Omelia per il saluto alle Clarisse del Corpus Domini

“Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”, promette Gesù ai suoi discepoli. È la gioia che rimane con noi anche quando le cose non vanno bene, quando siamo avvolti dalla tristezza, non troviamo motivi di speranza, di consolazione, e le incertezze fanno sentire smarriti. La gioia è sempre quello spiraglio di luce che ci fa sentire infinitamente amati da Dio. Sentirci suoi. La vita in abbondanza è sentirci amati da Lui ed è così diversa da quella che ci viene indicata dall’immaginario suscitato dalle vecchie e nuove tentazioni: potere, prestigio, prodigi ma anche forza, benessere, prestazione, autosufficienza, lusso, ricchezza, consumo. Per Gesù l’abbondanza della vita non si misura sui beni ma sul bene, non sull’avere ma sull’essere, non sulle cose ma sulle relazioni umane. Insomma, l’abbondanza della vita è sempre e solo misurata con l’amore, perché solo questo non scappa davanti al lupo che porta via tutto e lascia soli. La vita in abbondanza inizia quando ci nutriamo del cibo che non perisce e che toglie la fame, quando beviamo l’acqua che ci fa scoprire la sorgente che è in noi e toglie la nostra sete. La vita in abbondanza è rinunciare ai molti servizi che riempiono di considerazione ma svuotano il cuore, perché solo così scopriamo la parte migliore, quella che non ci sarà tolta perché nessuno può separarci dal suo amore.

Oggi è la domenica del Pastore buono e bello. Ci conforta e accende la speranza pur nell’inevitabile tristezza per un’interruzione, sebbene provvisoria, della presenza delle sorelle Clarisse in questa casa che dava vita in abbondanza ai molti che cercano luce e la trovavano riflessa da tanta santità. La santità non finisce mai con la persona, anzi, è quello che resta perché raggiunge l’anima e questa è eterna. Avvertiamo tutti la ferita per il fatto che uno dei luoghi di preghiera più antichi della nostra città, santuario del Vangelo, fonte che riversava segretamente tanto amore nella vita della città, fontana di gratuità e di umanità cui venivano ad abbeverarsi per generazioni, luce posta in alto, presenza che rassicura in maniera consapevole e non consapevole, interrompa la sua presenza. Resta certamente Santa Caterina, che continuerà ad aspettarci e ad ascoltare quello che agita il nostro cuore. E ringrazio i Missionari Identes che continueranno a permettere la nostra preghiera.

Credo che questa sospensione ponga una domanda e una responsabilità. Questa celebrazione, che è sempre di ringraziamento, e lo è anche per le nostre sorelle Clarisse e il loro servizio, cade proprio nella domenica dedicata alle vocazioni. Gesù chiama le sue pecore una per una e non smette certo di chiamare a seguirlo. Anzi. Forse l’assenza ci farà comprendere ancora di più la presenza, l’importanza di quello che davamo per scontato, ed è occasione per sentire la nostra responsabilità e maturare decisioni di preghiera e di disponibilità. Spesso quando non sentiamo l’urgenza delle scelte pensiamo che ci sia  sempre tempo, che non ci riguardi. Non vogliamo accettare con rassegnazione e fatalismo, come non possiamo più fare niente perché l’ora è tarda. Dimentichiamo che il Signore non si stanca di chiamare a tutte le ore del giorno lavoratori nella sua vigna e non ci lascia oziosi perché nessuno ci ha preso a giornata. Possiamo dire che la preghiera che da questa casa si innalzava e proteggeva la nostra città, la Chiesa, il mondo, è adesso affidata a ciascuno. Non si è cristiani senza la preghiera, cioè ascoltare la voce del pastore, e senza mettere Lui nel nostro cuore e il nostro in Lui. Che questa assenza possa produrre tanta preghiera sia in questa casa sia nella cella del nostro cuore. La responsabilità è sentire che la sua voce ci chiama. La vocazione è l’intreccio tra scelta divina e libertà umana.

