In fuga dalla guerra: la storia di Tatyana e della sua famiglia

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Ci colleghiamo con Ivano-Frankivsk, città dell’Ucraina sud-occidentale, per incontrare Tatyana Melnytcenko che da alcune settimane ha potuto riunire la sua famiglia: Tatyana, infatti, pochi giorni dopo l’invasione russa ha dovuto abbandonare in modo precipitoso la sua città di Borodjanka, alle porte della capitale Kiev, in direzione Bielorussia: una delle città più colpite dai bombardamenti aerei fin dalle prime fasi dell’invasione e poi teatro drammaticamente di molti orrori, torture e uccisioni della popolazione inerme, come testimoniano le numerose fosse comuni rinvenute nel mese di aprile.

Tatyana parla un italiano perfetto, perché è una dei famosi “bambini di Chernobyl”: i bambini e ragazzi che dopo il disastro nucleare dell’aprile 1986, furono invitati a trascorrere le vacanze in Italia, ospiti delle famiglie italiane, per disintossicarsi e godere il sole del belpaese.

Tatyana oggi è sposata con Andriy e ha due figlie, Viktoria di 12 anni e Oleksandra che aveva solo tre mesi quando è iniziato l’attacco russo. I begli edifici moderni della città di Borodjanka diventano il bersaglio di numerosi attacchi, per cui inizialmente Tatyana con il marito e le due figlie, decidono di congiungersi ai nonni che abitavano ai piani inferiori ritenuti più sicuri.

Tutte le vie di fuga sembravano impercorribili, ponti saltati, infrastrutture stradali distrutte. Dopo diversi giorni di continui bombardamenti, la notizia che era stata individuata una via di fuga percorribile.

Si trattava di attendere la fine del coprifuoco, alle 7 del mattino e allontanarsi in fretta dalla città. Ma dopo pochi minuti di viaggio iniziano i bombardamenti e momenti incancellabili di terrore per la famiglia che si trova senza alcuna possibilità di protezione. Scampati agli attacchi, riescono finalmente, dopo interminabili ore di viaggio a raggiungere in macchina Zhytomyr, a sud di Kiev.

E da qui l’interminabile viaggio, incolonnati in file interminabili di connazionali in fuga verso Leopoli, Lviv, verso il confine con la Polonia. È il momento in cui Tatyana deve salutare Andriy. Nonostante la figlia così piccola, gli uomini vengono bloccati alla frontiera, perché devono restare a disposizione del paese.

Tatyana con le due figlie incontra le strutture umanitarie che stavano organizzando al confine polacco il collocamento dei profughi. La scelta cade sull’Italia dove conta ancora sulle sue antiche amicizie e dopo una sosta a Cracovia trova finalmente la strada per San Giovanni in Persiceto. Dopo qualche settimana accolti in casa dagli amici, la parrocchia delle Budrie e di Castagnolo, offre loro una accoglienza.

Tatyana diventa preziosissima mediatrice linguistica aiutando i suoi connazionali, tra cui la madre e la sorella con le sue figlie, in tutte le necessità. Attorno alle famiglie si sviluppa una rete di amicizie e di solidarietà che si allarga, sostenuta anche dal progetto Diffusamente di Migrantes, ma soprattutto dalla solidarietà delle comunità parrocchiali e dei volontari che provvedono al necessario.

La guerra continua, alternando orrori a momenti di speranza, quando alcune settimane fa la famiglia ha la possibilità di ricongiungersi. Andriy riesce ad affittare un monolocale a Ivano-Frankivsk dove la famiglia può finalmente riunirsi. Il clima nella città, nonostante la presenza di numerosissimi profughi interni, molti dei quali accampati in piazze e parchi cittadini, è più tranquillo. Ricomincia la scuola in DAD per Viktoria.

Purtroppo gli allarmi antiaerei continuano di tanto in tanto a creare panico e angoscia, soprattutto per Viktoria che risente del trauma vissuto. La notizia della liberazione di Kherson viene accolta con molto sollievo, ma si sa che ci vorrà ancora molto tempo prima che il vento possa cambiare.

La sorella di Tatyana riesce a tornare a Borodjanka nella sua casa parzialmente agibile. Intanto è apparso su un edificio ferito un murale di Bansky, lo street artist più famoso del mondo e la cui identità è avvolta dal mistero.

L’opera mostra una ragazza che sembra fare un esercizio di equilibrio, a testa in giù con le mani appoggiate sui resti di una di un muro distrutto dai bombardamenti. È la storia di un paese in bilico tra la vita e la morte, tra la pace e la guerra. È la storia soprattutto di un popolo che tenta tutte le strade per vivere e per vivere insieme.

Zona di Casalecchio: nasce il centro Caritas unitario

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Un Centro di ascolto Caritas nel cuore di Casalecchio, in uno degli snodi della città come la stazione ferroviaria di via Ronzani.

E’ stato inaurato martedì scorso alla presenza dell’Arcivescovo, del sindaco Massimo Bosso e del direttore della Cartitas diocesana don Matteo Prosperini.

Alla cerimonia erano presenti anche i parroci e i volontari di tutta la Zona pastorale, proprio perchè il nuovo servizio si innesta su uno storico punto di ascolto dell’adiacente parrocchia di San Giovanni Battista, ma si allarga ora al coinvolgimento di tutta la Zona.

