13 agosto 2023

Zuppi: «La Provvidenza, quel filo che dobbiamo afferrare»

Le voci del primo incontro di Ferragosto a Villa Revedin

Domenica 13 agosto si è tenuto il primo appuntamento di “Ferragosto a Villa Revedin”.

L’incontro, che ha voluto ricordare il centocinquantesimo anniversario della morte di Manzoni già dal titolo «Il filo che la provvidenza ci mette nelle mani», è stata l’occasione per parlare dell’eredità di don Mario Campidori e per condividere l’incredibile storia di Eva Lappi.

«La Provvidenza esiste» – ha asserito il cardinale Matteo Zuppi – «Anche se oggi è un termine che non si usa più, sembra evocare una sorta di creduloneria, di passività addirittura. Ma la Provvidenza non è fatalismo, la Provvidenza è un filo che sta a noi afferrare. La grandezza della Provvidenza sta nel fatto che ci porta dove vuole lei e dove vogliamo noi contemporaneamente. La Provvidenza non è un programma prestabilito, ma un divenire: provvidenza mette in moto provvidenza». Riallacciandosi alla commemorazione di Manzoni, il cardinale ha voluto chiudere l’incontro con tre citazioni del celebre scrittore: “Non prendere per cielo il tuo cervello!”;  “Si dovrebbe pensare di più a fare del bene che a star bene. Così si finirebbe anche per star meglio”; “Fate del bene a quanti più potete e vi sembrerà di incontrare sempre più spesso dei visi che vi mettono allegria”.

Alessandro Rondoni, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Bologna e moderatore dell’incontro, ha aperto il dialogo mettendo subito a fuoco il tema della fragilità nel contesto odierno: «Oggi l’aspettativa di vita si è innalzata» – ha spiegato – «E longevità fa rima con fragilità. La fragilità riguarda tutti».

Massimiliano Rabbi, presidente della fondazione Campidori, ha raccontato la storia della nascita del villaggio Campidori, un luogo “senza barriere né pregiudizi”. «Don Mario aveva capito che le barriere, quelle mentali e del cuore, si abbattono con la vita fraterna. La sua incrollabile fede gli fece trovare un senso nella malattia prima e nella guarigione dopo. Don Mario non ha mai smesso di cercare attivamente e di coinvolgere le persone con disabilità, che ha portato al centro della comunità cristiana. Ricordo che soffriva del pensiero dei disabili soli alla domenica, il giorno della gioia, e che insieme ai volontari si impegnava affinché nessuno fosse lasciato indietro. Da quelle domeniche insieme, occasione per comprendere i bisogni reali delle persone, è nata l’idea del villaggio. Don Mario ci ha lasciato una grande eredità e il compito di portare avanti il suo progetto, che si fonda sui pilastri della simpatia e dell’amicizia come dice il Vangelo».

Anche monsignor Valentino Bulgarelli, sottosegretario Cei,  ha ricordato don Mario Campidori: «Don Mario ci invitava spesso a non fare, ma a prenderci tempo per ascoltare. Ancora oggi è un pensiero all’avanguardia. Sembra quasi che siamo diventati incapaci di ascoltare, soprattutto quando si tratta di storie di dolore e solitudine. La solitudine è una grande piaga del nostro tempo. Il villaggio è un osservatorio privilegiato da dove possiamo vedere quanto il contesto sia cambiato per i disabili e non solo, ma una cosa è certa: lì nulla è lasciato al caso, dietro c’è un lavoro intenso e capillare».

Roberto e Claudia Lappi hanno condiviso il racconto della loro storia d’amore e di fede, la creazione della loro famiglia e l’arrivo della figlia Eva, i mesi passati con lei in terapia intensiva e l’incontro con don Oreste Benzi, le tante storie di riscatto delle persone che sono passate nella loro casa aperta e nella loro vita, invitando a risvegliarsi dal torpore e dall’indifferenza verso l’altro come Eva ha ispirato loro a fare. «Eva ci insegna a vivere l’attimo. Il suo sorriso riesce a comunicare quello che ha nel cuore, il suo sguardo va dritto alla sostanza».

Claudia Lanzetta

Il programma completo delle Festa su www.seminariobologna.it

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