Il Signore non farà mancare i segni della sua presenza. Quanto poco crediamo alla Provvidenza. Santa Caterina ce lo ricorda. Certo, perché questa sia efficace richiede l’indispensabile coinvolgimento di tutto noi stessi, ricordando che non sono solo le nostre forze ma è lo Spirito che rende nuove le cose vecchie. Il vangelo non smette di chiamare a seguire, e a farci oggi ardere il cuore, unico motivo per cui lasciamo indietro le paure e le tristezze e la vita risorge. Sentiamoci parte di questa casa e della comunità che tanto silenziosamente, segretamente, ci ha custodito e adesso ci chiede di custodirla noi con la nostra preghiera di intercessione. La vocazione è seme divino che germoglia nel terreno della nostra vita. Ascoltiamo, allora, questo pastore buono, la sua la voce rivolta a me come a tutte le pecore, una per una con il proprio nome, chiamate per quello che esse sono ad attraversare la porta di Gesù, per entrare e uscire. Chiamati e mandati. La crisi è sempre generativa di qualcosa di nuovo e l’avversità diventa sempre un’opportunità. Lo sanno bene i cristiani che risorgono dalla morte e che sanno che il seme deve morire per dare vita. Ma questo è il segreto della vita stessa e di quel pastore bello e buono che non è un distaccato dispensatore di verità, un rassicurante consigliere della nostra ricerca, ma un innamorato che dona tutto se stesso perché noi troviamo la vita piena, in abbondanza. Ecco, allora, qual è la nostra responsabilità: rispondere alla voce del pastore, attraversare la sua porta, attraversarla di nuovo perché in realtà non smettiamo di conoscerla.

Ci aiuta San Francesco che invita i fratelli: “Con fiducia l’uno manifesti all’altro la propria necessità, perché l’altro gli trovi le cose che gli sono necessarie e gliele dia” (Rnb IX, 10-11 FF 32). E che proprio nel superare le difficoltà trova la perfetta letizia. Non la trova quando tutto va bene (tutti i maestri di Parigi, i prelati d’Oltr’Alpe, arcivescovi e vescovi, perfino il Re di Francia e il Re d’Inghilterra, o tutti gli infedeli si sono convertiti alla fede), ma se nel fallimento fisico e umano (“noi siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te”) avremo pazienza e non ci saremo conturbati. È nel vincere il male che capiamo la forza dell’amore e questa è la vera letizia. E la pazienza è tutt’altro che fatalismo.

Ci aiuta Santa Caterina, con la sua dolce fermezza, con l’intelligente conoscenza dell’animo umano, libera perché amata dal Pastore e piena del suo amore. Ella continua a riflettere la luce di Dio e ci aiuterà ad affrontare questa prova, a trovare le risposte antiche e nuove, perché questa casa riprenda il suo servizio a Bologna e al mondo. Santa Caterina stessa ci affida tutti al Santo Nome di Gesù perché “La più dolce parola che sia è Gesù” e se abbiamo ben ficcato nel cuore il nome di Gesù “non arai niuna fatica, per grande ch’ella sia, che non ti venga in allegrezza”. Suggerisco a me e alle nostre quattro sorelle, a me e a noi carissime, che restino unite con noi, la terza arma del combattimento spirituale, che è confidare in Dio e, per suo amore, “virilmente non temere di combattere prontamente contro i diavoli, il mondo e la nostra carne, che c’è data per servire lo spirito”. Suggeriva: “La serva di Cristo non tema di essere abbandonata anche se, alcune volte, così le sembra; sappia che l’eterno Padre non permetterà che accada a lei quanto non lasciò accadere al proprio Figlio; anzi, prenda più fiducia nel divino soccorso proprio nei momenti di maggior tribolazione e si ricordi della dolce promessa di Dio fatta per bocca del profeta: Sono con lui nella tribolazione, lo salverò e lo glorificherò”.

Siamo certi che il Signore ci aiuterà a trovare le risposte e che il seme caduto in terra continuerà a dare nuovo frutto. Santa Caterina continuerà ad aspettarci e ci aiuterà a trovare, con coraggio, la presenza che continui il suo dono, una casa di preghiera e di amore che purifica l’aria inquinata della città e in essa riversi invisibilmente tanto amore. Il chiostro di questa casa non è solo Bologna, ma il mondo intero.

 “Dolcissimo mio Signore Gesù Cristo, che per la tua infinita e inesprimibile carità hai sofferto crudeli tormenti legato a una colonna e hai sopportato i rudi e duri colpi dei tuoi nemici per la mia salvezza, Ti supplico di concedermi tanta fortezza affinché, con la tua grazia, io possa vincere e sopportare con pazienza questa e ogni altra battaglia”. Ci mettiamo nelle mani di Dio con serenità e fiducia. “Et gloria eius in te videbitur, la Sua gloria risplenderà in te” (Is 60, 2).

Chiesa-Santuario del Corpus Domini - Bologna
30/04/2023
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