoli di Gesù non erano perfetti, ma santi, perché stavano con Lui ed erano pieni del suo amore. Dobbiamo essere santi, amati e suoi, non perfetti senza Dio! La regola è quella del servizio. In aramaico talya’ significa sia “servo” sia “agnello”. E il verbo indica sia “portare” sia “togliere”. Noi siamo chiamati ad aiutarci a vicenda. La solidarietà è il modo pratico di viverlo. Portate gli uni i pesi degli altri, dirà l’apostolo. Portiamoli senza costringere gli altri a chiederlo, solo per amore, con tenerezza. Portiamoli senza certificati o ricompense! Per amore. E perché sia così lasciamoci immergere sempre nell’amore di Dio, battezzare dallo Spirito. Ne abbiamo bisogno, perché l’amore cresca, non diminuisca, e si rinnovi. Gesù prende su di sé il peccato, il male. Non ce lo rinfaccia, non giudica, non interpreta: lo prende su di sé e così ci aiuta a capirlo e a capirci. È l’amico più caro che mi fa capire chi sono, più di chiunque “espertone”! E noi stessi, come Giovanni Battista, possiamo nei molti deserti di amore aiutare tanti a vedere la presenza del figlio di Dio nella vita di tutti i giorni. Lo straordinario è la vita di sempre che finalmente sappiamo vedere bellissima perché Lui è in mezzo a noi e la riempie con il suo amore. Il battesimo dello Spirito è immergersi nel suo amore per imparare ad amare, a sentirci amati e quindi a «mettere al posto della malizia l’innocenza, al posto della forza l’amore, al posto della superbia l’umiltà, al posto del prestigio il servizio» diceva Papa Francesco. E possiamo continuare: al posto del giudizio la misericordia, al posto dell’individualismo la fraternità, al posto dell’indifferenza la simpatia, a quello della solitudine la compagnia. «Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo». «Beati gli invitati alla cena dell’agnello». Scende lo Spirito su Gesù e su di noi. Lo Spirito non è un lampo, ma amore, insistente, fortissimo, che vince la paura, che ci rende capaci di compiere le cose straordinarie di Dio, quelle degli umili e di chi è pieno di amore. Aiutiamo il Signore con tutto noi stessi, perché tanti possano vedere, sentire, intuire l’amore di Dio attraverso il nostro? Noi siamo deboli quando pensiamo di essere forti per noi stessi, e siamo forti, creativi, audaci quando siamo pieni di Lui. Agnello indifeso, ma che vince tutte le difese. Spesso cerchiamo tante sicurezze. Ecco, avere l’amore è la nostra vera sicurezza! Spesso non le troviamo mai, perché non bastano! Serve l’amore per vedere quello che ancora non c’è ma che inizia con il sogno e il servizio. In questo tempo di guerra ho ripensato a ciò che diceva don Zeno. «Le ragioni della guerra sono più gravi della guerra». Nel 1950 disse, dopo soli cinque anni dalla fine della seconda guerra mondiale, stava per scoppiare la guerra in Corea: «Non potete dire: “Viene la guerra, adesso viene, adesso viene…”. Se fosse un temporale cosa posso farci? Ma la guerra non è un temporale. Chi fa la guerra? Se quelli che la fanno dicessero: “Va’ piano, che ne parliamo prima, finché siamo in tempo”. Ci sono delle ragioni per le quali può venire la guerra, per le quali può venire una rivoluzione? Ci sono! E molto più gravi della guerra stessa, più gravi della stessa rivoluzione. Dio non può darci la pace, perché Dio dà le cose logiche, e la pace oggi non è logica, in quanto la pace è opera della giustizia, non è una cosa isolata. Un fiore, la pace, che nasce sull’albero della giustizia. Quindi Dio può concedere la pace solo ai giusti. Questa sera dovremmo con serenità far conto di essere qui a decidere la pace o la guerra, e ognuno di noi dovrebbe dire: “Sono proprio io che devo decidere”. C’è una legge umana, ed è anche nelle Sacre Scritture, che vale per tutti: “Non fare agli altri quello che non avresti piacere fosse fatto a te stesso. Fa’ agli altri quello che avresti piacere fosse fatto a te stesso”. Tu mangi bene, vicino a te abita una famiglia che non ha da mangiare… “Non fare agli altri quello che non avresti piacere fosse fatto a te stesso”. Avresti piacere che uno mangiasse in faccia a te e ai tuoi figli, e tu e i tuoi figli essere senza mangiare? Allora chiamali a tavola con te”».