Venerdì 2 alle 14.30 i funerali a Castel S. Pietro Terme

Morto il diacono Alberto Venturi

Nato nel 1935 a Loiano, si è spento martedì 29 novembre

Ordinato nel 1996, era stato a servizio delle parrocchie di San Giovanni Battista di Casalecchio e di quella di Castel San Pietro Terme

Dall'1 al 4 dicembre

La Visita Pastorale alla Zona «Barca»

Le tappe dell'incontro dell'Arcivescovo con le persone, le Istituzioni e il tessuto sociale del territorio

La visita pastorale dell’arcivescovo Matteo Zuppi alla Zona pastorale «Barca» si svolgerà dall’1 al 4 dicembre e avrà il titolo «Preparate la via del Signore»

Una legge per battere l’azzardo

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BOLOGNA – A dieci anni dalla fondazione della Campagna «Mettiamoci in gioco», che riunisce varie realtà attive nella sensibilizzazione ai rischi del gioco d’azzardo, lo scorso 30 novembre il centro sociale Giorgio Costa ha ospitato una tavola rotonda per fare il punto sulla situazione attuale e proporre nuovi spunti di riflessione e intervento sul tema.

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L'omelia di mons. Francesco Cavina per la beata Maria Rosa di Gesù

“Nascosta per essere bene comune”

La Messa il 1 dicembre 2022 al Santuario della Vita

Maria Rosa ha amato innanzitutto la sua Famiglia religiosa e la sua vocazione, da lei accolta e vissuta come “una grande grazia”, ossia un grande dono, con il quale ha saputo fare della sua vita “un perenne canto di amore e di riconoscenza a Dio”.

Consiglio presbiterale: riflettere su zone pastorali e ministeri

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Prosegue l’attività di inizio mandato del consiglio presbiterale per impostare il lavoro del prossimo triennio.

Nella riunione del novembre scorso si è avuto un ampio confronto su metodi e obiettivi da perseguire.

Emerge il desiderio di uno spazio di riflessione con prospettive di medio e lungo periodo per offrire al discernimento dell’Arcivescovo un parere chiaro e il più possibile condiviso.

Tra i temi più indicati sono emersi la necessità di una verifica costante sull’articolazione delle zone pastorali nel territorio diocesano e di una ampia riflessione sui ministeri laicali, alla luce dei recenti sviluppi promossi dal Papa, tra i quali l’istituzione delle donne e la nuova figura istituita del “catechista”.

Tra gli altri argomenti emersi ci sono anche la dimensione quotidiana della vita dei presbiteri e l’accompagnamento degli avvicendamenti nel cambio di parrocchia, temi che appaiono tra loro profondamente connessi e, tra tante fatiche e preoccupazioni, sono da affrontare in sinergia con gli altri organismi di partecipazione per una azione incisiva e coraggiosa nella nostra prassi ecclesiale.

La prima memoria della beata M. Rosa

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“È vissuta ai margini della Chiesa e della società, ma ha dilatato la sua anima e la sua missione fino ai confini della terra”.

A 50 anni esatti dalla morte, la diocesi di Bologna ha fatto memoria giovedì scorso della beata Maria Rosa di Gesù, che recentemente Papa Francesco ha inserito nel calendario proprio dei nostri santi.

La solenne celebrazione ha avuto luogo nel Santuario di Santa Maria della Vita, luogo al cuore della città particolarmente deputato alla preghiera per gli ammalati ricoverati negli ospedali e nelle case di cura della diocesi, per ricordare questa donna che è stata internata per 27 anni nell’Ospedale Bellaria a causa della contagiosa malattia polmonare che l’ha colpita giovanissima.

La celebrazione è stata presieduta – in rappresentanza dell’Arcivescovo impegnato nella visita pastorale – dal vescovo emerito di Carpi mons. Francesco Cavina che nell’omelia ha ripercorso le ragioni profonde che hanno orientato la vita di questa religiosa che nell’isolamento forzato in cui è stata costretta a vivere ha saputo scoprire le ragioni di una vita bella, piena di senso e carica di bene. 

L’intenso momento di preghiera è stato curato con entusiasmo dai volontari dell’Unitalsi che hanno così inteso onorare anche una malata pellegrina che più volte è stata accompagnata dall’associazione a Loreto e una volta a Lourdes. Prima della celebrazione Suor Gabriella Bertot ha tenuto una breve presentazione sulla figura di Rosa Pellesi.

La Congregazione delle Francescane Missionarie di Cristo ha fatto consegnato al rettore dom Lazaro di una reliquia della Beata, in modo che la sua presenza sia particolarmente percepita nel santuario della Vita.

E in ricordo di un miracolo accaduto dopo un pellegrinaggio a Loreto con l’Unitalsi è stato benedetto l’olio votivo in piccoli vasetti.

Al Santuario della Vita è allestita fino all’8 dicembre una mostra sulla vita della beata: la mostra resterà poi a disposizione delle comunità che ne faranno richiesta all’Unitalsi bolognese.

“Il cristianesimo – ha detto mons. Cavina, concludendo l’omelia – tornerà ad essere significativo” non perché capace di incidere con mezzi potenti, “ma perché porta Cristo nella vita delle persone, rendendola più buona e vera. “La beata Maria Rosa Pellesi ci insegna che nel mondo  incide chi ama Gesù”.

 

Qui il testo completo dell’Omelia di mons. Cavina