Oriente cristiano

E’ ancora Natale

Viaggio nelle cerimonie di alcune comunità orientali presenti in diocesi

BOLOGNA – Tutta colpa di 765 secondi, cioè 12 minuti e 45: è tutto qui il motivo per cui molti popoli cristiani celebrano il Natale con 13 giorni di ritardo. Così per il mondo cristiano orientale  il Natale si è celebrato lo scorso 7 gennaio. Un piccolo reportage a cura della redazione di 12Porte presenta alcune celebrazioni natalizie.

 

1. UCRAINI

Le immagini si riferiscono alla parrocchia greco-cattolica di San Michele degli ucraini che si trova a pochi passi dalle due torri, dove proprio nel giorno in cui si spengono le luci di Natale è stata celebrata la Nascita di Gesù. Quella manciata di secondi è il motivo per cui il sistema degli anni bisestili inventato da Giulio Cesare per mantenere l’anno civile al passo con le 4 stagioni della rotazione terrestre, non bastò suo scopo e nel giro di 15 secoli si accumulò un ritardo di 10 giorni, nel frattempo divenuti 13. La riforma del calendario promulgata dal papa bolognese Gregorio XIII non fu accolta ovunque e la maggior parte delle Chiese orientali non l’hanno mai recepita. Ma la voglia di festeggiare il Natale non viene meno, e costo di qualche sacrificio, togliendo il tempo al riposo o al lavoro il Natale si festeggia comunque: gli ucraini, cattolici di rito orientale, hanno ricevuto alle 6.30 la visita del Cardinale Zuppi che la ha elogiati per la loro profonda fede e anche dopo la celebrazione non si sono fatti mancare i canti tradizionali che accompagnano questa festa, con un pensiero alle famiglie lontane.

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2. COPTI

Tra le chiese orientali, stabilite nella città di Bologna, che hanno celebrato la festa della Nascita di Gesù con il calendario giuliano il 7 gennaio, c’è anche la Chiesa copta, che ha sede a Caselle di San Lazzaro. La parola copto deriva dal greco Aigypto e significa Egitto. I copti infatti sono i diretti discendenti degli antichi egiziani, quelli delle piramidi e dei faraoni, che aderirono in massa al cristianesimo. Fu San Marco, l’evangelista discepolo dell’apostolo Pietro a portare il Vangelo in quella terra, che i cristiani considerano in ogni caso Terra Santa, per la presenza di Gesù con la Sacra Famiglia durante l’esilio causato da Erode. La celebrazione liturgica è molto suggestiva: le parole della Liturgia di san Basilio sono sostenute da ritmi e cadenze che risalgono all’epoca dei faraoni, con molte influenze del greco, che nei primi secoli era la lingua più parlata nel mediterraneo. Può sembrare strano, ma la Chiesa cattolica romana è debitrice ai copti di molte delle sue tradizioni: il Canone romano, ad esempio, ha la sua origine nell’anafora di San Marco; il titolo di Papa, dato al Vescovo di Roma, è in origine il titolo del Vescovo di Alessandria. Del resto, per la presenza della grande biblioteca e del didaskaleion fondato di Origine, la Chiesa alessandrina svolse un ruolo di grande protagonismo teologico e spirituale nella sinfonia della Chiesa indivisa. Se potessimo individuare alcune caratteristiche peculiari della Chiesa copta ne possiamo indicare sicuramente due: anzitutto il martirio. La persecuzione dell’imperatore Diocleziano nel 304 fu talmente violenta in Egitto, che ancora oggi la Chiesa copta inizia a contare gli anni da quel momento, chiamato l’anno dei martiri. Le persecuzioni poi segnarono la vita della Chiesa egiziana ripetutamente a partire dalla conquista araba nel VII, quando cominciarono a subire enormi restrizioni e repressioni, che a fasi alterne durano fino ad oggi. In Egitto, infatti, i copti subiscono frequentemente vessazioni e uccisioni e atti di terrorismo. La seconda caratteristica è il monachesimo. Il grande padre di tutti i monaci cristiani è l’egiziano Sant’Antonio abate, che fu eremita nel deserto; San Macario fondò piccole comunità di anacoreti e San Pacomio grandi monasteri cenobitici. In questi ultimi decenni la vita monastica conosce una grandissima fioritura. A causa della situazione storica dell’Egitto, la Chiesa copta ha patito un forte isolamento rispetto al resto della cristianità, ma è commovente riconoscere, dentro ai ritmi dell’epoca dei faraoni, le solidissime radici comuni della fede in Gesù Cristo, figlio di Dio e figlio di Maria.

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3. MOLDAVI

Passerà forse alla storia, la prima domenica del 2020, il giorno in cui un chiesetta appoggiata alle prime colline bolognesi è diventata Cattedrale: si tratta di Santa Maria di Gesso, la storica chiesa rimasta isolata rispetto all’abitato, in un piccolo borgo a monte di Zola Predosa, dove il Vescovo ortodosso Ambrozie Monteanu ha celebrato la prima Divina Liturgia, presenti numerose famiglie con tanti bambini. La diocesi bolognese ha infatti messo a disposizione del presule questo edificio sacro, perché possa svolgervi la missione liturgica e pastorale per le parrocchie moldave esistenti in Italia, sotto la giurisdizione del Patriarcato ortodosso di Mosca. La Chiesa di Santa Maria di Gesso da tempo non veniva più utilizzata dalla parrocchia locale, perché tutte le attività liturgiche e pastorali si svolgono nella Chiesa di San Tommaso, edificata nel 1995 all’interno del centro abitato e diveniva sempre più difficile assicurarne l’apertura e la manutenzione. Dopo alcuni anni, la Chiesa ha così riaperto le sue porte, elevata al rango di Cattedrale, perché sede di un Vescovo, che ha voluto mantenere intatta la dedicazione alla Natività della Madre di Dio. Con un vorticoso passaparola, in pochissime ore, numerosi fedeli ortodossi si sono convocati per pulire l’elegante aula liturgica, con le sue pregevoli decorazioni settecentesche e renderla ospitale per la prima solenne Liturgia, che arriva proprio all’antivigilia del Natale, secondo il calendario giuliano. L’intenzione del Vescovo Ambrozie è quella di stabilirvi non solo la sede della sua diocesi che conta una cinquantina di Parrocchie, soprattutto nell’Italia centro-settentrionale, ma anche una comunità monastica, che sia una presenza orante in questa casa di Dio, che possa restare aperta e accogliente per tutti. È stato gettato un piccolo seme di amicizia e di fraternità tra cattolici e ortodossi che crescerà sulle dolci colline di Gesso.

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