Don Zeno trasforma Fossoli da luogo di morte in luogo di vita. L’amore rende le avversità, anche tragiche, motivo di luce e di speranza. In questo tempo di tanto individualismo, ossessionato dalla ricerca di una felicità individuale, per la quale tutto è permesso, e che è il vero diritto garantito a volte in maniera ridicola, calpestiamo il diritto alla vita, a restare a casa, a non morire di fame, a non morire in mezzo al mare, a non restare in campi profughi senza niente, veri inferni in terra sotto gli occhi di tutti, a poter salire sull’ascensore sociale, il diritto di dare futuro ai bambini. Ecco, scegliamo la pace e l’amore che ci fa diventare tutti “mamme o papà di vocazione”. «Se non si dà tutto non si dà niente» e «senza fraternità, secondo il Mandatum novum spinto fino all’immolazione di se stessi, è tutto tempo perso». Ecco perché immergersi nello Spirito: per essere pieni del fuoco dell’amore, quello che supera le misure, non le rispetta per rispettare l’amore. E quando si rispettano le misure ma non l’amore, a cosa serve? Lo Spirito, cioè l’amore, unisce, genera. E voi siete una chiesa, casa, famiglia. Cosa non altro è la Chiesa? Ma questo chiede qualcosa anche a noi, perché essere fedeli allo Spirito vuol dire spenderlo, farlo crescere, non ripeterlo. Lo Spirito si vive, non si ripete. Don Zeno avrebbe inventato chissà cosa! Spetta a voi farlo, nel suo spirito, certamente, che è quello del Vangelo! «Nella Fede non si può rimanere con un’idea vaga, così bisogna sempre rinnovare, rinnovare e rinnovare le idee, rivederle, ripassarle e rimeditarle, rimuginarle perché noi facciamo presto a sbagliare. Noi, senza volere, con la nostra testa spesse volte ci sbagliamo, crediamo una cosa e invece è un’altra, ma quando ci troviamo confusi non bisogna perdersi d’animo, bisogna avere la forza di dire: “Guardiamo in faccia alla verità, guardiamo in faccia il Vangelo, cosa dice il Vangelo?”». Ricordarsi, quindi, come ha fatto don Zeno, per capire cosa farebbe oggi lui e per scegliere, con il suo carisma e con l’amore di Dio, le vie che guardano al futuro e non conservano il passato. «Sono Figlio del battesimo, quindi cristiano», diceva. Certo, lo Spirito può apparire essere pieno di vino nuovo, dolce, come a Pentecoste. «Dicendo che sono matto io, si spiega a rovescio tutto ciò che non capiscono. Tutto può cambiare, niente resiste allo Spirito!». «È una vita che cammina verso la foce, già alla foce». Scriveva don Zeno nel 1979 in una delle sue ultime meditazioni: «Come dice Dante, e mi volto al passato guardando all’acqua perigliosa… Presto scompaio tra i flutti che mi accompagneranno travolgendomi per accompagnarmi nel Cuore di Dio e vivrò per sempre la vita nel Cuore di Dio, palpiterò col Cuore di Dio del quale sono sua creatura per sempre. Mi vedo così; pregusto così la nuova vita che ho vissuta sempre viva così, figlio del battesimo; quindi cristiano… Sono cristiano: appartengo al “Nuovo Regno”. E che cosa ho fatto in questi anni? Mi volto indietro e dico che di fatto sono stato bravo, perché non ho mai rifiutato la vita e la vita mi piace nonostante tutto. […] E che farò in eterno? Vorrei esserti sempre amico come siamo sempre stati. Mi volto indietro e vedo sempre che sono insoddisfatto. Che cosa dunque mi manca? Mi manca solamente questo: vorrei riprendere da capo per essere veramente santo. Il mio amico Gesù, carissimo, ha sempre camminato e viaggiato da strano giramondo con me; abbiamo visto e combinato chissà mai quanto di avventure, Signore, non ti sei ancora stancato di vagabondare con me vagabondo, tu vagabondo? Sì, Tu. Eppure sto vagabondando con te. Anche adesso sta calando la pioggia, e noi due? Non possiamo riposare. Oramai so chi sei. Continuiamo? Sì, accetto. Camminiamo. Va bene. Sequar te quocumque ieris. Sì, così. Parrebbe una pazzia; infatti sono ancora qui con te sotto la pioggia. E sia. Sono dunque vecchio? Stando alla mia e tua età saremmo vecchi? No! Comunque avrò ben poco da campare. Andiamo. Non sappiamo dove posare il capo; ma presto riposerò. Andiamo. Non sappiamo dove posare il capo; ma presto riposerò sul tuo petto; mentre il cuore starà per cessare per sempre di battermi caldo, il cuore».

Grazie Signore del dono di don Zeno.

«O Gesù salvatore del mondo, proteggi Nomadelfia affinché anch’essa nella tua Chiesa cattolica ti sappia seguire eroicamente santificando tutte le forme della vita umana e conservando in esse la tua presenza», preghiamo con don Zeno. Amen. Sia così.
Sala «Don Zeno Saltini» - Nomadelfia (GR)
15/01/2023
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