Omelia per l’ordinazione presbiterale di Missionari del Preziosissimo Sangue

“Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? E quale uomo può conoscere il volere di Dio?” si interroga la Sapienza. E noi aggiungiamo: “Il volere di Dio è contro il nostro, limita la nostra vita?”. In realtà riduce l’egocentrismo che fa credere di trovare noi stessi nell’affermazione di sé. È proprio vero: “I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni”. Siamo consapevoli della nostra fragilità, della debolezza della nostra vita? La Parola di Dio ci aiuta a non scandalizzarci di queste, della nostra incapacità, dell’inadeguatezza. Per questo scegliamo di farci aiutare, dal più grande mental coach e terapeuta che è il Signore. La sua volontà non è mai contro la nostra, anche quando può apparire esigente, eccessivo o addirittura chiedere l’impossibile. Chiede a noi di amarlo più di ogni cosa perché Lui per primo ci ama fino a dare la vita per noi! E chi ama Lui più di ogni cosa, ama di più tutti! A differenza nostra non chiede mai quello che noi non facciamo. Niente umanamente è impossibile a chi crede, a chi ama. Non lo sarà per voi, carissimi fratelli. È la bellissima vocazione di San Gaspare che riconosce dei fratelli nelle persone nemiche e nei lupi sa distinguere quello che essi realmente cercano: qualcuno che voglia loro bene, che li aiuti a ridiventare padroni di sé, che li liberi dal potere del male, qualcuno che li tratti umanamente. “A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo?”. Per investigare le cose del cielo non bisogna chiudere gli occhi, ma aprirli, perché sono proprio quelle del cielo che ci aiutano a vivere bene sulla terra, perché ne svelano il senso, ci aiutano capire quello cui siamo chiamati. Questa sapienza non è degli iniziati, ma dei piccoli, quindi può essere per tutti. I piccoli sono coloro che imparano, che si lasciano amare e mettono in pratica la Parola che ascoltano. E sono solo i piccoli che vedono satana cadere dal cielo, la vita cambiare, i frutti della forza della Parola. Non avviene subito, ma solo dopo essersi messi in cammino. L’acqua non si trasforma in vino prima di averla portata al maestro di tavola, cosa che poteva apparire prenderlo in giro, rischiare una brutta figura, fare pensare di essere stolti, di non renderci conto. Come dei piccoli amate la fraternità tra di voi e verso tutti. Che bene prezioso! Lo sapete bene anche per voi. Filemone e Onèsimo erano due mondi diversi, divisi, nemici: il padrone e lo schiavo. Mai si sarebbero pensati insieme. Che figura ci faceva Filemone a farsi vedere amico di uno schiavo? E poi Onesimo a trattare fraternamente il padrone! Le diffidenze, gli odi, ci segnano, ma la Parola, l’amicizia dei fratelli, supera e permette quello che è altrimenti impossibile. Credete sempre alla forza dell’amore che Cristo ci ha donato.

Ringraziamo tutti perché nei nostri tre fratelli, Francesco, Daniel e Federico Maria, vediamo quello che siamo chiamati tutti a compiere, ciascuno nel suo ministero, ma ciascuno con un ministero! Il sacerdote sceglie che la sua famiglia sia quella dei fratelli e delle sorelle. Non significa vivere senza famiglia, anzi! La nostra rinuncia è perché abbiamo trovato! E noi non siamo dei single, ma dei padri, dei fratelli, dei figli! Chi ama Dio più di ogni cosa ama tutti più di se stesso! E il presbitero presiede nella comunione questa bellissima famiglia di Dio che ci rende familiari a tutti, e tutto familiare a noi. La dona e la riceve, con gioia, perché la comunione è circolare e non finisce mai, come l’amore. Saremo una cosa sola in cielo.

Curate sempre in voi e tra voi l’amore. È delicatissimo e fortissimo, si perde facilmente, a volte si indurisce segnato dalle delusioni che possono fare apparire tutto vano. Aiutatevi a non disperderlo mai. In modi diversi, come le vostre storie! L’amore non è facile, a volte sfuggiamo dall’amore, come Giona. La nostra libertà è il giogo di cui non avere mai paura, perché amore che libera dalla catena peggiore, quella che ci lega a noi stessi e ci rende prigionieri del nostro io. Abbiamo capito come la fede non è mai solo “di testa e di muscoli” (cose da sapere e da fare), ma anche “di cuore e di pancia” (un amore da accogliere e per cui gioire e appassionarsi). Solo l’amore ricevuto ci fa trovare la pienezza della gioia, diversa da quella adolescenziale del benessere come assenza di problemi, da quella dell’“andrà tutto bene”, ma dell’amore umano, vero, concreto, più forte del male. Se “eravate felici all’85 per cento” adesso trovate una gioia piena, interiore e profonda. Certo: sappiamo come le delusioni, le ferite, ci aiutano a capire il nostro cammino. Solo così ne comprendiamo la proposta ma anche sentiamo la bellezza che questa contiene. Che amore sarebbe quello che non chiede nulla, che scompare all’apparire dei problemi, che non sa affrontare le scelte, che si accontenta? Solo per amore amiamo più l’altro di noi stessi. “Per te farei qualsiasi cosa”, dice chi ama. Non perché non amiamo la nostra vita, ma perché amiamo di più quella dell’amato. Lo amiamo! Che senso avrebbe conservare la vita se perdiamo l’amore? E la misura dell’amore è l’amore stesso! Chi ama di più Gesù e odia se stesso vive un’amicizia che supera tutte le divisioni sociali, geografiche, etniche, vera liberazione ed identità che ci rende universali. Questo è essere uomini di pace e di comunione, presiedere nella comunione, non esserne il centro perché lo è solo Gesù. Se visitiamo i poveri, se non ci rivolgiamo dall’altra parte, se aiutiamo gli anziani e sosteniamo la loro fragile vita, compiamo gesti di amore che rendono migliore la terra e più luminosa la vita di tanti. Perdiamo la nostra vita per il suo amore. E troveremo e ritroveremo, in maniera sempre nuova, quello che conta: l’amore eterno, nostro, che non ci lascia mai e che cresce, invecchia con noi. È questa la via che apre finalmente il cielo.

Comunicare il Vangelo ce lo fa ritrovare. “So per esperienza che molte cose che da solo non ero riuscito a capire, le ho capite quando mi sono posto di fronte ai miei fratelli. Il che vuol dire che quanto devo a loro é per loro. Mentre infatti l’anima si dilata nell’amore s’innalza nella conoscenza, e tanto s’innalza verso Dio quanto più si abbassa verso il prossimo”, diceva San Gregorio. Occorre piegare la schiena e abbassarsi umilmente per andare incontro ai bisogni del prossimo, se si vuole stare diritti. “Con l’inchinarsi al prossimo, uno acquista la forza di stare diritto; col piegarsi si distende; colla tenerezza si rinforza. Quando uno si dà a questo esercizio, ricava la forza per elevarsi fino al suo Creatore. Quella carità che ci rende umili e compassionevoli, ci solleva poi a un più alto grado di contemplazione”. È l’ascesi di Gregorio: nella misura in cui si dilata nell’amore del prossimo acquista, come per una concentrazione di energie, la forza di spiccare il salto verso Dio. “Quanto più uno si dilata nell’amore del prossimo, tanto più s’innalza nella conoscenza di Dio”.

Con San Gaspare diciamo: “Iddio è buono; e quanto egli è, quanto sa, quanto pensa, quanto desidera, quanto ordina e vuole tutto è bontà. Bontà è quella per cui provvede, bontà quella per cui commanda, bontà quella per cui ama, e quella per cui abborre, quella per cui ammette, e quella per cui rifiuta, e si rallegra conforme al sacro parlare, e si duole, e si adira e si pente, e si ricorda (a nostro modo d’intenderci) e si dimentica sol per bontà. Per bontà egli creò l’universo e per bontà lo conserva né in tutto questo universo v’è di bontà una minima particella che non sia sua”. Sappiate riconoscerla in ogni persona, comunicarla a tutti con i sacramenti e la Parola che diventa vita. Siate tanta bontà luminosa e intelligente, quella del pastore bello e buono.

Basilica dei Santi XII Apostoli - Roma
03/09/2022
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